La sentenza della prima sezione del Tribunale di piazza Municipio fa emergere il carattere strutturale e irreversibile delle criticità economiche e finanziarie dell’Ente di piazza Duomo. Previsioni di entrate erronee, il peso dei contenziosi, la generale inattendibilità delle condizioni del risanamento del piano di riequilibrio pluriennale approvato nel febbraio del 2019 con delibera commissariale del prefetto Anna Manganelli. Alla base del default, il disavanzo di 33 milioni cristallizzato nel rendiconto del 2017. Annunciato dai ricorrenti, nuovo gravame al Consiglio di Stato, mentre per i cittadini il carico fiscale è già al livello massimo.
di Gianni Amodeo
L’ incapacità funzionale spicca nel prospetto delle motivazioni, con cui il collegio giudicante della prima sezione del Tar di Napoli – presieduto da Salvatore Veneziano, con giudice referendario Domenico De Falco e giudice estensore Gianluca Di Vita– ha emesso la sentenza di rigetto del ricorso presentato da 14, tra consiglieri comunali in carica nei banchi della minoranza, ex-amministratori, tra cui l’ex-sindaco Geremia Biancardi ed ex-dirigenti, con la richiesta di annullamento del deliberato di dichiarazione di dissesto economico e finanziario dell’Ente di piazza Duomo, approvato dalla maggioranza consiliare nella seduta del 26 agosto del 2019, recependo la specifica proposta deliberata dalla Giunta guidata dal sindaco Gaetano Minieri, a due mesi dall’insediamento ufficiale della neo-compagine amministrativa eletta con il voto di ballottaggio dell’11 giugno. E va evidenziata nello sviluppo dell’intera procedura, che ha condotto alla dichiarazione di dissesto, la funzione tecnica di ricognizione svolta dall’assessore pro tempore al bilancio, Antonio Galasso, con puntuali e congrue relazioni di ordine giuridico – legale, filtrate da un’attenta ed analitica “lettura” di atti e documenti, di cui dà oggettivo riscontro la sentenza del Tar.
In realtà, è proprio lo stato d’incapacità funzionale una volta accertato, così com’è fatto evidenziare dalla sentenza, a rendere dovuta e doverosa la dichiarazione di dissesto; ed i presupposti che ne integrano la configurazione, si verificano sia quando l’Ente non è in grado di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili la configurano, sia quando sussiste una situazione fattuale e pervasiva di illiquidità, in ragione di debiti liquidi ed esigibili di terzi a cui l’Ente non può validamente far fronte né con la delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio né con quella del riconoscimento dei debiti fuori–bilancio. Ed è questo lo scenario, con cui è delineato lo stato di default dell’ Ente di piazza Duomo che viene rappresentato dalle argomentazioni in sentenza. Un default cristallizzato nel rendiconto del 2017 per il valore di 33 milioni di euro.
E’ un passaggio basilare, quello dell’accertamento dello stato d’incapacità funzionale, che conduce, a sua volta, al piano di riequilibrio per il pre-dissesto deliberato il 22 febbraio del 2019 dal commissario straordinario- il prefetto Anna Manganelli– che reggeva le sorti dell’ Ente, dopo lo scioglimento del Consiglio comunale nel maggio del 2018 per la mancata approvazione del bilancio; piano di risanamento pluriennale (n.d.r. con durata di 20 anni e quota di ammortamento annua, pari 1.660.000 euro da inserire nel capitolo delle spese correnti in bilancio ) per fronteggiare il disavanzo di 33 milioni, emerso dal rendiconto del 2017. E contestualmente con l’approvazione della delibera del 5 maggio del 2019 per il rendiconto del 2018, si registrava il miglioramento della situazione contabile, in relazione all’operatività del piano di riequilibrio, con il disavanzo calato da 33 milioni a 28 mila euro circa.
