Un’altra ragazzina morta folgorata mentre fa il bagno usando lo smartphone in ricarica. Erano le 19:15 di domenica sera quando la bambina di 10 anni, è stata trovata senza vita nella vasca da bagno dalla madre nel loro appartamento del comune di Vitrolles, vicino a Marsiglia, in Francia. Non c’è stato nulla da fare, come hanno constatato i medici dell’ambulanza chiamata dalla donna: la ragazzina non aveva avuto scampo quando il telefonino, collegato alla presa con il cavo di ricarica, era finito nell’acqua, morta dopo un arresto cardiopolmonare nel suo bagno, secondo le informazioni rilasciate dai Vigili del Fuoco del dipartimento della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra delle Bocche del Rodano al quotidiano 20 minuti. Nonostante le indagini siano ancora in corso, come si legge,in attesa che venga effettuata l’autopsia, il motivo principale pare essere «folgorazione», ovvero il passaggio di elettricità da un agente esterno al corpo, tramite un conduttore, in questo caso l’acqua. Secondo le ricostruzioni, la donna avrebbe piazzato il suo cellulare a caricare vicino alla vasca nella quale era immersa. Sarà stato un caso o forse un gesto imprudente ma il cellulare, finendo in acqua dove è stato ritrovato, ha causato un corto circuito fatale. A spiegarlo, è stato un esperto, interpellato dai giornalisti francesi: «L’acqua è un conduttore di corrente ed è il motivo che ha scatenato la tragedia. Se il telefono non fosse stato collegato a una fonte di energia da 220 volt non sarebbe successo nulla». La spiegazione è corretta, almeno in parte. All’interno dei telefonini odierni c’è una batteria che non rilascia corrente verso l’esterno anche quando il dispositivo è acceso. Non a caso, cresce sempre più il numero di smartphone con certificazione IP67 o IP68, capaci di resistere a cadute accidentali in acqua o a immersioni più profonde e durature, fino a 3 metri e a 60 minuti. Il problema qui è la connessione del cellulare ad una sorgente elettrica, che porterebbe a seri incidenti solo in determinate situazioni. C’è un però: la potenza da 220 volt di cui parla l’esperto non viene trasferita, totalmente, al cellulare perché ridotta e canalizzata dal trasformatore inserito nel caricabatterie. Al contrario, avremmo smartphone bruciati al primo caricamento. Le cause vanno allora ricercate altrove. Lo smartphone di per sé non veicola elettricità. Anche se fosse agganciato alla presa a muro e da questa si staccasse per finire in acqua, la quantità di corrente che dalla porta di alimentazione passa per il cavetto non sarebbe tale da causare una folgorazione (si parla di 3 volt). Certo, porte difettose o cavi sbucciati con parti scoperte indurrebbero esiti fatali ma sono solo congetture che le indagini dovranno chiarire. Una possibilità, la principale da vagliare, è quella della caduta in acqua di tutto il caricatore, i cui “dentini” potrebbero essere il presupposto del passaggio di corrente da una fonte primaria attraverso il conduttore, e da qui alla persona immersa. Una potenza sicuramente minore di 220 volt ma resa rischiosa da alcune condizioni, come l’assenza di un salvavita. Ed è quanto successo nel 2017 ad una ragazza di Crotone, folgorata da una ciabatta caduta nella vasca, alla quale era attaccato un telefonino in ricarica.