“Sono profondamente indignato per le parole che ho ascoltato nell’ultimo proclama del governatore della Campania Vincenzo De Luca. Lo sono innanzitutto perchè il sottoscritto, come tanti altri giovani campani qui al Nord, ormai da qualche mese non può più tornare a casa. Così mentre lei, caro De Luca, trascorreva le festività in famiglia, magari con una delle sue famose fritture, noi eravamo soli e in città che sono ancora sotto attacco di questo nemico subdolo che ha strappato all’affetto dei suoi cari migliaia di persone. Non siamo tornati a casa perché ci sentiamo responsabili, innanzitutto verso i nostri paesi e verso le nostre famiglie. Avrei potuto prendere il treno nella notte della grande fuga. Ma come tantissimi ho deciso che non era una scelta giusta. L’ho deciso da febbraio, quando ancora lei, caro De Luca, non era preso dal sacro fuoco del lanciafiamme e si ricorderà bene, aveva addirittura intenzione di continuare a svolgere il famoso Concorsone. Si, perché era più importante come ancora oggi purtroppo lo è per lei la clientela. Il virus non poteva fermare la sua corsa verso il bis. Oggi sta usando il sacrificio di centinaia di campani che sono rimasti responsabilmente a casa e lontani dai loro paesi e dalle loro famiglie per evitare ogni problema e consapevoli già da febbraio, quando lei imitava Johnson, che questa era una scelta di responsabilità. Si concentri a governare la sanità senza fare proclami e dando invece risposte ai territori. La smetta di usarci come spot della sua triste campagna elettorale. Rispetti chi ha preferito con grande senso civico di non tornare, anche per non passare come gli “untori” di manzoniana memoria”. (Giuseppe Rubinaccio)