La storia di Jules Appelmans, 83 anni, che vive a Gooik con sua moglie 84enne. Si prende cura di lei da 44 anni da quando a Simone Van Eeckhoudt è stata diagnosticata la SLA. Una grande storia d’amore, una vita di donazione
Fu negli anni ’70 che Simone iniziò a cadere regolarmente. Qualche mese dopo, la diagnosi: ha la SLA, la sclerosi laterale amiotrofica, una malattia mortale che colpisce i nervi e i muscoli. “I primi anni della malattia, riuscivo ancora a gestire alcune cose, ma dal 1984 sono diventata totalmente dipendente da mio marito, ha dovuto darmi da mangiare e tutto il resto perché ero già quasi paralizzata “, dice con calma Simone. “Le ho detto in quel momento che sarò sempre lì per lei, e sono ancora qui oggi”, riassume il marito Jules con determinazione. Per svolgere tutti i compiti che gli capitano da solo, si alza ogni giorno alle quattro del mattino per andare al capezzale della moglie. “Intorno alle 7, l’infermiera della croce gialla e bianca passa e alle 8:30 mette Simone sulla sua sedia a rotelle e mangiamo uno yogurt per due, è ora di mangiare, e così via ogni giorno, ogni giorno. Non è facile, è vero, e non puoi contare su molto aiuto. Sei solo per la maggior parte delle cose “, dice l’ottuagenario con amarezza. Fortunatamente, un caregiver familiare gli dà una mano due volte alla settimana e suo figlio Luc vive nella stanza accanto se c’è un problema. “Sono molto felice che la mente di mia moglie sia così lucida e che possiamo sempre parlare insieme per far passare il tempo più velocemente, dimentico le date di nascita o i numeri di telefono, ma Simone li conosce tutti a memoria “. Lei approva: “Sì, la testa funziona ancora molto bene, peccato che il resto del mio corpo rovini la festa”. Ai vecchi tempi, la coppia passeggiava ancora nei negozi del quartiere o nella cappella di Lennik. “Ma fare commissioni è davvero impossibile anche se mi piacesse confrontare i prezzi, ma quest’anno vorrei tornare di nuovo alla cappella di Saffelberg”. Jules è stato premiato come miglior abitante di Gooik. Una storia che supera ogni ostacolo, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, come quello impervio chiamato Sla: la malattia più subdola e feroce che non lascia grande spazio alla speranza. Con la particolarità che questa volta non ci si piange addosso ma si combatte attraverso l’amore del compagno di una vita. E come in un romanzo si parla di amore, passione, gioie e, subito dopo, malattia e crolli incontrollabili: quelli di una sofferenza devastante, di un dolore compresso che non lascia spazio alla compassione, ma cerca la normalità nella difficoltà, l’ironia nella paura.