Il prodotto principe della dieta mediterranea deve essere tutelato contro il rischio di omologazione e l’abbassamento della qualità dei prodotti agricoli derivanti dal CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) tra Europa e Canada. È il commento di Coldiretti Campania dopo la pubblicazione dei dati sul consumo mondiale di olio extravergine d’oliva da parte di Unaprol sulle stime dell’International Olive Council.
“Siamo il Paese della biodiversità – afferma David Granieri, presidente di Unaprol – e quindi nettamente contrari all’accordo CETA, perché non è nei migliori interessi dell’Italia”. Il tutto avviene mentre i consumi di olio di oliva sono in diminuzione. Secondo i dati del Consiglio Oleicolo Internazionale di Madrid, negli ultimi dieci anni il consumo dell’olio di oliva in Italia è calato di oltre 200 mila tonnellate. A fare compagnia al nostro tricolore vi sono, nello stesso periodo, Spagna con –100 mila tonnellate e Grecia. Quest’ultima ha perso il 22% scendendo a 120 mila tonnellate all’anno.
“Il rapporto con il cibo ha un enorme valore sociale – commenta Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale – che viene del tutto sottovalutato nell’elaborazione di proposte commerciali come il Ceta. Il calo dei consumi di olio extravergine e un accordo al ribasso sono un mix letale per un modello alimentare che è nato nella nostra regione, la dieta mediterranea. Quello che il medico statunitense Ancel Keys rilevò nella prima metà del Novecento durante i suoi studi nel Cilento furono gli effetti benefici di questo stile sulle patologie cardiovascolari. E proprio l’olio d’oliva è il prodotto totem della dieta mediterranea. Insidiare questo patrimonio secolare spingendo la cultura dell’omologazione significa fare un salto indietro economico e culturale. Gli effetti negativi non si scaricano solo sull’agricoltura ma anche sulla tutela del territorio e sulla salute dei consumatori”.
Per valorizzare la distintività delle produzioni della regione – annuncia Aprol – sarà presto disponibile una nuova bottiglia con il marchio dell’associazione dei produttori olivicoli della Campania. Un’iniziativa che servirà a contrastare il fenomeno della concorrenza sleale, che spesso spaccia per extravergine prodotti di qualità inferiore e di provenienza incerta. L’obiettivo è anche costruire un packaging che trasmetta valori e contenuti ai consumatori.
Nel mondo l’86% dei consumatori – conclude lo studio di Unaprol – sa cos’è l’olio extravergine di oliva e una media del 72% sa che l’Italia è uno dei paesi produttori. Inoltre, nella misurazione della notorietà tra i paesi produttori di olio di oliva, l’Italia è prima in classifica nel mercato globale. “L’accordo CETA però, continua Granieri, mischia le carte e crea confusione tra i consumatori perché avranno più difficoltà a distinguere prodotti originali da quelli con nomi simili agli originali e di fantasia che evochino anche una certa italianità. Questo non è corretto – ha poi concluso – perché non si può sostenere la globalizzazione a spese dell’olivicoltura italiana che è basata sul concetto di biodiversità e di glocalizzazione dei territori di produzione”.