Carissime lavoratrici e carissimi lavoratori, desidero in questo momento così difficile farvi giungere la mia vicinanza personale. Mi è noto che molti di voi non possono rimanere in casa per salvaguardare la salute dei propri familiari e di sé stessi. Così come so che non è semplice evitare comportamenti che possono mettere a rischio la salute vostra e dei vostri cari. Mi permetto di ricordare che le indicazioni fornite dalle Autorità civili in materia di prevenzione del contagio sono necessarie, e che ogni cittadino (a maggior ragione ogni credente!) deve ottemperare ad esse per il bene proprio e per il senso di responsabilità verso la collettività. In questo momento vorrei ricordare le parole profetiche di San Giovanni Paolo II rivolte ai lavoratori della nostra diocesi nella sua visita a Nola: «Il messaggio che quest’oggi lascio a tutti voi, come segno del mio affetto e a ricordo della mia visita, è lo stesso che ho avuto modo di ripetere in altre Città di questo meraviglioso Mezzogiorno d’Italia: la Speranza! Costruire la Speranza! Più grave del pur grave degrado economico e sociale è la rassegnazione. Guai a lasciarsi andare dinanzi ai fattori della disgregazione sociale che tanto vi danno pensiero! Guai a considerare irreversibile il processo di scadimento di quei valori, che sono stati e debbono tuttora costituire la ricchezza spirituale della vostra gente. Bisogna reagire con coraggio»1 È possibile immaginare che per molti nulla sarà come prima. Nulla sarà come prima per le famiglie che hanno subito perdite umane. Nulla sarà come prima per chi è stremato dai sacrifici in quanto operatore sanitario. Nulla sarà come prima anche per il mondo economico, che ha prima rallentato e poi ha visto fermarsi la propria attività.
Nulla sarà come prima per i settori che sono andati in sofferenza e vivono l’incertezza del domani: si pensi al settore del turismo, dei trasporti e della ristorazione, al mondo della cooperazione e del Terzo settore, a tutta la filiera dell’agricoltura, alle ditte che organizzano eventi, al comparto della cultura, alle piccole e medie imprese che devono competere a livello globale e si vedono costrette a chiusure forzate e non riescono a rispondere alla domanda di beni e servizi. Giorno dopo giorno, ora dopo ora, comprendo il serio rischio che grava su molti lavoratori e molte lavoratrici. La nostra chiesa diocesana si sente coinvolta e vuole impegnarsi per rispondere alle domande laceranti dei fedeli. Mi rendo conto che l’impatto di questo periodo sul mondo del lavoro può diventare una carneficina sociale, per cui è importante un tempo di condivisione che ci invita ad esprimere solidarietà concreta anche nei confronti dell’occupazione. È il momento di far sentire tutta la vicinanza della comunità cristiana. Il lavoro è un antidoto alla rassegnazione e allo scoraggiamento. San Giovanni Paolo II diceva: «Sì, tutti insieme siete chiamati a costruire la Speranza. Costruitela, innanzitutto voi, cari giovani. Di fronte alle difficoltà del vostro ambiente e all’incertezza che grava sul vostro futuro, non cedete allo scoraggiamento; resistete alle lusinghe del consumismo che prospetta una vita facile basata sull’avere. Siate persone di forte tempra, che non schivano le fatiche e il sacrificio. Ci sono in voi enormi potenzialità: il vostro entusiasmo, la vostra creatività, il vostro impegno. Mettete le risorse della vostra giovinezza a disposizione del bene.».2 E allora la crisi deve fin da adesso far riprogettare il nostro cammino, per dare nuove regole con nuovi impegni, per valorizzare le esperienze positive, rigettando quelle negative, facendo diventare questo momento di prova, momento di discernimento e di progettualità. L’emergenza sanitaria possa attivare anticorpi per una resilienza che permetta di sognare un nuovo tempo. Vi saluto in Cristo.
+ Francesco Marino