Nell’Antico convento di Santo Spirito presentato l’interessante e ben strutturato libro, che rivisita l’azione e la personalità del maresciallo maggiore delle Fiamme gialle, che nel 1945 morì, in Austria, nel campo di stermino di Melk , dov’era stato deportato dai nazisti per l’azione di soccorso e aiuto umanitario verso i profughi ebrei i perseguitati politici, favorendone la salvezza di vita con la fuga in Svizzera. Intervento del comandante generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo. Attenta partecipazione delle rappresentanze istituzionali territoriali e delle delegazioni degli istituti scolastici cittadini, con gli onori di ospitalità resi dal sindaco Geremia Biancardi e dall’assessore alle attività culturali, Cinzia Trinchese.
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Figura nella Galleria – non particolarmente estesa e ampia, composta in Italia da poco più di cinquecento persone- evocativa della memoria di quegli “ Uomini giusti tra le nazioni”, che connotarono la propria esistenza con sobrietà di stile, linearità di costumi etici e generosità di coraggio, coniugando la dimensione del privato con quella del pubblico e dell’osservanza dello spirito civico. E “Uomini giusti tra le nazioni” sono coloro che – per le benemerenze umanitarie acquisite nel contrastare la drammaticità della Shoah e riconosciute dalla Corte suprema dello Stato d’Israele – vissero la devastante temperie della seconda guerra mondiale e che, a fronte della perversa spirale nazi-fascista delle leggi razziali, culminate nell’orrendo genocidio degli ebrei, seppero professare e soprattutto praticare, con spirito di abnegazione di sé e somma dedizione, i valori della solidarietà, fino al sacrificio della propria vita.
E’ Luigi Cortile, nato nella città bruniana nel 1898 e morto nel 1945 in Austria nel campo di sterminio di Melk, dove era stato deportato per l’azione di soccorso ed aiuto, che aveva fornito ai profughi ebrei e ai perseguitati politici, favorendone la fuga in Svizzera e sottraendoli alla “caccia” che veniva loro data dai funzionari e agenti dei servizi polizieschi e militari nazi-fascisti; “caccia”, ch’era diventata assillante e capillare, dopo le vicende dell’8 settembre del 1943, segnatamente nei territori del Nord, strategicamente importanti anche per i presidi dell’industria bellica della Germania hitleriana, tenuti sotto il rigido controllo delle truppe tedesche. Ed erano i territori, sottoposti al governo-fantoccio della Repubblica sociale italiana, che diventeranno il teatro fosco e cruento della guerra civile, tra le milizie fasciste e i gruppi del Movimento di liberazione nazionale. Italiani contro italiani.
La coraggiosa attività umanitaria, in cui fu impegnato Luigi Cortile, si rivelò decisiva per la salvezza di un numero indeterminato di ebrei e perseguitati politici, con la sfida aperta verso il pericolo, fino a porre costantemente a repentaglio la propria vita. Una missione, tanto affine e simile alla straordinaria esperienza filantropica di Giorgio Perlasca, che a Budapest riuscì a sottrarre allo sterminio nazista migliaia di donne e uomini di religione ebraica. Una vicenda unica, quella di Perlasca, delle quale, come si sa, la conoscenza divulgativa si deve soltanto alle testimonianze delle persone che aveva salvato, quasi a far da contrappunto al pieno riserbo di colui che n’era stato l’artefice, ritornato alle normali attività di lavoro, dopo l’epilogo della guerra. Giorgio Perlasca riteneva che in terra ungherese aveva adempiuto un normale dovere di umana coscienza. Un normale dovere, che non esigeva né ostentazioni o rivendicazioni particolari.
Di certo, sono significativi i profili di umana esemplarità, con cui Luigi Cortile si è consegnato alla Galleria degli “Uomini giusti tra le nazioni”. Si era appena arruolato nella Regia Guardia di Finanza, quando, a diciannove anni, conobbe le vicende del primo conflitto mondiale, che sconvolse l’Europa con tragedie e atrocità infinite; vicende, che lo videro impegnato in terra balcanica. Negli anni ’30, Luigi Cortile è reggente dei servizi doganali a Clivio, in provincia di Varese. Un ruolo che assolse con spiccato senso del dovere. Poi si aprirono gli scenari della seconda guerra mondiale, la cui distruttività fu di spessore ben più ampio del conflitto del ‘ 15\18. E nell’Italia del dopo-armistizio del ’43, spaccata in due, Luigi Cortile, che non aveva aderito al fascismo né alla Rsi , entrò in rapporto con l’organizzazione umanitaria e di matrice cattolica, che a Clivio, si rapportava al parroco don Gilberto Pozzi, e con i gruppi del Movimento di liberazione nazionale. E’ il rapporto, con cui diventò efficace la rete di aiuto agli uomini e alle donne, per evitarne la deportazione nei campi di concentramento e di sterminio, disseminati nell’Europa, occupata dalle truppe della Germania nazista.
La vicenda biografica, la personalità e l’azione di Luigi Cortile, insignito nel 2006 della Medaglia d’oro al merito civile, sono raccontate con ricchezza di dettagli e documenti, con un buon corredo fotografico, nel libro di Gerardo Severino, capitano delle Fiamme gialle e direttore del Museo storico della Guardia di Finanza; libro, intitolato “Luigi Cortile, il buon doganiere di Clivio” e presentato nell’Antico Convento di Santo Spirito, con un folto parterre, formato dalle rappresentanze istituzionali del territorio e dalle delegazioni dei giovani degli Istituti d’istruzione superiore cittadini. Di rilievo, l’intervento del Comandante generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo, che sviluppava riflessioni analitiche sull’attualità delle “lezione di vita” di Luigi Cortile nell’aver saputo fare scelte dei giustizia e di amore per il prossimo, secondo lo spirito che deve improntare la civile convivenza e la democrazia; scelte di bene verso i deboli e di dedizione alla libertà. Il libro di Gerardo Severino – evidenziava Capolupo – è un eccellente testo, che rende un doveroso riconoscimento all’altruismo e alla generosità di Cortile.
A rendere gli onori di ospitalità il sindaco Geremia Biancardi, che sottolineava il patrimonio di valori e di ideali, incarnato da Luigi Cortile; patrimonio, che onora la città e di cui le giovani generazioni devono fare tesoro. E sull’importanza della conoscenza degli uomini, il cui pensiero e le cui opere illustrano la storia della città e del territorio, si soffermava l’assessore alle attività e ai beni culturali, Cinzia Trinchese. Un’esortazione, soprattutto per i giovani, a rapportarsi con la storia locale, quale riscoperta dell’identità culturale di appartenenza.
Il sigillo dell’iniziativa era espresso dall’artistico Giglio in miniatura, simbolo della città, donato dal “primo cittadino” al Comandante generale della GdF, Saverio Capolupo. Un atto d’omaggio per l’illustre ospite a testimonianza della Festa Eterna, che fa parte del patrimonio della cultura immateriale mondiale, sotto la tutela dell’Unesco.