di Antonio Fusco
E’ dedicata al medico chirurgo Alfonso Calabrese (Nola 1870 – Napoli 1912), ma i Nolani la chiamano da sempre For’‘o Salvatore. [1] Il toponimo popolare deriva da una chiesa dedicata al Salvatore e documentata nel sec. XV. Ambrogio Leone (1459 – 1525), che la cita più volte nel De Nola, asserisce che il sacro edificio era piuttosto antico rispetto ai suoi tempi (antiquiusculum), facendone supporre l’esistenza fin dal XII secolo ed un’origine monastica. Dalla piantina topografica bulinata da G. Moceto per il De Nola, si arguisce che la chiesetta si innalzava all’interno dell’insula urbana che delimita a Sud – Est la piazzetta, a destra del vicolo cieco, detto ‘ncopp’ ‘a funtana per la presenza di una fontanina pubblica. Nel corso dei secoli il sovrapporsi delle costruzioni abitative ha cancellato ogni traccia della chiesetta.
Lo slargo si fregia del titolo di piazza, sebbene in realtà consista in un’esigua area triangolare che si apre alla confluenza di quattro arterie cittadine: le vie Alberto da Nola, Giovanni Merliano e Luigi Tansillo; quest’ultima continua nel lato opposto col menzionato vicoletto cieco, che con evidente pendio conduce verso spazi aperti, occupati da orti e giardini che si trovano ad un livello più alto di vari metri rispetto al calpestio stradale, in quanto insistono su strutture murarie archeologiche della città romana. Resti di antichi muri sono venuti alla luce all’inizio del selciato nel vicoletto “ ‘ncopp’ ‘a funtana” e sotto lo spigolo sinistro del palazzo Meneghini Brancia. Altre strutture murarie e reperti archeologi sono a vista nei vicini palazzi Della Gala (Frammenti di colonne, epigrafi) e De Matteis (terme ?).
Nonostante la sua limitata estensione, la piazzetta del Salvatore riveste un ruolo notevole come snodo stradale, sia per il traffico veicolare sia per quello il transito dei pedoni. La sua rilevanza urbanistica, però, deriva principalmente dal fatto che essa è una tappa obbligata del tragitto storico di processioni e cortei. Nella sfilata pomeridiana della Festa dei Gigli, ne diventa un punto focale in quanto le pesanti guglie vi indugiano, per dare modo alle paranze che le trasportano a spalla di dare prova di resistenza, suscitando l’ammirazione ed il plauso degli spettatori, che vi si accalcano. Sempre in occasione della Sagra è la sede di una Giuria rionale che, il sabato precedente la vera e propria festa della domenica, dall’alto di una tribunetta, assegna ambiti premi ai Comitati che vi transitano e vi sostano in assordanti esibizioni. Da qualche anno vi si tiene anche la Festa dei Gigli dei bambini, che ne trasportano uno di dimensioni ridotte, adeguato alle loro forze.
Per la ricorrenza del Corpus Domini i residenti, con le piccole offerte in denaro sollecitate ai passanti, facevano allestire da valenti paratori un tosello, vale a dire un altare occasionale, decorato con drappi fregiati d’oro, davanti al quale si soffermava la teoria processionale per una breve liturgia comunitaria. Da qualche anno il tosello non si allestisce perché l’itinerario della processione non è sempre lo stesso. [2]
Il lato nord-orientale dello slargo è occupato dal breve fronte del dignitoso palazzo ottocentesco appartenuto ai Menechini Brancia. La lineare e stretta facciata presenta un ordine inferiore in cui si apre il portale d’ingresso, con un architrave che si raccorda in curva agli stipiti. Le uniche applicazioni plastiche, che ne movimentano leggermente le piatte superfici di piperno, sono rappresentate dallo stemma gentilizio, al centro dell’architrave, e da due piccole cornici, inserite appena sotto l’imposta, in cui sono plasmati due mascheroni apotropaici. Il primo piano, delimitato da spigoli segnati da bugne a pettine, accoglie il balcone di rappresentanza, che poggia direttamente sull’architrave del portale, dividendo in due la modanatura marcapiano; più in alto, in asse con balcone e portale, s’inserisce un altro vuoto rettangolare di minore ampiezza.
Sulla quinta occidentale si allineano alcuni palazzetti, di tipologia otto – novecentesca. In quello centrale, di stile eclettico anni ’20, nacque il chirurgo titolare della piazza; a ricordo dell’opera e dei meriti, sulla facciata fu affissa nel 1927 una targa marmorea con il seguente testo:
Separati dal citato violetto cieco, i due caseggiati orientali presentano prospetti più lineari in quanto rifatti con lunghe balconate; vi si nota ancora la cornice di stucco dell’edicola votiva ottocentesca con l’icona dell’Immacolata, quasi del tutto abrasa, certamente salvata dalla sua sacralità.
Tra i personaggi storici della piazzetta, una menzione merita il cav. Achille Dubbioso che fino al 1982 ha gestito il bar 8 e 9 ’o Salvatore, notissimo per la produzione e la varietà di gelati artigianali: coni, deliziose, maraschini, baci, imperiali, meravigliose, limoni, cannoli, spumoni, biscotti albanesi. Una ricca ed ampia gamma di prelibatezze con il solo imbarazzo della scelta.
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[1] Il funzionale prepositivo fore( for’) non deriva da forum nel significato lato di area plateale, ma dalla forma avverbiale latina foris, che “strictu sensu …..ad statum in loco pertinet (Cfr. E. Forcellini – Lexicon rotius latinitatis ).
[2] Ancora negli anni Sessanta questo effimero altare si allestiva in Piazza Marconi.