Il figlio del fondatore sulla laurea in Albania che secondo l’accusa sarebbe stata pagata con i soldi del partito
“Ho saputo della mia laurea in Albania solo dopo questa indagine”. Renzo Bossi, detto il Trota, si fa interrogare nel processo in cui è imputato per appropriazione indebita assieme al padre Umberto e prova a difendersi da tutte le accuse, compresa quella di avere acquistato un titolo di studio presso l’Università Kristal di Tirana coi soldi pubblici della Lega. Laurea documentata nell’inchiesta ‘The family‘ e della quale il pm Paolo Filippini gli chiede conto dopo che nelle dichiarazioni iniziali previste per legge, sul titolo di studio si era definito ‘diplomato’. “I documenti sulla mia laurea li ho visti solo quando sono stati pubblicati durante l’indagine – afferma il ragazzo – e sono rimasto perplesso prima di tutto perché la data di nascita scritta sul diploma di laurea è sbagliata”.Bossi junior spiega di non aver “mai saputo” che l’ex tesoriere e coimputato Francesco Belsito si fosse attivato per fargli conseguire il titolo di studio. “Dopo il diploma parlai in famiglia della mia volontà di andare a fare l’Università in America per completare gli studi e poi tornare e dare alla causa del partito quello che avevo imparato ma poi sono entrato in Consiglio regionale, vivevo tra la Lega e il Consiglio, e non mi sono più posto il problema”.
Nella sua deposizioni Bossi junior esclude “di aver mai chiesto soldi a Belsito perché non ne avevo motivo. Non ricevevo alcuna indennità ma semmai, come tutti gli altri eletti, davo un contributo al partito”. Renzo Bossi inoltre nega di aver mai messo in conto al partito le multe prese dai due autisti che “dal 2010 mi accompagnavano” e ai quali “misi a diposizione la mia macchina: di fatto le pagai io e mi trovai a fare la rateizzazione con Equitalia e a versare 14mila euro”. “Sono accusato per una appropriazione indebita che non vedo”.In aula anche il fondatore del Carroccio, che affida al suo difensore la lettura di una lunga dichiarazione spontanea. Il senatur spiega, una volta lasciata l’aula dell’Ottava sezione penale del Tribunale, che il partito da lui fondato “è vivo e la Lega diventerà più forte di prima nonostante i casini che ci hanno combinate e che sono sfociati in questo processo”. Bossi dice anche che “è un imbroglio. Io vivevo tranquillo perché c’era un limite di spesa di 25mila euro messe dal consiglio federale”. Un limite sotto il quale “c’era una autonomia di spesa. Poi – aggiunge – qualcuno ha sbianchettato sul documento” in mano alla banca quella cifra. “Quando mi sono dimesso nell’aprile 2011 la Lega aveva 41 milioni di euro che sono spariti”.