In questi giorni ci siamo posti, spesso e con forza, la domanda di cosa in realtà poi fosse e rappresentasse il Partito Democratico in provincia di Avellino. Sulle prime ci è venuto da dire che il PD rappresentava una “speranza”, nella quale all’indomani della fine dei partiti tradizionali, chi aveva già militato e contribuito ad essi poteva ritrovare le ragioni dell’impegno e chi invece si avvicinava per la prima volta alla politica le trovasse.
Non è stato semplice costruire il PD ad Avellino ma, circa un anno e mezzo fa, con la celebrazione del Congresso provinciale sembrava che si fosse finalmente riusciti nell’intento. Il Congresso, arrivato a conclusione di una riflessione sofferta ma profonda, convinse tutti che il Partito Democratico era in grado di ospitare appartenenze e sensibilità diverse e sintetizzare il pensiero di ognuno nel pensiero di tutti. In quel congresso emerse la figura di Carmine De Blasio un giovane sul quale abbiamo riposto aspettative e speranze circa la tenuta del clima di cordialità e solidarietà che si era venuto intanto a creare.
L’onestà intellettuale del segretario, la freschezza del nuovo gruppo dirigente facevano ben sperare circa il cambiamento di rotta che il partito avrebbe dovuto fare dopo le diverse divisioni ed incomprensioni. Ma, come per un maleficio, in questo anno e mezzo l’impegno e il lavoro del segretario e della segreteria è stato puntualmente vanificato e scoraggiato ad ogni competizione elettorale indipendentemente se l’epilogo di queste sia stato positivo o negativo.
Le competizioni elettorali da sempre rappresentano un momento ed un luogo dove la proposta politica raggiunge gli elettori attraverso le gambe dei candidati, trasformando, l’aspirazione di questi ultimi, mediante il consenso, in ruolo di Governo. Tralasciando le storture di un sistema elettorale regionale con molti limiti per la possibilità di cooptazione, non sempre ciò che si esprime in termini politici ha la forza di rendersi come pensiero dominante.
In questa ultima tornata elettorale, quella regionale per intenderci, a vincere è stato chi non è andato a votare ma ha vinto ad un prezzo molto alto mortificando lo strumento democratico, travolgendo il sistema tradizionale di fare politica e aggiungiamo, con un po’ di stupore, anche la freschezza del “nuovo” che poco ha inciso su un risultato che è stato al di sotto di ogni peggiore previsione, in provincia come a livello nazionale. Quando termina la fase elettorale, tuttavia, ne comincia subito un’altra che “dall’analisi deve portare alla sintesi” (avrebbe detto Dorso), una sintesi che non può essere la semplice ricerca della responsabilità del singolo.
Per sottrarci a questo nuovo “maleficio” dovremmo provare, quindi, ad essere onesti e lucidi sottolineando che le responsabilità di quanto accaduto sono in capo all’intero sistema politico provinciale che, pur comprendendo cosa stava avvenendo nel proprio elettorato, ha scelto di spendere le proprie energie per l’affermazione di un’area, sensibilità, corrente rispetto ad un’altra.
Non condividiamo questo modo di agire sia politicamente che umanamente. Anzi lo biasimiamo con forza e vigore. Non si può immaginare di battere l’indifferentismo alla politica mettendo davanti la contrapposizione personale semmai contrapponendo le idee, confrontandosi sulle soluzioni ai problemi attraverso quel sacrosanto strumento che è la discussione.
Rilanciare l’azione politica significa essere in grado di contemperare ciò che è stato, la nostra storia, le nostre idee, il pensiero politico con la necessità di guardare il futuro con gli occhi di un bambino colmi di speranza, di aspettative, di voglia d’essere e di fare. La saggezza, la conoscenza, la storia sono i tre pilastri dove la nuova classe dirigente si deve reggere e riteniamo che non possa esserci riconoscimento maggiore se non quello del rispetto e della lealtà ad un’area politica del Partito Democratico che si è sempre spesa per i territori anche oltre le sue possibilità.
Quella che si prospetta oggi è una prova di responsabilità e di maturità politica dal cui esito dipenderà il futuro del PD in Provincia ed il futuro dei nostri territori. Guardare avanti dunque attraverso il gruppo dirigente allargando alle nuove generazioni ma anche all’ingresso di cittadini che sono sui territori che credono nel Pd e in quello che rappresenta, una forza riformista e progressista capace di fare ciò che pensa, è il compito che affidiamo al segretario.
Comprendiamo dunque e sosteniamo le ragioni della proposta del segretario che ha l’esigenza di portare avanti un ragionamento costruttivo e capace di inglobare in esso il tutto, e d’altra parte, condividiamo la sua esigenza di farlo aderendo alla autonomia che il ruolo gli impone.
Allo stesso tempo crediamo che in questa fase sia necessario capitalizzare e rilanciare il patrimonio elettorale e culturale della sensibilità politica in cui ci riconosciamo partendo da un’azione di contatto quotidiano con i territori, ascoltandoli e accogliendone le istanze.
Siamo consapevoli che non è tanto importante quello che si è ma quello che si rappresenta per le nuove generazioni uniche custodi della legittimazione e concretamente impegnate a trasformare il pensiero in azione.
E per questo che ci candidiamo ad essere portatori sani di valori a chi li vorrà ereditare.
Dall’esecutivo provinciale PD- Nota congiunta di:
Chiara Cacace
Michele Ferrante
Nancy Palladino
Nando Zoina