Nel 1966 divenne operativa la stazione militare NATO di Montevergine, gestita dalla United State Air Force in Europe (U.S.A.F.E.). Sono gli anni della “guerra fredda” e del Vietnam, la “sporca guerra”. Quello di Monte Vergine era il più grande sito di comunicazione della Air Force in Italia, con un centinaio di uomini divisi tra la base e paesi circostanti. Vista la posizione che domina in tutte le direzioni, questa base avrà un ruolo da protagonista nelle comunicazioni internazionali della NATO per trenta anni. In particolare, qui operava il 2181mo Communication Squadron che faceva da ponte a tutte le comunicazioni radio tra America, Europa e Medio-Oriente. La base NATO di Monte Vergine faceva infatti parte di un sistema di basi collegate con una innovativa tecnologia, una dorsale che collegava la Spagna con il Medio Oriente, attraverso Italia, Grecia, Creta e Turchia. La base di Montevergine ha avuto un ruolo importante di supporto durante il disastroso sisma del 1980 in Irpinia, fornendo uomini e mezzi per i soccorsi, ospitando molte delle famiglie italiane rimaste senza casa ed è stata una mensa che serviva oltre 500 pasti ogni giorno.
Tutta l’area è percorsa anche da un elaborato sistema di tunnel protetti da porte di ferro. A cosa servivano questi tunnel? Inizialmente, abbiamo pensato a funzioni di ricovero in caso di attacco aereo o missilistico. Ricordiamo che siamo in piena “guerra fredda”. Abbiamo, poi, scoperto che i tunnel servivano come depositi “NASCO”. Nell’ottobre del 1956 fu costituita una speciale sezione del Servizio segreto Militare (SIFAR) denominata SAD (Studi speciali e addestramento del personale), a cui venne demandato il coordinamento generale della “Operazione Gladio”. Quest’ultima era costituita dalla struttura segreta della NATO denominata SB “Stay Behind”, finalizzata alla creazione di nuclei di resistenza in caso d’invasione sovietica. La SAD gestiva i depositi “Nasco”, letteralmente nascondigli di materiali vari per a far fronte a eventuali invasioni URSS. In Italia i depositi Nasco erano 139. La CIA inviò materiali di carattere operativo da occultare in appositi nascondigli interrati nelle varie zone scelte. Montevergine era uno di questi ed i tunnel certamente servirono a questo scopo.
Si pensa, tuttavia, che il sistema di tunnel scoperto a Montevergine sia qualcosa di più di un semplice sito di stoccaggio Nasco. L’estensione dei tunnel medesimi, l’ampiezza dei locali, i complessi sistemi di aerazione, di rifornimento idrico ed elettrico, la presenza di una sorta di mini ferrovia interna con una monorotaia per il trasporto di carrelli: tutto lascia supporre l’esistenza di una centrale operativa segreta nascosta sotto terra molto vasta e complessa. La centrale è stata prima dismessa e poi del tutto sgomberata, probabilmente nei primi anni Settanta. Per quanto attiene al rapporto con la base NATO vera e propria si ritiene che non ci fosse un collegamento funzionale, poiché la base Nato di Montevergine aveva solo funzione di gestione del sistema delle comunicazioni intercontinentali.
Si pensa, tuttavia, che il sistema di tunnel scoperto a Montevergine sia qualcosa di più di un semplice sito di stoccaggio Nasco. L’estensione dei tunnel medesimi, l’ampiezza dei locali, i complessi sistemi di aerazione, di rifornimento idrico ed elettrico, la presenza di una sorta di mini ferrovia interna con una monorotaia per il trasporto di carrelli: tutto lascia supporre l’esistenza di una centrale operativa segreta nascosta sotto terra molto vasta e complessa. La centrale è stata prima dismessa e poi del tutto sgomberata, probabilmente nei primi anni Settanta. Per quanto attiene al rapporto con la base NATO vera e propria si ritiene che non ci fosse un collegamento funzionale, poiché la base Nato di Montevergine aveva solo funzione di gestione del sistema delle comunicazioni intercontinentali.
