Lo scrive Primo Levi nel suo libro “Se questo è un uomo”. Levi non dice sappiate che è accaduto ma chiede di più. Meditate, scrive Levi. Meditare significa considerare a lungo e profondamente. Scavare in profondità. Non basta conoscere ma bisogna capire a fondo quello che è accaduto. Bisogna testimoniare, mettere a disposizione l’esperienza del Lager per condividere la conoscenza e il dolore inenarrabile degli esseri umani. Perché questo è stato lo sterminio dell’uomo che chiamiamo Shoah. Lo scrittore torinese attraverso le sue opere interpreta precisamente il bisogno di non dimenticare: “La mia impressione è che non avrei scritto se non fossi stato sollecitato da una pressione che era la pressione delle cose viste e sofferte ad Auschwitz. Ne sono uscito con un gran bisogno di scrivere, ma non letteralmente; la scrittura l’ho intesa come una risposta a un bisogno di raccontare cose, di testimoniare”.
La Giornata della Memoria ricorre il 27 gennaio come una liturgia a cui ogni anno non possiamo sottrarci. È il giorno del ricordo e della Testimonianza con un forte valore simbolico: il 27 gennaio del 1945, infatti, le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nell’offensiva verso la Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, nel quale persero la vita almeno un milione di persone. Quel giorno il mondo ha conosciuto l’orrore, è entrato nell’orrore che l’uomo stesso ha generato, e per raccontarlo non esistono parole, non esistono parole possibili. Le vittime furono soprattutto ebrei, ma anche rom, sinti, polacchi, prigionieri di guerra, testimoni di Geova, donne e uomini ai quali la Germania nazista di Hitler negò il diritto ad esistere. Oggi l’unica possibilità che abbiamo è trovare le parole per raccontare non solo quello che è accaduto ma l’enorme dolore che ci portiamo dentro come marchio e lutto per ciò che è accaduto. È il nostro fardello inalienabile, e così si organizzano cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, incontri con studenti. Tutto con l’unico intento di mantenere viva la sensibilità. La sensibilità a riconoscere l’altro, a guardarlo negli occhi e condividere il dolore di esistere. Non ci è dato rimuovere l’orrore, possiamo convivere e
vivere una vita che accoglie il dolore per trasformarlo in vita, per trasformare la cenere in parole gentili.
Nunziata Napolitano