di Carmine Magnotti
Il dono non è scambio. L’equazione indebita tra scambio e dono. Lo scambio è un do ut des, per il quale lo scopo, alla fine, è il profitto proprio alle spese di qualcun altro. Il dono è unilaterale, ed è mosso dal desiderio del benessere dell’altro. Ci sono contraccambi del dono, come la gratitudine, ma non sono essi il movente: casomai ciò che arriva in più perché il dono sempre genera, trabocca, eccede il dovuto e regala il nuovo.
Il dono deve essere innanzitutto disinteressato e autentico e non necessariamente materiale. Infatti, possiamo donare parte del nostro tempo libero, impiegandolo ad andare a far visita ad un ammalato o a uno dei tanti vecchi negli ospizi malati di solitudine che è il peggiore dei mali perché è la causa della depressione e di altre infermità mentali. Molti trascorrono il loro tempo libero, lavorando con dedizione e spirito di volontariato nelle mense e negli ospizi gestiti dalla Caritas.Compiono un’opera altamente meritoria, donandosi agli altri.
Oggi le povertà sono tante e altrettante sono le occasioni di donare e risollevare e consolare. Si prende a prestito il linguaggio del dono per parlare dello scambio. Cosi, per esempio, l’utero in affitto viene giustificato come la possibilità di “donare” a una donna sterile la possibilità di diventare madre (se può pagare). E’ falso. Questo è uno scambio, non un dono. E la stessa logica del commercio di organi, attorno alla quale sta nascendo un business sulle spalle dei più poveri. Dopo la biopolitica, la regolazione disciplinare della vita biologica da parte del potere, si afferma il biomercato: la vita umana, che è unità pro fonda di corpo e spirito ragione, sensorialità e sensibilità viene ridotta alla dimensione materiale, fatta a pezzi e venduta a chi può permettersi di comprare. Non lasciamo che venga chiamato dono. E custodiamo la verità di questa parola.