di Maurizio Barbato
Nel 1807 Giuseppe Napoleone promulgò la legge n. 36 per la soppressione degli ordini religiosi. A causa di questa legge a Nola vennero soppressi cinque dei nove monasteri che esistevano nel centro abitato. La città di quel periodo si presentava cinta dalle proprie mura difensive ed immersa nel verde del paesaggio delle colline e della campagna. La superficie intra moenia era occupata per circa i due terzi da strutture religiose.
Tra il 1807 ed il 1809, gli agenti demaniali, incaricati alla soppressione, abolirono cinque monasteri nolani, tra questi San Giovanni di Dio, dei Frati Ospedalieri, piccolo complesso “dedito ad affrontare le vicissitudini e a rispondere ai bisogni dell’opera.. situato verso il centro cittadino di Nola dell’estensione di circa 1000 palmi correnti, coverto a tetti, diviso in due lati, contenente 4 stanze sottane e sette soprane, …la Chiesa e la sagrestia,…un giardino di circa passi 300”.
Sebbene il Convento di via Remondini, sotto il titolo della “Pace”, venne riacquisito dal culto, la soppressione determinò un trauma per gli immobili religiosi colpiti, frammentandoli e interrompendo la continuità del proprio esercizio.
Santo Spirito, San Giovanni di Dio, San Paolino, San Giovanni Battista, San Francesco, i complessi monastici nolani aboliti durante l’ondata francese di soppressioni, le cui strutture, quando non riacquisite dal culto, divennero di proprietà privata.
Luoghi di arte, di storia e di cultura che dal momento della loro dismissione hanno vissuto circostanze travagliate, spesso rimasti in un limbo e ancora in attesa di un riconoscimento e di una rifunzionalizzazione.
Le lacerazioni determinate dalle leggi di soppressione, a distanza di due secoli, non sono state ancora rimarginate.
Proprio in queste ore si chiudono i termini per la presentazione delle osservazioni alla variante tecnica delle NTA che prevede un’apertura per gli interventi di demolizione e ricostruzione nel centro storico, ma che nulla prevede per il censimento degli edifici storici Nola, esponendo a eventuali interventi che possono pregiudicarne i caratteri storico artistici di questi immobili.
Gli investimenti privati sono principalmente focalizzati su interventi di demolizione e ricostruzione che garantiscano premialità volumetriche, nonostante il centro storico di Nola costituisca una potenzialità per determinare condizioni favorevoli per uno sviluppo urbanistico ed economico.
In molte città del bel paese gli edifici storici ed i monumenti rappresentano una ricchezza. Il restauro di monumenti, di strade, di edifici pubblici accompagnati da una seria programmazione, hanno generato le condizioni al contorno idonee per innescare un meccanismo virtuoso di riqualificazione urbana.
A Nola il settore ricettivo sembra poter costituire una valida alternativa. Il mercato è attratto dai costi più contenuti rispetto alle aree della costiera e della città metropolitana. Infatti, isolati casi di immobili storici restaurati e destinati a tale attività hanno risposto bene alle esigenze del settore, testimoniando, nel contempo, le potenzialità del centro storico. Ma occorre una programmazione urbanistica globale dell’antico nucleo urbano che realizzi un contesto organizzato e favorevole all’accoglienza.
In questa ottica il Monastero di San Giovanni di Dio rappresenterebbe un monumento la cui rifunzionalizzazione e valorizzazione sarebbe appetibile.
Oggi non può che restare appetibile solo in funzione delle sue potenzialità volumetriche.