Questa mattina oltre 150 finanzieri del Comando Provinciale di Napoli stanno dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 24 membri di un’organizzazione di narcotrafficanti operante tra Campania e Lazio.
Nei confronti dei principali indagati è in corso, tra le province di Napoli e Caserta, anche il sequestro di società, immobili, veicoli e rapporti finanziari, per un valore complessivo di oltre 1 milione di euro.
Fra i principali esponenti del sodalizio figura Ciro CAPASSO, la cui operatività nel settore del traffico di sostanze stupefacenti era già emersa in altre inchieste giudiziarie che ne hanno attestato, altresì, la vicinanza ad ambienti camorristici riferibili al clan degli “scissionisti” di Secondigliano, nonché all’ala “economica” del clan Contini e comunque in contatto con altri sodalizi napoletani in favore dei quali ha operato nel tempo come vero e proprio “broker” del narcotraffico. In particolare, di rilievo è la vicenda che vide come protagonista una donna a lui legata, e ritenuta appartenente al gruppo di commercianti che Salvatore BOTTA utilizzava per riciclare parte dei proventi illeciti del clan: furono proprio i legami sentimentali con Ciro CAPASSO che indussero la donna ad accollarsi buona parte di un debito, pari a circa 1 milione di euro, che lo stesso aveva maturato nei confronti di alcuni clan a causa del sequestro patito nel 2007 di un ingente di carico di droga, riuscendo fra l’altro ad ottenere una dilazione di pagamento in favore del clan che aveva effettuato la “puntata” in rate mensili da 30mila euro ciascuna.
Le indagini che hanno condotto agli odierni arresti hanno consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza, riconosciuti sussistenti dal Gip, in ordine al fatto che Ciro CAPASSO negli anni successivi, tornato in libertà, sia riuscito a superare la grave crisi finanziaria e abbia ripreso a pieno regime la sua attività di narcotrafficante investendo parte dei suoi guadagni nel settore della ristorazione. Proprio all’interno di uno dei locali in gestione, la nota trattoria-gourmet Tufo’ di via Posillipo, si sono tenute alcune riunioni tra Ciro CAPASSO, il figlio Antonio e altri membri dell’associazione, finalizzate a concordare l’acquisto di considerevoli quantitativi di cocaina. In effetti, durante uno degli incontri monitorati dagli specialisti del G.I.C.O. (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli, era presente Rosario LUMIA il quale, dopo qualche giorno (precisamente il 16 maggio del 2018), è stato tratto in arresto poiché aveva occultato nell’abitacolo della sua autovettura oltre 33 Kg. di cocaina. Oltre al sequestro dello stupefacente, le successive perquisizioni eseguite presso la sua abitazione nel quartiere Posillipo di Napoli hanno consentito di sequestrare 217.000 euro in contanti, 14.000 dollari statunitensi e 3 orologi di lusso (2 Rolex e un Hublot) del valore complessivo di circa 20.000 euro. La cospicua quantità di denaro contante detenuta dal LUMIA appare indicativa del fatto che il suo ruolo all’interno dell’organizzazione non fosse quello di un semplice corriere e, al contempo, delle potenzialità finanziarie del sodalizio che, verosimilmente, aveva affidato allo stesso LUMIA la custodia dei proventi derivanti dalla vendita dello stupefacente in vista di successive acquisizioni di nuove partite di droga. Ulteriore conferma della solidità del gruppo criminale si è avuta nel mese di luglio quando la Sezione G.O.A. dello stesso G.I.C.O., in un appartamento a Casalnuovo, ha sequestrato 10,750 kg di cocaina traendo in arresto alcuni membri dell’organizzazione (Carmine PANDOLFI, Antonio GRIMALDI e Antonio RUSSO, oltre allo stesso Ciro CAPASSO), tutti impegnati a definire la spartizione del carico. La droga sequestrata – il cui valore di mercato al dettaglio si aggira intorno a 10.000.000,00 di euro – sarebbe stata destinata ad alimentare diverse “piazze di spaccio” non solo della città di Napoli, tenuto conto che alcuni dei potenziali acquirenti operavano in altre località, ma anche delle province di Salerno e Caserta. Nei confronti dei principali indagati, è stato eseguito, tra le province di Napoli e Caserta, anche il sequestro di 7 società (tra cui quelle riferite alla gestione dei ristoranti a insegna “Tufò”), 3 immobili, 13 veicoli e 68 rapporti finanziari, per un valore complessivo di oltre 1 milione di euro. Infine, 6 tra i nuclei familiari dei soggetti colpiti dai provvedimenti cautelari personali (compreso quello dei Capasso) sono risultati beneficiari di reddito di cittadinanza; le relative posizioni sono state segnalate all’INPS per i provvedimenti del caso.