«C’è bisogno di anticamorra delle opere, non di quella da scrittoio». E’ così Don Aniello Manganiello, sacerdote impegnato con l’associazione Ultimi sul fronte della legalità, ha dato la sua disponibilità a fare un percorso comune con associazioni, amministrazione comunale, scuola e Chiesa di Quindici, indicando già la prossima tappa del percorso partito dall’incontro di giovedì sera presso la Chiesa Madre di Quindici per cui si è detto pronto a dare il suo contributo, senza però passare per qualcuno che vuole «colonizzare». Perché Don Aniello, come aveva spiegato già qualche minuto prima ai microfoni di Radio Star 2000 non ha voluto marcare un impegno per
risolvere da solo i tempi come quello dei beni confiscati, ma ragionare in un percorso comune: «non è che da questa mia presenza ci si può attendere chissà quale soluzione o panacea ai problemi dei nostri territori. Non sono venuto per colonizzare ma per dare una mano, per aiutare. La strada e il cortile sono stato il mio altare, perché in chiunque, in ciascuno di noi ci sono capacità e coraggio, non per tutti avviene questo. lo scatto di orgoglio per la propria terra ce l’abbiamo tutti. Non colonizzare, ma alimentare una speranza. Per dare qualche suggerimento, insieme e camminare insieme. Come fondatore di Ultimi ci sono, c’è bisogno di chi non si è addomesticato all’abitudine di rendere normali le cose orribili. se c’è uno zoccolo duro ci siamo, perché altrimenti potremmo fare qualche iniziativa e tra l’altro qui c’è già stata anche, ma senza chi ha radici in questa terra chi appartiene a questa terra senta un’amore grande per questa terra: per amore del mio popolo non tacerò». Il leitmotive della serata che Don Vito Cucca e Giuseppe Rubinaccio hanno organizzato per tracciare un percorso comune con le associazioni sul fronte della legalità si chiude con un impegno preciso e comune, quello di tracciare insieme un percorso, a partire dall’impegno per i beni confiscati. Tenendo bene in mente anche e soprattutto che non c’è bisogno di retorica, ma di azioni concrete. La responsabilità. E’ il tema che corre nell’intervento di Giacomo Corbisiero, impegnato sul fronte dell’associazionismo per la legalità nel Vallo di Lauro. Tante le domande che si pone. A partire dal perché negli anni in un territorio ricco di preesistenze culturali e di bellezze paesaggistiche non si sia riusciti a far nascere un polo e un cantiere della conoscenza. «Il percorso per la legalità non può essere una battaglia contro- spiega Corbisiero- ma una battaglia per ridare speranza, sviluppo e crescita economica a questo territorio». E rispetto «Secondo me lo Stato non ha combattuto, al di là delle forze dell’ordine che presidiano il nostro territorio. Lo Stato non ha voluto investire. Questo lembo di terra non deve essere solo una passerella». All’impegno per la memoria, ricordando dell’iniziativa avviata in collaborazione con la Proloco di Taurano per ricordare Nunziante Scibelli ci ha pensato Giovanni Ferraro, anche lui impegnato nell’associazionismo sul territorio del Vallo di Lauro. Speranza in un territorio che ha grandi capacità e potenzialità è anche quello che ha voluto sottolineare, aprendo il convegno con il saluto istituzionale l’assessore del Comune di Quindici Michele Iervolino. Il coraggio di restare nel Vallo? Per il presidente della Proloco di Quindici Michele Santaniello «non ci vuole coraggio per restare in un posto ma consapevolezza». Il suo è un intervento che parte da una massima: la libertà di un uomo termina quando inizia quella di un altro. Un confronto chiuso dall’abbraccio tra Don Aniello e Marisa Fratistefano, la vedova di Antonio Corbisiero, fioraio ucciso nel giugno 2003 a Pago Vallo Lauro. Anche lei ancora in attesa di giustizia da sedici anni. a chiudere e stato il Dottore Filomeno Caruso Portavoce della Associazione Ultimi per la legalità e lotta per la vita ricordando che il cammino la speranza è il futuro e nei giovani loro sono il meglio della nostra società civile.