La base aveva nove edifici: un dormitorio di tre piani Al piano terra c’era una sala lettura, una sala per la televisione ed un tavolo da biliardo. Nei successivi due piani c’erano le stanze da letto; un edificio amministrativo, con soli uffici; una sala caffè con bar dove poter socializzare ed un piccolo cinema; due officine specializzate; cisterne dell’acqua; un edificio con l’apparato generatori; un edificio adibito alle apparecchiature di comunicazione.
Di tutta l’area oggi rimangono da esplorare gli edifici del Check Point e il sistema di tunnel. Della base vera e propria invece non rimangono che i tracciati perimetrali degli edifici e i grandi supporti semicircolari dove erano piazzate le potentissime apparecchiature di ricetrasmissione. Dal rapporto del Montevergine Demolition Project apprendiamo che era prevista la completa demolizione e la successiva bonifica del US Navy Communication Receiver Site abbandonato. Prima di iniziare la demolizione si son eseguiti test su tutta l’area per determinare la presenza di materiali pericolosi come l’amianto, il piombo a base di vernice, ecc.. Sono state stabilite le aree designate per la separazione e lo stoccaggio temporaneo del materiale e delle attrezzature demolite in attesa di smaltimento. I lavori sono durati dal Luglio all’ottobre del 2007. Demoliti in totale nove edifici, quattro Antenne, un serbatoio d’acqua, serbatoi di gasolio interrati, tutti gli impianti di servizi, i sistemi di illuminazione perimetrali e tutte le recinzioni.
Tutta l’area è di rara bellezza da punto di vista ambientale e naturalistico. Difficile pensare agli anni della guerra fredda e all’austerità di installazioni militari in un paradiso come questo. Tuttavia, con un minimo di immaginazione, è ancora possibile percepire i camion militari attraversare questi sentieri boschivi nella neve alta, fino alla sommità dove la piccola comunità era in ascolto perenne, pronta all’emergenza che per fortuna non si mai concretizzata. Guardando ciò che rimane delle recinzioni, esplorando i tunnel è percepibile la greve atmosfera della guerra fredda, anni ormai lontani ma che ancora riecheggiano nella memoria di chi oggi ha cinquanta e più anni.
Fonte : F.Pesiri
Di tutta l’area oggi rimangono da esplorare gli edifici del Check Point e il sistema di tunnel. Della base vera e propria invece non rimangono che i tracciati perimetrali degli edifici e i grandi supporti semicircolari dove erano piazzate le potentissime apparecchiature di ricetrasmissione. Dal rapporto del Montevergine Demolition Project apprendiamo che era prevista la completa demolizione e la successiva bonifica del US Navy Communication Receiver Site abbandonato. Prima di iniziare la demolizione si son eseguiti test su tutta l’area per determinare la presenza di materiali pericolosi come l’amianto, il piombo a base di vernice, ecc.. Sono state stabilite le aree designate per la separazione e lo stoccaggio temporaneo del materiale e delle attrezzature demolite in attesa di smaltimento. I lavori sono durati dal Luglio all’ottobre del 2007. Demoliti in totale nove edifici, quattro Antenne, un serbatoio d’acqua, serbatoi di gasolio interrati, tutti gli impianti di servizi, i sistemi di illuminazione perimetrali e tutte le recinzioni.
Tutta l’area è di rara bellezza da punto di vista ambientale e naturalistico. Difficile pensare agli anni della guerra fredda e all’austerità di installazioni militari in un paradiso come questo. Tuttavia, con un minimo di immaginazione, è ancora possibile percepire i camion militari attraversare questi sentieri boschivi nella neve alta, fino alla sommità dove la piccola comunità era in ascolto perenne, pronta all’emergenza che per fortuna non si mai concretizzata. Guardando ciò che rimane delle recinzioni, esplorando i tunnel è percepibile la greve atmosfera della guerra fredda, anni ormai lontani ma che ancora riecheggiano nella memoria di chi oggi ha cinquanta e più anni.
Fonte : F.Pesiri