“Terminata la lavanda, Gesù torna al suo posto e sa che lo aspetta la croce. E sa che Giuda lo ha tradito. Ma Giuda, come Caino, pur ‘segnato’ come colpevole, non è nella disponibilità degli altri uomini. L’attenzione dei discepoli è portata da Gesù non sull’errore del compagno ma su quella gloria che è anche salvezza, su quella misericordia che è anche giustizia. Questa era la bellezza da guardare, questa è la bellezza da guardare. Quella stessa bellezza che ci hanno tramandato i tanti testimoni, fino a quelli dei nostri giorni che, vittime innocenti, sono la feritoia di luce che irrompe nelle sale buie di questa nostra storia, le illumina, e ci invita ad affacciarci da queste ferite per vedere l’alba del giorno nuovo che non tarda a venire”.
Queste le parole conclusive del messaggio per la Pasqua del vescovo Marino. che tra pochi minuti presiederà la Messa Crismale durante la quale saranno consacrati gli oli santi e rinnovate le promesse fatte nel giorno dell’ordinazone sacerdotale. Ricordiamo poi, che sempre oggi, alle 19.00 poi, si svolgerà la Messa in Coena Domini durante la quale avrà luogo il gesto della lavanda dei piedi, raccontato nel Vangelo di Giovanni (Gv 13, 1-15). Domani invece, alle 18:30, avrà luogo l’azione liturgica della Passione del Signore. La veglia pasquale del Sabato Santo inizierà alle 22:30 mentre domenica mattina la celebrazione è prevista alle 11:30. Sia domani che sabato, alle 9:00, il vescovo Marino guiderà le lodi.
Il testo del messaggio:
L’annuncio della Risurrezione è il cuore della nostra fede. Un annuncio di gioia, della vittoria sulla morte, della sconfitta del ‘re di questo mondo’ resa possibile dall’aderire di Gesù alla volontà di Dio, dall’eterna risposta d’amore del Figlio al Padre. Dio ci mette sempre in condizione di essere pienamente uomini. Ma questa pienezza, in che consiste? Scoprirlo è seguire Gesù, è custodire i suoi comandamenti, il suo comandamento ‘nuovo’ (Gv 13,34): farsi testimoni dell’amore, per i fratelli,per gli amici.
Nell’ultima cena (Gv 13) Gesù si toglie il mantello e si cinge come un servo per compiere un gesto riservato ai servi, ma vietato a quelli ebrei: lava i piedi agli ospiti. Egli è un ‘maestro’, eppure non esita, anzi controbatte a Pietro che vorrebbe interrompere il rito da lui iniziato (cfr. A. DESTRO E M. PESCE, La lavanda dei piedi. Significati di un gesto evangelico, EDB, 2017). Nulla è impossibile a Dio, nemmeno compiere un gesto ‘sovversivo’ per indicare la strada della vita nel farsi umili, nello scendere dal posto ‘privilegiato’ per occupare quello degli ultimi. Quella sera, Gesù fece vedere ai suoi discepoli come avrebbero dovuto comportarsi in seguito, quando da ‘maestri’ avrebbero girato il mondo nel suo nome; lo mostra oggi a noi che, pensando di possedere la Parola, ce ne facciamo banditori esperti smettendo la veste del servo inutile fino ad assumere, alternativamente, quella di sovrani e di ispensatori di perle. Ma non è questo che ci viene chiesto.
Ci viene invece chiesto di fidararci del Signore e di quanti dopo di lui continuano a scegliere il bene, pur nella difficoltà del cammino; ci viene chiesto di non restare fermi al nostro posto con l’illusione di cambiare il mondo senza muovere un dito, ma di scendere dal piedistallo, perché il mondo si può cambiare solo con l’offerta generosa di sé; ci viene chiesto di non rispondere alle provocazioni del male additando i traditori, ma di operare la giustizia scegliendo la strada non scelta da questi, evitando che da traditori si trasformino anche in depositari di una tradizione da consegnare. Ci viene chiesto di guardare alla bellezza.
Terminata la lavanda, Gesù torna al suo posto e sa che lo aspetta la croce. E sa che Giuda lo ha tradito. Ma Giuda, come Caino, pur ‘segnato’ come colpevole, non è nella disponibilità degli altri uomini. L’attenzione dei discepoli è portata da Gesù non sull’errore del compagno ma su quella gloria che è anche salvezza, su quella misericordia che è anche giustizia. Questa era la bellezza da guardare, questa è la bellezza da guardare. Quella stessa bellezza che ci hanno tramandato i tanti testimoni, fino a quelli dei nostri giorni che, vittime innocenti, sono la feritoia di luce che irrompe nelle sale buie di questa nostra storia, le illumina, e ci invita ad affacciarci da queste ferite per vedere l’alba del giorno nuovo che non tarda a venire.
Francesco Marino, Vescovo