Il mondo è a 3 minuti dalla fine. Questo è l’allarme lanciato dai membri del Bulletin of the Atomic Scientists: ancora una volta, frustrati dalla totale carenza di azioni governative internazionali volte a smantellare arsenali nucleari e a indirizzare la politica verso l’attenzione al problema ambientale, gli scienziati hanno scelto di portare avanti di un paio di minuti “l’orologio dell’apocalisse”. Le sue lancette, attualmente, si trovano quindi sulle 23:57: si tratta del loro primo spostamento in tre anni da quando, nel 2012, erano state simbolicamente fissate a cinque minuti dalla mezzanotte.
L’orologio dell’apocalisse è una convenzione, un monito che serve a ricordare a tutti quanto l’umanità si stia avvicinando a grandi passi verso il collasso della propria civiltà. Nient’altro che un simbolo, ben lungi dal dare predizioni sicure: siamo distanti dalle previsioni della pseudoscienza che riescono anche a dare una data “certa” della fine del mondo (salvo poi sbagliarsi di grosso). La mezzanotte, metafora di un’umanità che si è distrutta con le sue stesse mani, un tempo era vista come conseguenza inevitabile del conflitto atomico: almeno, a quello pensavano gli scienziati dell’Università di Chicago riuniti nel Bulletin quando per primi elaborarono il concetto dell’orologio nel 1947.
Lo scopo dell’organizzazione, ampliatasi negli anni, era quello di tenere ben alta l’attenzione dell’umanità (ma soprattutto dei potenti) sui rischi di una guerra atomica che avrebbe potuto facilmente spazzare via la nostra specie dalla faccia della Terra: all’epoca il rischio appariva semplicemente più concreto di oggi (non che l’uomo sia migliorato, nel frattempo) mentre ancora vivo negli occhi di tutti era l’orrore della seconda guerra mondiale. E in effetti ci si è giù ritrovati una volta, in passato, a tre minuti dalla fine: nel 1984, infatti, i rapporti tra USA e URSS avevano raggiunto il punto massimo di tensione, il dialogo tra le due superpotenze che decidevano le sorti del mondo si era interrotto, mentre il Presidente americano Ronald Reagan spingeva il Paese verso il riarmo. In seguito la distensione e la riapertura dei negoziati aveva concesso uno spiraglio di speranza.