Una settimana dopo l’approvazione alla Camera del disegno di legge sul testamento biologico, venerdì prossimo (28 aprile 2017), dalle ore 15 e 30, nel salone delle Armi della Reggia degli Orsini, sede del Tribunale di Nola, in occasione della Cerimonia inaugurale dell’anno formativo 2017 della Scuola Bruniana , si terrà il convegno sul tema
“Il testamento biologico: le possibilità della legge – la libertà della persona umana. Riflessioni di biodiritto, bioetica e bioscienza”,
organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola, dalla Fondazione Forense di Nola – Scuola Bruniana, dall’Università Federico II di Napoli e dall’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
È previsto l’intervento e la testimonianza di Wilhelmine Schett, chiamata Mina Welby, moglie di Piergiorgio, co-Presidente dell’Associazione Luca Coscioni, e Giuseppe Alterio, Presidente della cellula napoletana della medesima Associazione.
Illustri relatori affronteranno gli aspetti etici, teologici o semplicemente umani del “fine vita”, del testamento biologico e dell’eutanasia: il prof. Aldo Masullo, professore emerito di Filosofia morale all’Università degli Studi di Napoli Federico II, il prof. Lorenzo Chieffi, ordinario di Diritto pubblico generale dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, il prof. Claudio Buccelli, ordinario di Medicina legale del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli e Direttore del Dipartimento di Scienze biomediche avanzate e il teologo, don Salvatore Purcaro, della Diocesi di Nola.
Gli interventi saranno preceduti dagli indirizzi di saluto del dott. Luigi Picardi, presidente del Tribunale di Nola, e dell’avv. Francesco Urraro, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola.
Coordina e modera l’avv. Giuseppe Boccia, Direttore Generale della Scuola Bruniana, mentre l’introduzione dei lavori è affidata alla dott.ssa Edda Napolitano del Foro di Nola.
«La tematica del “fine vita” eticamente sensibile è ricca di mille implicazioni» – afferma il Presidente del Consiglio Forense di Nola, avv. Francesco Urraro, che aggiunge – «Oggi in Italia non esiste una normativa che regoli il testamento biologico. Allo stato sono gli artt. 13 e 32 della Costituzione che conferiscono al singolo cittadino la facoltà di decidere a quali trattamenti sanitari sottoporsi. Gli esiti delle vicende giudiziarie Welby ed Englaro hanno confermato l’esclusiva applicazione del dettato costituzionale». «Al di là delle nostre sensazioni sulla morte e sulle gravi malattie, ci si interroga su chi fissa il limite degli interventi», continua il Presidente Urraro, «di fronte a disposizioni che diventano complesse, esiste solo la legge n. 38/2010 che fissa la linea guida per la sedazione palliativa e che dovrebbe garantire a pazienti terminali, per i quali non sono più possibili le cure, la possibilità di “sedazione palliativa profonda continua”.
L’articolo 32 della Costituzione italiana stabilisce che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
«La discussione sul testamento biologico, l’eutanasia e in generale sul diritto delle persone all’autodeterminazione e quindi sulla possibilità di concedere ex lege la facoltà di scegliere se rifiutare le cure o decidere di mettere fine alla propria esistenza, nel nostro Paese si apre e si chiude ciclicamente» ricorda il Direttore della Scuola Bruniana, avv. Giuseppe Boccia, «una discussione legata esclusivamente al risalto mediatico di alcune tragiche storie individuali, l’ultima delle quali, in ordine di tempo, è quella di Davide Trentini, morto il 13 aprile scorso in seguito a una procedura di suicidio assistito in Svizzera, che ha fatto seguito a quella di fine febbraio, che ha riguardato Fabiano Antoniani (Dj Fabo) e, prima ancora, alle storie dolorose di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro, senza che si riuscisse mai ad apportare cambiamenti significativi alla legislazione sui temi del fine vita».
Tante storie diverse eppure tutte così dolorosamente uguali, che però non sono state sufficienti a far approvare in Italia una normativa su questa materia. Solo di recente la discussione sul testamento biologico è giunta in Parlamento. Sul tavolo c’e anche la questione dell’eutanasia e del fine vita. Tutti temi che saranno oggetto del convegno nolano.
