E’ allarme in alcuni istituti scolastici del baianese dove alcune mamme denunciano casi di pediculosi, che non è altro il termine che definisce l’infestazione della testa dell’uomo da parte dei pidocchi. Purtroppo però in questi casi nulla possono fare i dirigenti scolastici.
Non sono previsti certificati o controllo periodici. Le Asl e le maestre possono solo dareconsigli ai genitori per cercare di evitare il dilagare dei parassiti sulle teste dei bambini.
Se l’incubo ricomincia a ogni inizio anno scolastico (ma anche alla fine, complice il caldo umido che ne favorisce la proliferazione), altrettanto puntuale monta l’indignazione: è possibile che con tutti i sistemi che esistono per debellarli la diffusione dei parassiti non si arresti? In realtà quando si manifesta, il genitore dovrebbe avvertire la scuola, che manda una comunicazione a tutte le famiglie, con indicate le procedure per la prevenzione o il controllo. Nei casi più «resistenti» vengono coinvolte le Asl, che possono organizzare un incontro aperto per spiegare come intervenire. E che, per esempio, non è necessario che il bambino sia tenuto a casa fino alla fine del trattamento (che va ripetuto a distanza di 7-8 giorni): dopo la prima applicazione, può tornare in classe, evitando così che al prurito si aggiunga la perdita delle lezioni o, peggio ancora, la vergogna per un problema tanto diffuso quanto «democratico».
L’impegno della scuola può essere soltanto questo, cercare di prevenire il fenomeno. Non esistono altri provvedimenti da adottare. Non è previsto nemmeno che il bambino rimanga a casa, e che rientri con un certificato medico, come invece accadeva in passato.
Scuola e Asl non possono controllare i bambini in classe. Nè possono allontanare i piccoli infestati dai pidocchi. O obbligare i genitori a fare i trattamenti (che magari, per qualcuno risultano troppo dispendiosi o potrebbero provocare allergie). Le soluzioni? Poche le regole base: attenti agli abbracci «testa contro testa»; a non ammucchiare maglie e giacche sugli attaccapanni fuori dall’aula o sulle panche degli spogliatoi della palestra, per esempio. O non scambiarsi oggetti personali quali pettini, nastri, fermagli, cuffie o cappellini. L’ideale, anzi, sarebbe che ogni bambino avesse un suo armadietto personale dove riportare giubbotti, sciarpe e berretti: tutti «mezzi di trasporto» d’elezione per i pidocchi.
I bambini che frequentano scuole con focolai di pidocchi dovrebbero essere controllati due volte alla settimana. Come? È necessario procedere ad un esame paziente ed accurato dei capelli, magari aiutandosi con un pettine a denti stretti, per verificare se ci sono gli animaletti (che però possono sfuggire all’osservazione) e soprattutto se sono presenti le uova, piccoli puntini biancastri dalla forma allungata localizzate a qualche millimetro dalla base del capello. Al contrario della forfora che si elimina con facilità le lendini, grazie ad una particolare sostanza adesiva, appaiono saldamente attaccate ai capelli.