Dopo la fine dell’esperienza amministrativa, in questi giorni una parte di politica pomiglianese si è dilettata in ricostruzioni fantasiose, offensive e assolutamente false sui motivi delle scelte che abbiamo operato. Di queste gli autori risponderanno in un’aula di tribunale, facendo nomi e cognomi, e riportando i veri fatti e le reali circostanze.
Fa sorridere che queste stesse persone che oggi si professano difensori dell’amministrazione e della città, in realtà basino sulla sua gestione più che decennale non solo le proprie personali fortune, ma anche quelle di parenti ed affini, tutti stabilmente collocati in aziende comunali, dove da anni fanno il loro bello e cattivo tempo. Il loro potere, arrivato fino in Giunta, è figlio del ricatto del consiglio comunale e del numero legale, dinanzi al quale, al mezzuccio, all’inciucio, c’è chi ha abbassato la testa e ha obbedito. Capo chino mentre la città sprofondava nel malessere, ed a chi rivendicava più peso per le istituzioni, si rispondeva con il teorema del giustizialismo e del retropensiero. E nel frattempo la dignità di lavoratori e professionisti veniva calpestata senza colpo ferire. Mi sono chiesta spesso in questi anni se legalità significasse paura, immobilismo, non fare. Se avere un proprio libro paga con personaggi intoccabili ed irremovibili a prescindere senza che producessero per la città alcun risultato, lasciando che ricoprissero con instabilità e scarsa professionalità posizioni di potere utilizzate per predicare uguaglianza e praticare disparità di trattamento, per professare giustizia ma concretizzare vendetta, fosse non solo lecito ma unica soluzione per andare avanti.
Questo è il clima in cui abbiamo lavorato per due anni. Ciononostante, non ci siamo risparmiati nel proporre ed approvare provvedimenti concreti: una rivoluzione per la polizia locale con un comando moderno e con più agenti dotato di telecamere intelligenti e sensibili nei luoghi della movida, la forte attenzione sui beni confiscati alla camorra e l’istituzione dell’osservatorio civico con l’acquisizione al patrimonio comunale di beni sequestrati da ridestinare ad uso sociale, l’internalizzazione dei servizi sociali e l’apertura del centro di aggregazione minorile.
Questi sono i fatti. Il resto è fantasia, storie inventate da chi cerca senza sosta di screditare l’avversario, senza proporre soluzioni ai problemi reali di Pomigliano e dei pomiglianese, cercando una vana visibilità e vanagloria.
Noi abbiamo avuto il coraggio di combattere dall’interno questa cancrena che ha avvelenato la nostra città, fino allo stremo delle forze. Arrivati al punto di non ritorno, siamo stati costretti a prendere la più dolorosa delle decisioni: ridare la parola ai cittadini che liberamente, con il proprio voto, decideranno chi governerà.
C’è una regola che non bisogna mai disattendere: se si hanno capacità e numeri, si governa. Altrimenti si va a casa. E questo resta nostro pensiero e nostra scelta convinta. Delle posizioni altrui, invece, c’è molto di cui diffidare. Diffidiamo di una sinistra a corrente alternata, che difende solo alcuni diritti e vede negli altri complotti e malaffare, mai concreta e senza soluzioni: una sinistra perdente. Una sinistra incoerente, che grida alla cementificazione e poi non vota il Piano Urbanistico Comunale, che parla di onestà e trasparenza e poi scappa dall’aula se c’è da garantire il numero legale per approvare aiuti alle famiglie indigenti. Diffidiamo dai profeti, da chi sa sempre tutto ma non si sporca mai le mani, che sta sempre un metro più in su ed una spanna più in là dai problemi e dai bisogni reali della gente. Compassione e tenerezza per chi non ha saputo percepire l’importanza di essere a capo di una città importante come Pomigliano, un’esperienza che non era nella sua storia e non è mai stata a sua misura.
Diffidiamo tutti della giustizia postuma, del livore di chi è stato mandato a casa prima dalla sua stessa inadeguatezza, poi dalla sua maggioranza. Inutile urlare oggi al marcio e al complotto: i poteri ‘forti’, ma anche quelli più ‘deboli’, non vanno ripudiati e criminalizzati il GIORNO DOPO.
Questa posizione ignava non solo non ha riscontri reali, ma ha finito soltanto con lo sporcare l’immagine di Pomigliano d’Arco, con il fango giustizialista che tutti, una certa sinistra soprattutto, dovremmo ripudiare.
Ora è arrivato il tempo del fare, del saper fare e fare bene. Bisogna avere un’idea, una visione, un progetto che cammini sulle gambe delle donne e degli uomini giusti e competenti di questo tempo. Abbiamo chiesto e vogliamo, innanzitutto come cittadini, una città pulita,
sicura, salubre, con serie prospettive di sviluppo. Vogliamo una città a misura di bambino, di famiglia. Vogliamo una città che guardi agli ultimi come parte di un sistema integrato che non lascia indietro nessuno. Vogliamo una città che non abbia paura.
Per questo occorre una politica concreta ed onesta. Occorrono donne e uomini capaci, di Pomigliano e per Pomigliano.
Questo è il fine primo ed ultimo di ogni azione. Il resto è benzina sul fuoco del sospetto e dell’inconsistenza dinanzi al quale il dovere è resistere e reagire. Adesso, insieme.
Marianna Manna