Una breve incursione al Comicon anche quest’anno, entrando ad orari strategici e in un giorno con scarso afflusso: per lunedì 30 Aprile i dati delle prevendite mostravano infatti che il clou ci sarebbe stato nei giorni di sabato e domenica 28-29 Aprile. L’esperienza dimostra che se non si hanno motivazioni social è meglio godere degli stand vuoti a inizio fiera, stavolta però la mostra mercato fin dall’inizio non è sembrata particolarmente ricca, questo probabilmente perché, sorpassati i giorni di fuoco, gli stand erano stati già svuotati e non c’era più molto da comprare. Potrei tranquillamente ammettere, senza peccare in superbia, di possedere più cose interessanti a casa mia, opinione confermata e condivisa anche da altri visitatori che, pur essendo scesi di casa con budget notevoli, non sono riusciti a spendere neanche un euro. Per quanto riguarda me, in tutto ho speso 2€ per una bibita poi pentendomi visto che ne ho avute altre 3-4 regalate dai classici camioncini di Coca Zero e Red Bull omaggio. In ogni caso, seppur dal punto di vista degli stand questo Comicon 2018 è parso sottotono, non lo è stato per nulla dal punto di vista del programma. All’ingresso, alle 12.20, guardo per un attimo il “Dailynews” e osservo che alle 12.30 ci sono Milo Manara e Frank Miller, evento notevole di cui ero già a conoscenza, anche se non avevo basato i miei movimenti su di questo, perché, a “far calcoli” a queste fiere, si può rischiare di rimanere delusi.
Nessuna delusione, mi avvio al Teatro Mediterraneo e osservo una fila spaventosa di persone che aspetta sotto al sole e chiaramente non ho nessuna intenzione di unirmi a loro, apprendo inoltre che per entrare all’evento è necessario “un invito” ritirabile facendo un’altra brevissima fila (con 3-4 persone) e nonostante si vociferasse che i biglietti fossero già finiti e combattendo con altre informazioni fallaci, mi procuro un invito e mi guardo bene dal mettermi sotto al sole. Mi viene riferito che con l’invito si entra sicuro, e la fila al massimo può influire su una questione di posti, quindi attendo che si aprano i cancelli e che questi 7 km di esseri umani entrino nel teatro, così solo dopo – senza aver fatto un minuto di attesa – entro anche io, e mi siedo davanti a tutto senza alcun problema, visto che i posti c’erano e in fondo la gente non ha la verve di cercare dei posti un po’ più avanti.
Così ecco che mi ritrovo di fronte ai miei due disegnatori preferiti: Frank Miller e Milo Manara. Milo Manara è uno standard al Comicon di Napoli e più di una volta l’avevo fotografato molto da vicino, ma la presenza di Frank Miller è assolutamente un evento straordinario. E’ a lui che si deve la rivoluzione del fumetto americano, perché, come dice Milo Manara, i suoi non sono supereroi, ma eroi omerici. Sono vibranti di passione, forti e complessi, dotati di fragilità umana nonostante i loro talenti e le loro qualità superiori.
I due autori si sono e già incontrati a San Diego e a Lucca stanno pensando di fare un fumetto insieme. E’ la terza o quarta volta che s’incrociano e a quanto rilasciato in quest’intervista doppia (modera il direttore del Comicon), Miller scriverà una sceneggiatura per Manara. L’idea di Manara – dichiara all’inizio – è di introdurre un personaggio fragile, simile a quello protagonista dell’America di Kafka – in un mondo spietato come quello di Sin City. A Milo piacerebbe utilizzare l’America di Miller, che è un’America ben diversa da quella di Kafka, che non aveva mai viaggiato oltreoceano, come ambientazione per le sue storie. I due autori continuano a raccontare e a rispondere alle domande, in un excursus sulla loro carriera e sulle conoscenze comuni, quali Hugo Pratt, Moebius ed anche autori che per loro sono stati di riferimento, come Alex Raymond (Flash Gordon) e Kirby.
Sia in quest’evento che in quello immediatamente successivo (Non chiamateli cartoni animati, Mad Entertainment, Sala Italia), s’insiste sul fatto che il fumetto, così come il cinema d’animazione, sono forme narrative e perciò comprendono in sé tutti i generi.
