di Vincenzo Quindici
La presenza in Nola di due Conservatori, cioè di due “Collegi Femminili”, è attestata da Carlo Guadagni (1614 – 1688), preposito alle Basiliche di Cimitile. Il primo, fondato dalla famiglia Fellecchia, era contiguo alla loro dimora in Via Vicanzia (Corso T. Vitale, n. civico 155), detto “Tempio delle Verginelle”, in cui si viveva con osservanza claustrale e “recitandosi nelli suoi tempi l’ore canoniche”. L’altro, denominato delle “Orfanelle”, ospitava fanciulle provenienti non solo dalla città, ma da tutto il contado. Al loro sostentamento provvedeva la Città sotto la sovrintendenza del Vescovo. Le fanciulle ne uscivano solo per prendere marito oppure per farsi monache converse in Nola o fuori Nola. [1]
I Fellecchia erano un’antica famiglia patrizia nolana, la cui presenza in città è attestata da Ambrogio Leone nel cap. III del “De Nola” intitolato “Le famiglie illustri della città attuale”. Alla generosità di Pompeo Fellecchia attribuisce il merito dell’edificazione del “Tempio delle Verginelle” lo storico G. S. Remondini, il quale fornisce notizie ancora più dettagliate in merito.[2] Nel suo testamento, chiuso l’11/ 7/1601 per mano del notaio G.A. Montefuscoli di Napoli ed aperto dopo la sua morte avvenuta nello stesso mese, Pompeo Fellecchia nominò suoi eredi i Padri Camaldolesi, con l’obbligo di costituire subito nel suo palazzo di Nola un Collegio, in cui potessero essere ospitate fanciulle vergini di età compresa fra i dieci e i venti anni e che per la povertà non avessero modo di collocarsi in onesto matrimonio o altro monastero. [3] Il legato testamentario fu posto immediatamente in esecuzione dai padri camaldolesi e la direzione del Collegio delle Verginelle fu affidata ad un governatore nominato annualmente. Nel terzo anno fu nominato dal Vescovo di Nola Fabrizio Gallo un membro della famiglia Fellecchia. Di questo complesso, denominato il “Tempio”, permangono ancora oggi visibili, pur tra numerose superfetazioni, cospicui tratti architettonici che testimoniano l’antica imponenza (loggiati).
Accanto a questo, [4] attesta ancora il Remondini, sorgeva un altro “Conservatorio delle Fanciulle Orfane”, quivi provenienti da una “Casa” presso la “Confraternita del Gesù”, dove anticamente non erano ospitate più di dodici fanciulle. Governatore ne era un patrizio nolano, nominato dal Vescovo. Ogni anno la predetta Confraternita era tenuta a fornire alle fanciulle una certa quantità di cera lavorata, ed esse in contraccambio dovevano dare, il 22 giugno, festa di San Paolino, al maestro di fiera una forbice ed un paio di guanti per tagliare e cucire il pallio di velluto da donare al cavallo vincitore nella gara di corsa.
Questi due Conservatori possedevano territori, case e botteghe che fruttavano rendite abbastanza consistenti. [5]
Il “Conservatorio delle Orfanelle” sorgeva attiguo al “Tempio” in Corso T. Vitale,(attuale n. civico 127), ed è stato proprietà dell’Ente Comunale Assistenza (E.C.A), istituito con la legge 3 giugno 1937, n. 847 e soppresso nel 1977. Passato al Comune di Nola, è stato sede delle Scuole elementari del II Circolo Didattico ed ospita attualmente la Biblioteca Comunale, mentre al piano terra è occupato dal Circolo della Caccia, previo un regolare contratto di affitto. Orbene, nel cortile retrostante i locali di questo Circolo si conserva ancora oggi un’edicola a tettoia che protegge una lapide terragna con un’artistica incisione raffigurante fanciulle oranti e la seguente epigrafe del 1714:
D.O.M, HIC IACENT ORPHANARUM CINERES QUAE DEI MATRI SUA CORPORA CONSACRATA HIC ANTE VIRGINEM HUMO MUNDANDA CURARUNT A.D.MDCCXIV
(Trad. A Dio Ottimo Massimo – Qui giacciono le ceneri delle orfanelle i cui corpi consacrati alla madre di Dio qui davanti alla Vergine curarono di purificare nella terra. / Anno del Signore 1714).
Si sa che una cinquantina di anni fa, nel corso della sistemazione della pavimentazione fu scoperto un ipogeo contenente resti umani. Si può supporre, quindi, che la lapide possa coprire la discesa ad un ossario, al quale si accedeva con una scala rimovibile a pioli o a gradini di muratura. I quattro fori angolari, che si notano nella lastra di marmo, potrebbero essere serviti ad agganciarla per il sollevamento. Tuttavia non ci risulta che vi siano state fatte indagini di verifica in tale direzione.
Riguardo alle figure incise sulla lapide il prof. Antonio Fusco annota che si tratta di “un pregevole prodotto settecentesco, di morbido disegno, raffigurante quattro orfanelle a mani giunte, due per lato, abbigliate con eleganti e sinuose tuniche; esse rivolgono gli occhi estatici verso l’ alto, nel punto in cui si intravedono solo due raggi inferiori di una stella, coperta nella parte superiore da un listello di marmo sovrapposto successivamente. Si intuisce che la parte superiore occultata deve necessariamente completare il disegno della stella, che è uno dei più consueti emblemi della simbologia Mariana. e che per le quattro figure oranti sta a rappresentare il polo di riferimento della loro vita consacrata”.
Nella parete di fondo dell’edicola si riesce ancora ad individuare la stratificazione di due affreschi. Di quello più antico settecentesco se ne intuisce solo la presenza indecifrabile; dell’altro sovrapposto successivamente, frutto di un mediocre pittore della prima metà del sec. XX, è rimasto un precario lacerto di ordinaria fattura, raffigurante Gesù Bambino incoronato e ignudo, fiancheggiato da un residuo verticale di manto azzurro e sorretto da una mano, certamente quella della Vergine, la cui figura è andata completamente perduta”.
Note:
[1] Cfr. Guadagni Carlo, Nola sagra, a cura di Tobia Toscano, tip. Il Sorriso di Erasmo, Massa Lubrense 1991.
[2] Cfr. Remondini G.S. “Della nolana ecclesiastica storia”, libro I, cap XXXIX, pag 237,
[3] Pompeo Fellecchia nel suo testamento dispose che soddisfatti alcuni pii legati, tutte le sue sostanze fossero impiegate nell’erezione di un nuovo eremo nel distretto della città di Nola nominando esecutore testamentario suo fratello Padre Serafino, al secolo Pietrantonio. (Cfr. Prudenziano Ariosto, I Camaldoli di Nola”, LER 1993.
[4] Al numero civico 129 di Corso T. Vitale.
[5] Cfr. Avella Leonardo, Catasto Onciario, vol. 1018, pp. 414 / 423.