Non attendibile il Piano di riequilibrio per il pre– dissesto. Pevisioni senza concreto fondamento e tempi lunghi
Tra gli elementi caratterizzanti il ricorso per l’annullamento di tutti gli atti preordinati alla dichiarazione del dissesto, si colloca in modo marcato il piano di ri–equilibrio correlato alla delibera di approvazione del pre– dissesto, adottata con i poteri commissariali dal prefetto Manganelli per il risanamento economico e finanziario dell’ Ente con durata pluriennale; delibera di pre– dissesto che doveva essere revocata- secondo la tesi dei ricorrenti con interessi difesi dagli avvocati Andrea Abbamonte e Olimpia Napolitano che si sono avvalsi della consulenza del professore Nicola Quirino, docente alla Luiss “Guido Carli” di Roma- prima di procedere alla dichiarazione di dissesto. Una revoca mancata- secondo il ricorso- che avrebbe generato una situazione di confusione tra la praticabilità del piano di ri–equilibrio e i percorsi conseguenti alla dichiarazione di dissesto.
Nulla di tutto ciò sul punto, per il quale la sentenza,invece, è netta e chiara. E vale farne diretta menzione, eccola. “L’approvazione della delibera sul dissesto non doveva essere preceduta dalla delibera di revoca del pre- dissesto, rappresentando una determinazione vincolata e ineludibile, una volta acclarato lo stato di decozione finanziaria ( n.d.r. decozione è il brutto il termine di gergo che corrisponde all’ incapacità funzionale) dell’Ente”. Si colloca in questa situazione la sequenza delle previsioni erronee che per se stesse svuotano e vanificano gli obiettivi del piano di risanamento pre–dissesto. Sono- si sottolinea- le previsioni di entrate prive di fondamento, di cui danno testimonianza diretta le attestazioni dei dirigenti di settore dell’amministrazione, nonché l’entità dei debiti dell’Ente di piazza Duomo per contenziosi pregressi che supera quella indicata nel piano di ri-equilibrio. Un quadro di negatività, in cui s’innesta l’impossibilità di procedere all’incremento del gettito erariale che è già al massimo a carico dei cittadini, responsabilmente rispettosi della legalità fiscale e tributaria verso lo Stato, la Regione, la Città metropolitana e l’ Ente–Comune.
La sentenza va oltre- e le ricomprende, ovviamente- le previsioni erronee del piano di ri–equilibrio, eccependone e contestandone la lunga durata negli anni, con tutti i vincoli e condizionamenti che ne derivano. “Di fronte all’impossibilità di risanare strutturalmente l’Ente in disavanzo, la procedura del pre -dissesto non può essere procrastinata in modo irragionevole, dovendosi necessariamente porre una cesura con il passato, così da consentire ai nuovi amministratori di svolgere il loro mandato senza gravose eredità”. Come per dire, via libera al default, fissando la linea di discrimine tra la realtà di ieri mal gestita o gestita con superficialità, e quella presente rispetto alla quale gli amministratori sono chiamati a porre in atto capacità di buon governo nella trasparenza, con i bilanci in regola e sotto costante controllo, rispettando il mandato fiduciario conferito dai cittadini.
Partita chiusa con la sentenza del Tar di Napoli? Interrogativo d’obbligo, con risposta negativa quale reazione immediata dei ricorrenti, che hanno annunciato la presentazione di un altro gravame al Consiglio di Stato, per far valere le loro istanze che, per quel che si comprende, ruotano sulla validità del piano di risanamento pre–dissesto. Una scelta del tutto comprensibile e certamente legittima, senza alcun dubbio. Resta, tuttavia, il punto di domanda su quale possa essere il ritorno in positivo per i cittadini, il cui notevole carico fiscale- il più alto nell’intera area intercomunale nolana- è destinato, però, a restare inalterato ancora a lungo.
Di certo, quale che siano gli sviluppi della vicenda, a Palazzo di città c’è solo da ben programmare e fare, non sono ammissibili passi falsi. Una prospettiva di percorso lineare, a cui guarda il sindaco Gaetano Minieri.