di Franco Fiordellisi*
Molti lavoratori di diverse aziende Irpine, domani, lunedì 6 aprile, torneranno a produrre richiamati al lavoro dagli imprenditori che hanno avanzato la richiesta di deroga alle Prefettura. A questa notizia, una triste notizia per il sindacato, si contrappone l’informativa dell’altro giorno diffusa dal governatore della Campania Vincenzo De Luca che, sentenziando sull’uscita dall’emergenza, continua a obbligare la popolazione a restare chiusi in casa: l’ultimo consiglio per passare il tempo che arriva dal governatore è quello di imparare fare anche la pastiera, come è noto un dolce molto difficile una cosa, insomma, da pasticcieri.
Due eventi tanto discordanti così da determinare sconcerto e confusione tra i cittadini e i lavoratori. L’atteggiamento delle imprese che fanno finta di niente. Anzi, non ritengono l’emergenza sanitaria come qualcosa di drammatico e pericoloso e sembrano ragionare come se la pandemia non ci fosse, e vogliono continuare a produrre e fare profitto. Mentre sarebbe importante spostare qualunque decisione in tal senso almeno a dopo Pasqua, darsi almeno ancora 10 giorni e per il bene di tutti aspettare almeno l’andamento della pandemia della prossima settimana.
Dunque, da un lato gli imprenditori, dall’altro De Luca che sostiene nelle sue dirette su Facebook di non vedere le condizioni per allentare le restrizioni e di temere un espandersi dell’epidemia se non si sta in casa e non si continua con le azioni di contenimento e distanza sociale. Non è razionale usare atteggiamenti draconiani verso chi fa una passeggiata sotto casa e poi ci sono deroghe ad aziende importati, ma che di sicuro non fanno attività essenziali per il bene comune, scelgono di riprendere le produzioni che costringerebbe a uscire ogni giorno di casa centinaia di migliaia di lavoratori irpini e non costretti a muoversi da tantissimi comuni.
Così come non ha senso il divieto di andare più volte in qualunque esercizio commerciale per chiunque e che deve avere adeguati dispositivi di sicurezza mentre in molte aziende sappiamo non essere costituiti i comitati di sicurezza e non hanno adeguati DPI e neanche le distanze necessarie sui luoghi di lavoro tra dipendenti. Noi non vogliamo certo la chiusura ad oltranza. Come potremmo, sapendo delle tantissime lavoratrici e di altrettanti lavoratori costretti a vivere con redditi decurtati che a mala pena consentono di soddisfare le esigenze primarie, o che sono sotto ricatto di aziende in cui non si riesce ad esercitare la democrazia sindacale.
Ciò che temiamo è che: decisioni avventate degli imprenditori mettano a rischio la salute delle persone, che deve venire prima di qualsiasi profitto; possa allargarsi l’epidemia in una provincia dove le strutture sanitarie non sono assolutamente attrezzata a reggere un’ulteriore allargamento dei contagiati. Queste eventuali, sciagurate ipotesi, se si dovessero verificare renderebbero impossibile uscire a breve dalla crisi economica e anche sociale.
Aspettiamo dunque che sia un confronto serio prima di avventurarsi in aperture o a pronunciarsi con deroghe senza aver fatto verificare, a soggetti terzi, la tenuta reale di tutte le sicurezze e azioni preventive atte a contenere il contagio da Covid-19.
È vero che non siamo nelle condizioni di altre realtà, ma dobbiamo evitare di precipitare in quello stesso dramma, determinato anche dalla decisione di anteporre le ragioni dell’economia, profitto, a quelle della salute.
Tutto ciò di cui opportunamente vogliamo avere le certezze e che tutte le aziende possono dotare tutti i lavoratori dei dispositivi di protezione, delle distanze adeguate, della pulizia necessaria e sistemica, che ad oggi mancano anche nelle così dette aziende delle filiere essenziali e addirittura scarseggiano nei comparti della Sanità e del socio assistenziale.
Serve la massima precauzione la giusta pazienza per i prossimi giorni, le prossime due settimane sono un tornante molto delicato, anche gli imprenditori devono rendersene conto prima di riaprire. Centinaia di persone continuano a morire quotidianamente in Italia e i morti non mancano nemmeno in Campania con il triste primato, per incidenza sulla popolazione, dell’Irpinia.
Il nostro primo dovere, il dovere di tutti è salvare quante più vite possibili. Riaprire prima ancora di avere un minimo di certezze sulla riduzione del contagio, potrebbe avere conseguenze pesantissime in Irpinia.
*segretario generale Cgil Avellino