La Cantina Fiorentino di Paternopoli diventa cornice per una riflessione sulla cultura e il territorio. Sabato 18 luglio alle ore 18.00 in Contrada Barbassano è in programma un incontro aperto al pubblico e all’aperto sul ruolo delle donne come attrici del racconto e del cambiamento del territorio. L’aperitivo (a base di vini Fiorentino) con la scrittrice e giornalista di origini irpine Angela Iantosca, particolarmente impegnata nel racconto dell’evoluzione del ruolo della donna nella società, fornirà lo spunto per posare la lente di ingrandimento sul protagonismo di donne irpine che ogni giorno lavorano per costruire progresso e crescita nella Campania interna. Valentina Martone e Anita Di Pietro, chef rispettivamente del ristorante Megaron di Paternopoli e dell’Antica Trattoria Di Pietro di Melito Irpino, insieme alla docente universitaria Angela Cresta di Castelfranci, tesseranno una narrazione del territorio partendo dai loro punti di osservazione di donne impegnate concretamente nelle dinamiche di territorio. L’EVENTO. Nato dall’idea di Gianni Fiorentino, l’evento propone la cantina vinicola come luogo di produzione e di relazioni, di contaminazioni culturali legata al territorio. Partendo dal ruolo delle donne e dall’impronta e dall’ingegno e creatività femminili, l’appuntamento offrirà lo spazio per una riflessione sul futuro della provincia e sui possibili futuri percorsi. L’Irpinia autentica, miraggio di viaggiatori ed esploratori, trova in questa cantina costruita in bioarchitettura, su progetto dell’Architetto Angelo Verderosa, situata in un angolo della campagna di Paternopoli, una narrazione innovativa e rispettosa degli spazi e dei luoghi. Gianni Fiorentino, paternese di nascita, ha studiato a Roma e si è laureato in giurisprudenza, lavorando diversi anni come consulente sullo sviluppo locale per la Pubblica Amministrazione. E’ sempre stato appassionato di vino: una passione trasmessa dai suoi genitori ed in particolare dalla madre Margherita (Margarita è il vino che le è stato dedicato) che ha sempre fatto il vino in casa, tale da alimentare nel tempo il desiderio dei figli di costruire insieme una nuova cantina.
“MARGARITA” E LE RADICI DELLA CANTINA. “Margarita” produceva vino Aglianico e vino bianco chiamato “Coda di Volpe” che vendeva ad alcuni clienti affezionati in damigiane di vino, come si usava un tempo e come ancora oggi spesso accade. Dopo il terremoto del 1980, suo marito emigrò negli Stati Uniti dove visse a lungo a Chelsea – Massachussets, dove anche suo padre (il nonno Luigi) aveva vissuto per diversi anni. Forse anche questo ha alimentato il desiderio di Gianni di andare all’estero un giorno, ma con i suoi vini e la passione per la sua terra. Nel 2012 infatti, decide di realizzare il suo sogno e quello di sua madre e della famiglia: creare una piccola azienda vinicola focalizzata sulla qualità, una cantina in continuità con la casa dove “Margarita” e suo marito hanno costruito la loro famiglia, sul pezzo di terra che il nonno Luigi aveva comprato quando è ritornato da Chelsea.
LA PRODUZIONE. Attualmente la Cantina Fiorentino svetta su cinque ettari di vigneti e produce solo vino rosso Aglianico; da poco ha anche piantato un nuovo vigneto di “Coda di Volpe” per avere un vino bianco e sperimentare il recupero del vino bianco prodotto da sua madre Margarita, sempre da vitigni autoctoni. La cantina attualmente produce tre vini rossi e un Rosé (tutti da uve Aglianico): Taurasi Docg – il “re” dei vini del Sud Italia, il Celsì Aglianico Doc e un Rosato di Aglianico “Flavia” (dedicato alla nipotina), quindi il vino bianco “Coda di Volpe” Zirpoli. La prima annata è stata la 2012, ma la filosofia adottata non guarda alla quantità prodotta, quanto alla qualità che vuole condensare storia, tradizione, valori e narrazione del territorio. Il primo vino etichettato infatti prende il nome di “Celsì” che replica il modo in cui suo padre e gli italoamericani i aveva accolti. Il desiderio espresso da Gianni Fiorentino è quello di produrre un ino che racconta la storia della famiglia e della sua terra. “Oggi ci troviamo in una condizione mutata rispetto solo a pochi mesi fa e lo sforzo che voglio compiere ancora più di prima è quello di rafforzare il carattere territoriale della mia piccola azienda in un universo vinicolo in grande movimento e riposizionamento, mostrando la mia cantina per quello che è e per quello per cui è nata: una azienda attenta alla qualità e genuinità del prodotto ed al rapporto con i clienti, al territorio ma anche al suo ruolo sociale e, appunto, culturale. Un’impresa non è e non deve essere un corpo estraneo della terra in cui essa vive e opera”.