di Gianni Amodeo
Il reportage fotografico “dice” tutto sulla condizione di degrado diffuso e che non trova ostacoli, se non una malferma e precaria rete di recinzione per un improbabile utilizzo e di cui non si riesce neanche ad immaginare quale funzione possa assolvere nel contrastare lo scempio in atto e che viene da lontano, stando alle informazioni disponibili. E’ la rappresentazione plastica del Vallone di San Michele, nell’area collinare a cui piedi si distende il centro urbano e che in questi giorni viene ricoprendosi della consueta e informe vegetazione trionfante nel verde della mite primavera.
E’ la rappresentazione di uno showroom, che di dritto e di sghembo, innalzandosi o dilatandosi “regala” all’olfatto e alla vista di chi per ventura passa da quelle parti non soltanto miasmi di vario genere assortiti, ma anche tutte le possibili varianti di rifiuti ingombranti, scorie di attività industriali, di risulta per opere e lavori di ristrutturazione edile. Sono materiali abbandonati dalla tribù dei vandali in servizio permanente effettivo, del tutto inetti a generare la sociale e civile utilità. E si tratta di materiali abbandonati che rientrano, per lo più, nelle classi dei rifiuti speciali e nocivi da trattare con specifiche modalità, in aziende dedicate, che si valgono di personale qualificato. Uno “spettacolo” per nulla gradevole, quello che offre il Vallone.
In realtà, il Vallone di San Michele appartiene all’articolata e nutrita serie dei Valloni, le cui profonde incisioni solcano le are collinari di Gesù e Maria, il complesso del Litto, Arciano, le Tore, i Monti Avella. Come dire l’intera chiostra d’altura che incornicia- e incorona- il territorio dell’ Unione intercomunale del Baianese e dell’Alto Clanio. E sono tutti dotati dello stesso identikit così come lo “esibisce” il Vallone di San Michele, che, però, nel volgere degli ultimi giorni- a sorpresa per quanti dell’area hanno conoscenza- ha ampliato e variato il ventaglio delle “offerte” del proprio showroom, con decine, forse oltre un centinaio di sacchi di plastica nera, con chiusura ermetica. Una presenza meno confusa e “anarchica” rispetto ai consueti materiali ingombranti e speciali abbandonati- invece e di solito – con piena licenza in auto- concessione per aggredire l’ambiente. E per le modalità con cui sono stati depositati e per le chiusure che presentano, i sacchi destano fondati sospetti di essere contenitori di materiali ad alto indice di pericolosità. Sospetti, che fanno pensare all’amianto la cui pericolosità per la comun salute delle specie viventi e dell’uomo è più nota. Un’ipotesi, della cui fondatezza le competenti istituzioni, la rete delle strutture della sanità pubblica dell’Asl di Avellino e l’Arpac sono chiamate a fare chiarezza in tempi brevi. E, per evitare che si formino le condizioni idonee ad alimentare indebiti allarmismi.