Secondo Manara il fumetto ha preso il ruolo che l’arte – rappresentata dall’Accademia – aveva perso, diventando un elemento solo borghese. Il fumetto recupera quel ruolo sociale che l’arte non ha più, di elemento rappresentativo della collettività. Veicola un messaggio, ed è uno strumento che avvicina alla libertà: con un foglio e una matita, senza aver necessità di grandi capitali come nel cinema, è possibile creare un mondo e dar vita alle proprie idee.
Un discorso analogo lo si fa in Sala Italia, dove sono ospiti alle 14 il regista di Gatta Cenerentola, film d’animazione di produzione napoletana liberamente ispirato alla fiaba Gatta Cenerentola di Basile, contenuta ne Lo cunto de li cunti, e l’animatrice dell’ultimo film di Wes Anderson, L’isola dei cani, la coreana Kim Keukeleire.
Infatti, appena uscita dall’auditorium, dopo aver sentito Manara e Frank Miller, trovo una breve fila con quest’altra presentazione che sarebbe iniziata da lì a pochi minuti, e dato che mi erano interessati molto entrambi i film, mi godo anche l’aria condizionata di Sala Italia.
Qui si parla del ritorno all’animazione classica e alla stop motion, che contrariamente a quel che potrebbe sembrare, sono queste due, oggi, a rappresentare i campi di sperimentazione e innovazione. La 3d, che un tempo stava ad indicare il futuro, è adesso utilizzata per film di grande vendita e da case gigantesche come la Pixar, perciò al momento sono solo l’animazione tradizionale e la stop motion ad essere garanzia di film d’autore. Anche nella stop motion c’è molta ricerca e la si combina con il digitale per ottenere nuovi effetti.
Nell’animazione c’è spazio per tutti – dichiara il regista di Gatta Cenerentola, Marino Guarnieri – chiunque abbia una velleità, qualcosa da dire, può dedicarsi all’animazione. C’è bisogno di molto lavoro, di qualunque tipo: anche se vi dedicate all’origami, al punto e croce, potete avere un ruolo, la stop motion si può fare con qualsiasi cosa.
Per quanto riguarda Kim, le sue parole a fine incontro sono state: “Siete fortunati, a poter partecipare ad eventi come questi. E’ molto importante darsi da fare e lasciarsi ispirare. Non dovete aspettare.”
Così dopo queste due presentazioni, decido di andare finalmente a vedere qualche stand e dico addio all’aria condizionata del Teatro Mediterraneo, mi butto nella bolgia infernale di caldo, mancanza d’aria e otaku dai capelli unti che normalmente frequentano il Comicon. Nonostante l’impegno non trovo niente da comprare che sia più bello di ciò che posso trovare in una normale fumetteria, neanche un portapenne di Sailor Moon in uno stand ufficiale riesce a convincermi dato che l’avrei tranquillamente trovato pure altrove. La fiera ormai è molto affollata, siamo nel primo pomeriggio e un bel po’ di ragazzini in cosplay animano i parchi verdi della Mostra d’Oltremare. Sto quasi per gettare la spugna e andar via quando – dopo qualche rapida telefonata in cui cercavo persone senza trovarle – mi rendo conto di non essere stata all’Asian Village, e in effetti era da un po’ che cercavo il classico palco con concerti senza trovarlo: il tutto si è spostato ben oltre l’area gdr e ristoro, in quell’anfiteatro in cui avevo visto, nel passato, mostri sacri come Robert Plant dei Led Zeppelin e – ancor più mostro sacro del precedente – Keith Jarrett. All’Asian Village non c’è molto ma se non avessi recuperato quella zona avrei perso una delle cose che particolarmente m’interessava del Comicon 2018, la mostra su Akira, di cui ricorre il trentennale. Nel frattempo, si esibiscono Rose e HaruLu, due giapponesine in minigonna. Mi siedo un po’ sugli spalti – all’ombra – ma sul 95% di quei gradini il sole batte cocente e fa caldo (non si tratta di un’area per concerti diurni, no), così decido di abbandonare il Comicon. Dopo aver visto Miller e Manara insieme qualsiasi altra cosa ormai non mi riesce a dare sensazioni superiori, anche se nel complesso – come anche negli anni precedenti – posso dire che il Comicon è riuscito e continua ad essere tra le migliori fiere del fumetto italiane.
(Valentina Guerriero)