L’intervento di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anti-corruzione,ha segnato la conclusione del trittico delle riflessioni pubbliche sviluppate nella Chiesa-Agorà dei Santi Apostoli dai conflitti medio-orientali agli Anni di piombo vissuti in Italia sotto la sferza del terrorismo politico e alla cultura della responsabilità civica diffusa quale anti-corpo ai fenomeni corruttivi che attraversano la società. La legalità è parola vuota e insignificante se non si salda con la pratica della responsabilità etica e civile. Focalizzati i profili del Bene comune nelle coordinate della Carta costituzionale, evidenziate le “debolezze”della legislazione-Bassanini e rilettori puntati sul sistema degli appalti pubblici per l’esecuzione di opere, forniture e servizi.
Gianni Amodeo
E’ parola vuota, abusata e strumentalizzata all’eccesso nelle più svariate circostanze ed iniziative. E’ la parola–legalità, la cui pronuncia ri-suona spesso di orpelli enfatici e banale retorica, quando addirittura non echeggia di falsità proprio rispetto ai comportamenti correnti ed usuali di coloro che la pronunciano e se ne fanno assertori, non avendo un proficuo rapporto con lo spirito delle leggi e le istanze dei meriti sociali. Ed,invece, la legalità ha compiutezza di significato, se si coniuga e declina nella pratica della quotidianità soprattutto con i valori della responsabilità per i ruoli e le funzioni pubbliche che si adempiono; quella responsabilità etica e civile, che non va disattesa né tradita, avendo quale guida e stella polare sia il primato del bene della società nell’equilibrio e bilanciamento dei poteri e delle funzioni dello Stato, sia i valori delle libertà personali nella giustizia.
E’-questo- il senso del nucleo centrale della conversazione, ispirata dalle domande del pubblico, e sviluppata con corposa efficacia discorsiva da Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale dell’anti-corruzione, nella Chiesa-Agorà dei Santi Apostoli, proprio sulle problematiche dei fenomeni corruttivi, presenti e diffusi nella sfera pubblica e in quella privata, che investono la società e minano il tessuto della civile convivenza. Affermare e rivendicare la legalità in astratto, quale petizione di principio, non ha alcuna rilevanza, se non si sostanzia e nutre della responsabilità che vive sul discrimine in cui diritti e doveri s’incontrano e integrano, nel pubblico come nel privato. E sul punto tematico il magistrato innestava l’importanza concettuale del Bene comune, inteso, nella sua più vasta accezione, come quel complesso di Beni materiali e immateriali che rappresentano l’essenza stessa dello Stato e delle sue articolazioni, così come si configura e viene tutelata dai principi costituzionali. E’ il Bene comune, evidenziava Raffaele Cantone, a servizio della società, e che non può essere utilizzato a piacimento, osservando questo o quell’interesse privatistico, che svilisce e annulla il primato dell’interesse generale.
Altro passaggio di rilievo, era dedicato dal magistrato alla legislazione-Bassanini, con cui negli anni ‘90 notevoli ed importanti funzioni, competenze e soprattutto responsabilità sono state conferite agli apparati burocratici e alle loro sfere dirigenziali, sottraendole ai ceti politico-amministrativi. Il trapasso di responsabilità dall’ambito politico-amministrativo a quello delle burocrazie è stato concepito e qualificato dalle normative-Bassanini sulla scia degli anni del dopo– Tangentopoli, ritenute quali strumento di efficace contrasto alla corruzione della classe politica ed amministrativa specie degli Enti locali. Di fatto, è accaduto- e accade- che alle opportunità e alle condizioni generatrici dei fenomeni corruttivi nella pubblica amministrazione in generale come negli Enti locali sono esposte,in larga prevalenza, le burocrazie e le loro dirigenze per la somma dei poteri che esercitano per legge. Come dire che il problema-corruzione dal perimetro della classe politica è stato trasferito in quello delle burocrazie che con le loro modalità operative disattendono l’osservanza della responsabilità etica e civile verso il Bene comune, la società e lo Stato appunto.Un esito imprevisto della ratio della legislazione-Bassanini, mentre sarebbe opportuno e doveroso che in capo ai ceti amministrativi, portatori del mandato elettorale dei cittadini, fossero conferiti e riconosciuti precisi ruoli di diretta responsabilità politica nella programmazione e nella gestione dell’amministrazione pubblica.
Interessante l’analisi che Raffaele Catone riservava alle procedure per le gare d’appalto per le grandi opere e i lavori pubblici, forniture e servizi. Una ricostruzione sulle norme di ieri, di manica più che larga nel favorire la corruzione e indebiti arricchimenti a danno del Bene comune e dello Stato, ma anche sulle norme di oggi stringenti e vincolanti, meno eludibili. Una constatazione di plastica oggettività realistica, per evidenziare, nella fattispecie,come per le criticità applicative della legislazione-Bassanini, l’importanza del binomio legalità–responsabilità, quale anti-corpo strutturale alla corruzione.
Con la conversazione a presa diretta con il pubblico, animata dal presidente dell’Autorità nazionale anti-corruzione, Raffaele Cantone, si è concluso il ciclo degli incontri promosso ed organizzato dall’Istituto superiore di Scienze religiose “Duns Scoto”, in collaborazione con la Facoltà di Teologia dell’Italia meridionale. I precedenti incontri di riflessione sono stati connotati dagli interventi sia dell’arcivescovo Pizzaballa sui conflitti medio-orientali e sul ruolo delle religioni per la Pace, che di Agnese Moro e Adriana Faranda sugli anni del terrorismo politico in Italia, culminati con l’uccisione di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana. Un trittico di appuntamenti di pubblico discorso che ha fatto registrare la positiva partecipazione di cittadini e soprattutto di giovani. Un approccio di conoscenza degno di merito.