“La suddivisione, equa e condivisa, dei diversi ruoli afferenti il comune progetto è una parte fondamentale delle celebrazioni, che lega così assieme la comunità attraverso il consolidamento del reciproco rispetto, della cooperazione e dello sforzo congiunto.
Il dialogo continuo fra i portatori che condividono questo patrimonio culturale determina anche l’istaurarsi di un rete sociale di scambio.
Le celebrazioni richiedono inoltre il coinvolgimento di musicisti, cantanti, nonché abili artigiani che realizzano le strutture processionale, gli abiti cerimoniali e ogni artefatto necessario.
Le comunità di festa si basano sulla trasmissione informale di tecniche e conoscenze indispensabili a ricreare ogni anno le macchine da festa, un processo questo che aiuta e sostiene la continuità culturale e rafforza in maniera significativa il sentimento identitario e di appartenenza”.
Con questa motivazione, nel dicembre del 2013 l’Unesco ha inserito la Festa dei Gigli (e la più ampia “Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane”) nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità; parole, quelle adottate della Commissione, che raccontano in maniera chiara l’enorme portata socioculturale (ed economica) che alcuni eventi festivi tradizionali, come quello di Nola, hanno per le comunità ed i territori che li promuovono e custodiscono.
La Festa nolana affonda le sue radici in uno specifico capitolo della vita di San Paolino (patrono della città) e della trascrizione che di quell’evento ne fece Papa Gregorio Magno ne “I Dialoghi” (593/594 d.C.), riprendendo il racconto orale che i Nolani già si tramandavano da oltre un secolo: “Dopo la presa di Roma da parte dei Vandali, anche la città di Nola fu saccheggiata e molti dei suoi abitanti fatti prigionieri e deportati in Africa.
Il vescovo di Nola Paolino riscattò con i suoi averi numerosi prigionieri, una volta terminati i suoi averi, non avendo più denaro per riscattare il figlio di una vedova offrì se stesso.
Anni dopo essere divenuto il giardiniere del Re dei Vandali, il vescovo Paolino predisse l’imminente fine del Re che liberò lui e la sua gente.
Al ritorno in patria il popolo di Nola accolse la sua gente con dei gigli (fiori), dando il via ad una tradizione che si ripete ogni anno, anche dopo la morte del Santo Vescovo avvenuta nel 22 giugno dell’anno 431 d.C.”
Pur nel pieno rispetto degli aspetti prettamente religiosi, va qui evidenziato che anche la Festa dei Gigli, come molte altre, è testimonianza e frutto del più ampio processo di assorbimento da parte del Cristianesimo di pregresse ritualità pagane, come il caso dei Grandi Alberi Sacrali, simboli di fertilità e connessione col mondo naturale, che venivano processualmente condotti attraverso terre e villaggi, a cavallo del solstizio d’estate, come “buon auspicio”.
Il giorno della Ballata è arrivato quest’anno dopo i quattro anni circa di fermo per via delle restrizioni dovuto alla Pandemia. Gli otto obelischi che rappresentano ognuno le corporazioni artigiane si recano a rendere omaggio al Vescovo in piazza Duomo, così come racconta la storia. Di mattina la Benedizione da parte del Vescovo Marino che accompagna l’uscita della Statua d’Argento di San Paolino, pausa e poi le macchine della festa ritornano a ballare al ritmo della musica e della passione. Percorrono il centro storico tra le viuzze più strette e affrontano impegnative prove. Quest’anno post Covid è ripreso alla grande per la Città di Nola in occasione della festa dei Gigli che ha da oggi anche l’esclusivitàdel marchio registrato voluto dalla Fondazione. È sold outovunque e le strade sono piene di visitatori.
Un momento in cui tutto il territorio partecipa in un’unica narrazione fatta di sentimenti e di fede dove tutti sono protagonisti. Una liturgia della comunità che rigenera ogni volta il patto di solidarietà con la propria storia, il proprio territorio. Nunziata Napolitano