Dopo la l. 219 del 2012 di unificazione dello status dei figli, un’altra importante riforma che ha interessato il diritto di famiglia, è quella che quest’oggi è stata approvata dalla Commissione giustizia della Camera dei Deputati, e che introduce importanti novità sia in relazione allo scioglimento del matrimonio che alla comunione tra i coniugi, introducendo il “divorzio breve”. La novella modifica la previgente l. 898/1970 e che prevedeva una separazione di tre anni a decorrere dall’udienza presidenziale, mentre con la nuova disciplina, sarà possibile che il dies a quo coincida o con il deposito del ricorso o con la sua notifica, qualora presentato da un solo coniuge.
E’ importante inoltre, la previsione di scioglimento della comunione che rappresenta la logica conseguenza del provvedimento che il giudice emette, autorizzando i coniugi a vivere separati o che viene disposta alla sottoscrizione della separazione consensuale; tale intervento favorisce la celerità e la speditezza del processo, considerato che allo stato, la domanda di divisione dei beni può essere presentata solo quando l’accordo è stato omologato o quando è diventata definitiva la sentenza di separazione.
La novella, che è immediatamente applicabile, è suscettibile di essere applicata anche ai procedimenti in corso, avendo efficacia retroattiva.
Certamente, il legislatore aveva il dovere di addivenire a tali modifiche, quanto meno per rendere uniforme al resto dell’Europa la tempistica del divorzio.
La struttura della l.898 è stata modificata quasi integralmente e non poteva essere diversamente dopo più di quarant’anni; la società è in continua e repentina evoluzione ed anche il concetto di famiglia non è più vincolato all’unico, tradizionalmente recepito di famiglia nucleare, essendo urgente la predisposizione di un sistema giuridico che tuteli anche le unioni di fatto e con esse, quelle omosessuali.
In conclusione, è da salutare senza dubbio positivamente la riduzione dei termini di “attesa” e che troppo spesso rappresentano invece l’anticamera di ulteriori e feroci conflitti, ma dall’altro canto, non bisogna pensare che tale circostanza possa inficiare la natura e l’essenza stessa del matrimonio, la cui caratteristica essenziale è rappresentata dall’indissolubilità del vincolo.
Il matrimonio deve comunque rimanere il punto fermo e la strada da percorrere in alternativa all’unione di fatto, che proprio in quanto differente dal matrimonio, sarebbe auspicabile, rappresentando la separazione, a mio avviso, solo l’extrema ratio e non la soluzione più semplice ed immediata.
Presidente Avv. Tiziana TOMEO