Aggredita e presa a pugni sull’autobus, a Roma, di sera e in mezzo alla gente indifferente. Giorgia Curcuruto, giovane romana che lavora in centro come barista ma abita a Tor Pignattara, ha raccontato la sua odissea al Corriere della Sera. Era il 27 luglio, dopo le 20, e la ragazza era seduta sul 409 per tornare a casa: “Uno straniero, forse del Marocco, non lo so con certezza, comunque anziano, mi ha messo le mani sulle spalle dicendo di lasciargli il posto. Gli ho risposto che già che me lo domandava in quel modo, senza un briciolo di educazione, allora la risposta era no: mi ha dato un pugno. Ho gridato, la gente si è girata dall’altra parte”. “Sono stata picchiata da uno sconosciuto e nessuno ha detto niente – è la sua accusa -. Eppure tutti hanno visto, l’autobus era pieno. Almeno dopo il pugno qualcuno sarebbe dovuto intervenire. E invece nemmeno il conducente ha alzato un dito per difendermi, anzi se n’è lavato le mani”.
I secondi successivi all’aggressione sono una cronaca kafkiana: “Continuava a ripeterle che era solo una donna. Ora, qui non si può più dire nulla altrimenti ti danno subito del razzista ma io credo che fosse lui ad essere razzista con le donne”, punta il dito la mamma di Giorgia. L’immigrato, in compagnia di un amico, non è fuggito, anzi. È rimasto sull’autobus ed è sceso con tutta calma. Poi quando Giorgia chiama a casa e chiede di avvisare le forze dell’ordine, ha reagito aggredendola nuovamente: “Avendo capito che stavo chiamando le forze dell’ordine – ha fatto mettere a verbale la giovane – mi strappava il telefono dalle mani e solo grazie all’intervento di un ragazzo che consegnava le pizze e che si è fermato vedendomi in difficoltà me lo restituiva”. Vanno entrambi al pronto soccorso, e l’uomo pur lamentando un dolore al polso se ne va. “A darmi i brividi ancora adesso è l’indifferenza della gente – conclude amara Giorgia -. Quell’uomo mi urlava contro. Tutti hanno assistito, ma immobili. Era come se non stesse avvenendo niente. Qualcuno addirittura si è anche voltato dall’altra parte. E alla fine forse il mio aggressore si è sentito legittimato a colpirmi. Avrà pensato: tanto se la picchio non frega niente a nessuno”.