Pomigliano D’Arco: don Peppino Gambardella, parroco di San Felice in Pincis, la più importante parrocchia di Pomigliano, decide di denunciare alla Procura di Nola i sedicenti autori anonimi di manifesti fatti trovare nei pressi della sua chiesa, accusandolo di “pretendere” soldi in cambio dell’elargizione di sacramenti. Stesse accuse, sempre anonime, sul web. Interviene il vescovo di Nola definendo queste accuse infondate e di “cattivo gusto”. In realtà don Peppino, d’accordo con i vice parroci e consiglio pastorale, stabilisce che le offerte, non obbligatorie, vanno erogate con bollettino postale o bancario. Una decisione presa per la trasparenza e la praticabilità del denaro. “Nessun obbligo, perché i sacramenti sono gratuiti”, come detto ultimamente da Papa Francesco al clero romano. Don Peppino è considerato anche da chi lo conosce bene un prete scomodo. Nella chiesa i parroci che agiscono e parlano liberamente sono sempre di meno. Il parroco originario di Visciano spesso si è schierato dalla parte dei più deboli: dai lavoratori della Fiat di Pomigliano cassintegrati, agli immigrati. Si é battuto contro il racket e l’usura creando un associazione proprio a Pomigliano con Salvatore Cantone e Tano Grasso. Essere al fianco degli indifesi e denunciare i corrotti, come avvenuto tempo fa, ci si fa molti nemici. A Pomigliano il 31 maggio si vota per le comunali e forse gli autori di questi strali temono che il loro parroco faccia la sua parte di pastore per liberare la città da fenomeni come la corruzione e sia per i beni comuni. Nicola Valeri