La vicenda
Poste Italiane ha riconosciuto il diritto di un risparmiatore, residente in un Comune della Provincia di Avellino, a riscuotere somme aggiuntive, pari a oltre 50.000 euro, rispetto agli importi inizialmente percepiti dal medesimo.
Al risparmiatore, titolare di buoni da 2.000.000 e 1.000.000 lire, emessi nel 1989, non erano stati pagati integralmente gli interessi riportati nel retro dei titoli.
E questo a causa di una modifica dei rendimenti risalente al 1986, precedente alla loro sottoscrizione, e di un timbro che Poste aveva messo sopra la tabella, la quale riportava un generico avviso di modifica dei rendimenti dei buoni.
L’adempimento spontaneo di Poste
La decisione delle Poste Italiane – dopo il contenzioso avviato dagli Avvocati Fabio Scarmozzino del Foro di Torino e Stefano Vozella del Foro di Avellino – ha sancito sostanzialmente la prevalenza di quanto riportato sul buono rispetto alle modifiche apportate con decreto ministeriale prima della sottoscrizione dello stesso.
Poste ha implicitamente riconosciuto la mancata comunicazione dei nuovi rendimenti e l’insufficienza del timbro apposto che riportava solo un avviso legato alla possibile e futura modifica dei rendimenti e dell’applicazione della ritenuta fiscale.
Le conseguenze
Così il risparmiatore è riuscito a farsi riconoscere oltre 50.000,00 euro in più rispetto a quanto inizialmente corrisposto da Poste.
Si tratta di un importante precedente per le migliaia di titolari di buoni postali che in questi anni, passati i trent’anni dalla sottoscrizione, ottengono importi inferiori rispetto ai rendimenti scritti sul buono.
E’ importante che i possessori di buoni emessi dopo il giugno del 1986 facciano controllare questi titoli, per capire se esiste il diritto a ottenere un importo maggiore rispetto a quanto determinato da Poste, e questo anche se il buono sia già stato incassato.