«Il dibattito si prefigge lo scopo di sottoporre alla riflessione giuridica la disciplina della disponibilità di sé in materia di fine vita, soffermandosi in particolare sulla valenza da tributarsi alle disposizioni anticipate di trattamento», sottolinea la dott.ssa Edda Napolitano, che aggiunge: «Nella disamina relativa al cosiddetto testamento biologico non si può non meditare sull’eteronomia del rapporto tra autodeterminazione e soggetto agente e sulle implicazioni etiche e religiose che la problematica reca seco. Sempre più complesso risulta il coniugo tra posizioni paternalistiche e possibilità adeguatrici del fenomeno successorio. Nella successione mortis causa, il fenomeno successorio trova giustificazione nella morte del soggetto e consiste nel trasferimento dei diritti del de cuius ad altri soggetti. Il testamento, unico strumento negoziale riconosciuto ai privati per disporre del proprio patrimonio nel periodo successivo alla morte, è negozio giuridico unilaterale ma eminentemente personale, in quanto non risulta possa essere compiuto da un rappresentante. Con la novazione vaticinata dalle D.A.T. il bene oggetto dell’atto volitivo esula non solo dalla natura strettamente patrimoniale che l’art. 1174 del c.c. vorrebbe per ogni atto negoziale, ma anche alla necessarietà dell’ intervento del terzo, in particolare l’operatore sanitario e il fiduciario. Risulta allora, necessario riflettere sulla sua assorbibilità nell’ordinamento giuridico».
I temi del convegno: testamento biologico e “fine vita”, de iure condendo, tra morale, medicina, religione e una questione di diritto internazionale.Il testo del disegno di legge sul Testamento biologico, modificato ed approvato dalla Camera dei Deputati il 20 aprile scorso, è ora all’esame del Senato.
ll provvedimento affronta i temi del consenso informato del malato, disciplinandone modalità di espressione e di revoca, legittimazione ad esprimerlo e a riceverlo, ambito e condizioni, e le disposizioni anticipate di trattamento, con le quali il dichiarante enuncia, in linea di massima, i propri orientamenti sul “fine vita” nell’ipotesi in cui sopravvenga una perdita irreversibile della capacità d’intendere e di volere. Su questi e sugli altri temi delicatissimi dell’accanimento terapeutico e della pianificazione condivisa delle cure tra medico e paziente e delle cure palliative si discuterà nel corso del convegno che si terrà a Nola venerdì prossimo, analizzati da diversi punti di vista: del filosofo e della morale, del diritto, della medicina e della dottrina della Chiesa cattolica.
Quando si parla di fine vita si legano due aspetti, che sono tra loro connessi: il testamento biologico – ovvero le “Disposizioni anticipate di trattamento” (D.A.T.) – che consiste nella dichiarazione resa per iscritto da un soggetto sulle eventuali cure mediche o trattamenti medici da seguire nel caso in cui, per gravi malattie o incidenti, non abbia la facoltà di decidere autonomamente; e l’eutanasia che invece è la morte di un malato, su sua precisa volontà e in presenza di assistenza medica.
Finora, ogni tentativo di discussione si era sempre bloccato prima di arrivare in aula: nel 1984, ci provò il padre della legge sul divorzio, il socialista Loris Fortuna. Ci sono stati poi anni di scioperi della fame, richieste al Capo dello Stato e banchetti con raccolta di firme. Nel 2009 il caso di Eluana Englaro divenne anche scontro istituzionale.
Da qualche anno esiste un progetto di legge di iniziativa popolare sulla “Eutanasia legale”, depositato nel 2013 e sottoscritto da 105mila cittadini, a cura dell’Associazione “Luca Coscioni”, che prevede la depenalizzazione del reato di “omicidio del consenziente” e di “aiuto al suicidio”, in precisi e limitati casi: i malati terminali che chiederanno di morire potranno essere aiutati da medici, senza che ci sia, per questi ultimi, un rischio di incriminazione.
Sullo sfondo c’è anche una questione di diritto internazionale, determinata dal vuoto legislativo sul testamento biologico e la mancata ratifica della cosiddetta Convenzione di Oviedo, il primo trattato internazionale sulla bioetica, redatto e sottoscritto nel 1997 su impulso del Consiglio d’Europa, entrata in vigore nel 1999 e mai ratificata dall’Italia (che l’ha solo recepita nel 2001), impedendo così ai principi e alle disposizioni in essa contenuti di entrare a far parte dell’ordinamento giuridico nazionale. La Convenzione contiene tra le altre norme anche la seguente previsione: “i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione”.
Intanto, i principi bioetici di “fine vita” stanno cambiando, in molti Paesi, il rapporto tra medico e paziente per cui il malato è sempre più coinvolto in tutti gli aspetti che riguardano le possibili cure, in quanto gli viene riconosciuto il diritto di decidere in autonomia della qualità della sua vita: è il diritto di autoregolamentarsi, che vuol dire anche il diritto di rifiutare le cure cosiddette “salva vita”, tranne nel caso dei Trattamenti Sanitari Obbligatori, in nome di un diritto alla vita e alla salute che non vengano letti come obbligo a vivere e a curarsi.
In Italia, in assenza di una normativa sul testamento biologico, il Consiglio Notarile dei Distretti riuniti di Udine e Tolmezzo ha sottoscritto una convenzione con i comuni di Aquileia, Campolongo Tapogliano, Cervignano del Friuli, Fiumicello Ruda, Terzo d’Aquileia, Villa Vicentina, per l’istituzione del registro per la raccolta delle dichiarazioni anticipate di volontà di fine vita e ha predisposto anche i relativi modelli di dichiarazione.