Si è tenuto nel pomeriggio odierno a Nola presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale “Santa Maria la Pietà” la preannunciata manifestazione di mobilitazione dei medici e infermieri, un flash mob organizzato anche in alcuni presidi campani, dinanzi ai Ps. Negli ultimi anni gli ospedali della regione Campania hanno assistito a un fenomeno preoccupante: le aggressioni contro il personale medico sono diventate quasi quotidiane. Questa ondata di violenza ha spinto i medici campani a mobilitarsi in un gesto di protesta straordinario, oggi hanno indossato il segno di lutto al braccio. Organizzata dalla CGIL abbiamo sentito il parere di Antonio Recetano, DELEGATO CGIL ASL NAPOLI 3 SUD. Ecco le sue dichiarazioni: “Nel triennio 2019-2021 sono stati più di 4.800 i casi riportati dall’INAIL come violenze, aggressioni e minacce nei confronti del personale sanitario e socio-sanitario, con una media di circa 1.600 l’anno. È una vera e propria piaga del nostro lavoro e purtroppo in crescente aumento, se consideriamo anche che molti episodi non vengono denunciati dalle vittime. Nella maggior parte dei casi, le aggressioni avvengono nelle case di cura e negli ospedali pubblici dove a correre il rischio sono gli infermieri e coloro che lavorano in pronto soccorso. Nel 70% dei casi la vittima è una donna, nel 40% l’età è compresa tra i 30-50 anni. Questi sono certamente numeri importanti, ma rappresentano purtroppo solo una minima parte di un problema di più grossa entità: ci sono colleghi fortemente provati da stress psicologico, altri spinti addirittura ad abbandonare questo mestiere. Noi della CGIL siamo chiaramente molto sensibili a questa problematica e condanniamo fermamente qualsiasi tipo di aggressione – verbale o fisica – nei confronti di tutti quanti lavorano nel nostro ospedale. Ribadiamo l’importanza della formazione del personale sanitario (e non) mirata al riconoscimento dei comportamenti a rischio e al potenziamento della competenze degli operatori. Questi episodi violenti iniziano spesso con espressioni verbali aggressive per poi arrivare a gesti estremi: la conoscenza di questa progressione può, in alcuni casi, aiutare il personale a interrompere il corso degli eventi. Sottolineamo inoltre la necessità di produrre campagne informative rivolte sia agli operatori sanitari sia alla cittadinanza e finalizzate ad aumentare la sensibilità, dei primi, rispetto alla necessità di acquisire le conoscenze utili alla prevenzione e alla gestione degli episodi di violenza e, dei secondi, rispetto alle condizioni di lavoro del personale sanitario e alle conseguenze di eventuali atti violenti. Ad innescare e aggravare il fenomeno contribuisce molto anche la carenza di personale, che è sicuramente da riternersi una della cause principali dei disservizi in sanità e dei conseguenti – ma non per questo giustificati – episodi di aggressione. Senza i “numeri adeguati” non è possibile mettere in atto un’altra misura di contenzione che potrebbe derivare dall’uso del lavoro in equipe, come strumento di dissuasione e di gestione delle condizioni di rischio, evitando il lavoro in forma individuale e prevedendo la presenza di più persone almeno nelle situazioni e nei luoghi in cui è più facile che si verifichino reazioni da parte dell’utenza. È necessario un impegno deciso e misure concrete, come la presenza delle forze dell’ordine h24: l’istituzione di un drappello di polizia che possa garantire la sicurezza degli operatori sanitari 24 ore su 24. Abbiamo la necessità di ristabilire un ambiente sicuro nei nostri ospedali per poter continuare a garantire un adeguato livello assistenziale. La violenza non cura”.