È tornato alla luce dopo duemila anni una natura morta molto particolare. Accanto a un calice di vino, posato su un vassoio di argento, si vede una focaccia di forma piatta che funge da supporto per vari frutti, condita con spezie o un tipo di pesto (moretum in latino), indicato da puntini color giallastro e ocra. Sullo stesso vassoio si vede della frutta secca e una ghirlanda di corbezzoli gialli, accanto a datteri e melograni. È il genere di raffigurazioni, che all’epoca era conosciuta come “Xenia” e che prendeva spunto dai “doni ospitali” che i padroni di casa offrivano agli ospiti in segno di benvenuto. Una tradizione che risale alle radici più antiche di Pompei, quelle ellenistiche, del III Secolo avanti Cristo.
La particolarità è la focaccia e a guardarla bene sembrerebbe una pizza. Tra l’altro questo prodotto è molto simile a una descrizione che Virgilio fa della pietanza nell’Eneide: il poeta mantovano descrive un pane appiattito, commestibile, usato come “tagliere” per altri tipi di cibi.
Dice Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei, che sicuro non può essere una pizza perché mancavano all’epoca gli ingredienti più caratteristici del piatto napoletano patrimonio dell’Unesco: i pomodori e la mozzarella ma potrebbe essere sicuro un antenato del popolare piatto della cucina napoletana.
Resta che Pompei non finisce mai di stupirci.
Si xonserva tra le ceneri della storia la magia della vita che a Pompei riaffiora di tanto in tanto per ricordarci quasi che siamo custodi di un mondo da trattare con gentilezza. Il mondo dei nostri avi.
Nunziata Napolitano