L’esperienza liturgica della Pasqua e i suoi significati sono al centro delle riflessioni del vescovo Francesco Marino nel messaggio indirizzato alle comunità diocesane. Si rapportano alla visione di San Paolo e alla testimonianza del Cristo risorto che svela il il misterioso valore della vita. E’ il misterioso valore, per il quale se il cammino dell’umana esistenza spesso è scandito dal dolore e dalla sofferenza, per essere segnato inesorabilmente dalla morte, c’è anche la Risurrezione a rinnovarne l’anima e l’essenza spirituale, che promana dalla professione e dalla pratica delle virtù teologali della Fede, Speranza e Carità, capisaldi della concezione cristiana.
di Gianni Amodeo
La chiave di lettura che aiuta a far dischiudere e comprendere il senso delle riflessioni, con cui il vescovo Francesco Marino identifica il messaggio indirizzato alle comunità della Diocesi nolana per la celebrazione della Pasqua, attinge con particolare rilievo alla visione di San Paolo; ed è la chiave che richiama lo “scandalo della Croce” quale segno e simbolo di morte da cui si genera la vita nella Risurrezione.
“Tutta la realtà- si legge- corre irrimediabilmente verso la morte: non c’è niente che possa sottrarsi alla decadenza; è una legge di natura. Ebbene, con la Risurrezione di Gesù – chiarisce il presule- Dio introduce nel degradare verso la morte, nella generale decadenza, un antidoto- per così dire- una corrente nuova e contraria che spezza e supera la logica della decadenza, coinvolgendo tutta l’esistenza umana”.
E’ la premessa, con cui Marino focalizza e traccia la connotazione dell’antidoto, il cui profilo di significato si esplica e manifesta nella simbologia delle piaghe aperte dai chiodi nel corpo martoriato e straziato di Gesù in Croce, espressione dell’umanità sofferente. E’ la simbologia, che, al di là della plasticità fisica, rispecchia e rappresenta le prove, con cui l’esistenza umana spesso deve misurarsi; prove fatte di tormenti, tribolazioni, dolore, malattie, morte. Un percorso, in cui s’innesta appunto lo “scandalo della Croce” che, alla luce dell’esperienza del Nazareno, permette di guardare alle prove dure che l’esistenza umana è chiamata a sostenere con occhi diversi dal modo, con cui erano concepite e immaginate prima di sperimentarle nella quotidianità del proprio vivere concreto.
Si prospetta così l’inscindibile rapporto- e il vescovo Marino richiama ancora San Paolo– che fa interagire e connette inscindibilmente l’ esperienza del soffrire e l’esperienza del risorgere, compiendo quella fusione di sintesi che per il cristiano corrisponde al ”vivere in Cristo” e in tutte le idealità che rappresenta e testimonia con la sua esistenza. E così la Croce, intesa come trasfigurazione di sofferenze, malattie e morte, non esiste più da sola, perché si associa e coniuga con la Risurrezione. Come dire che Croce e Risurrezione sono facce della stessa medaglia, chiosa il presule, conferendo compiutezza di senso all’umana esistenza.
Su questa traccia viene configurata la luce vivida della Fede, che si coniuga con la Speranza aperta alla vita e al futuro e la Carità quale donazione di sé e amore per il prossimo. E’ il trittico delle virtù teologali sulle quali il vescovo Marino si sofferma in altri e puntuali temi di riflessione, per coglierne le valenze di dinamica vitalità e rappresentarle come canali attraverso i quali “arriva fino a noi la forza della Risurrezione”. Sono passaggi meditati, che il presule evoca e e sottolinea con le parole di San Paolo, San Giovanni e San Pietro. E …”chi tiene aperti questi canali- scrive il presule- consente a Dio di entrare nella sua vita, nella vita della sua famiglia, nella comunità, nella società stessa, con la stessa forza che ha messo in atto per risuscitare Gesù. Quando tu credi, nonostante tutte le smentite, quando tu speri, contro ogni speranza, quando tu ami come ti ha insegnato ad amare Gesù – conclude Marino– tu partecipi alla Risurrezione”.