Estate ed in particolare agosto, periodo clou di sagre e feste paesane approfittando dei flussi di migliaia di turisti che spostandosi dalle città o dall’estero, affollano le località periferiche ed i centri più piccoli, dove si ripetono tradizioni e s’inventano, anno dopo anno, nuovi eventi per intercettare l’attenzione e le tasche di chi vi si reca, promuovendo pietanze e bibite tutto sommato quasi sempre a buon mercato. Non solo la tradizione, quindi, che in molte località ci consente di assaggiare gli autentici sapori e i prodotti autoctoni, ma troppo spesso si manifesta come una moda dilagante conseguenza di una logica di profitto a discapito della qualità, dello stesso folklore e del gusto e che a tal fine va in danno della tipicità. E con l’aumento di viaggiatori e la moltiplicazione di appuntamenti enogastronomici, diventa sempre più difficile l’approvvigionamento e la conservazione dei prodotti, spesso esposti alle temperature torride di quest’estate infuocata, così come crescono esponenzialmente ed inevitabilmente le frodi e sofisticazioni quali la vendita di alimenti e bevande forestieri per locali o tipici. Si badi bene, non si tratta quasi mai di malafede degli organizzatori, ma è proprio l’impossibilità di far fronte alla domanda e alle copiose folle che si riversano nelle strade per degustare e bere, che riduce la capacità di riuscire a mantenere standard qualitativi ed igienico – sanitari adeguati al consumo umano ed il rischio di fornire prodotti non opportunamente conservati e/o contaminati è all’ordine del giorno. In tal senso, sono diverse le segnalazioni da parte di cittadini che hanno dichiarato di aver subito la più classica delle intossicazioni alimentari, con vomito e diarrea, il giorno dopo la propria tranquilla partecipazione ad una delle solite sagre paesane trasformatasi alla fine in un brutto ricordo, mentre altri ancora si chiedevano come fosse possibile spacciare come tipica e fresca una vivanda quando erano presenti nel luogo diverse migliaia di persone. Se è pur vero che nel corso degli ultimi anni si è assistita l’adozione di migliori misure, almeno per ciò che riguarda gli aspetti igienico-sanitari anche in ragione della minaccia delle salate sanzioni previste in caso di inosservanza, è chiaro che il consiglio per evitare rischi, in primo luogo riguarda direttamente i consumatori che devono prestare attenzione e segnalare eventuali carenze e deficienze visibili nella preparazione e nella somministrazione di cibi e bevande. Perché se è vero che i prezzi sono in media anche notevolmente più bassi di quelli della ristorazione per così dire “ordinaria”, ciò non vuol dire che non sia un diritto sacrosanto pretendere prodotti commestibili o bevibili, con tutte le conseguenze del caso, anche risarcitorie, in caso di mancato rispetto dei propri obblighi da parte degli organizzatori. Come per tutti gli acquisti alimentari occorre, pertanto, tener presente alcuni indicatori al fine di evitare di acquistare alimenti di scarsa qualità o, nei casi peggiori, addirittura potenzialmente pericolosi per la salute. In molti di questi eventi, in relazione al regime fiscale a cui sono sottoposti, gli organizzatori non sono tenuti al rilascio dello scontrino fiscale, documento fondamentale per dimostrare l’avvenuto acquisto di un prodotto e risalire alla ragione sociale del venditore. Nell’avvicinarsi ad un banco di vendita o somministrazione è quindi importante accertarsi della presenza di indicazioni inerenti il somministratore: l’esposizione di cartelli riportanti il comitato organizzatore o l’azienda fornitrice sono elementi di base che garantiscono al cittadino di sapere da chi acquista anche perché è bene ricordare che in capo a costoro vi è uno specifico obbligo di gestirsi in autocontrollo con procedura semplificata del sistema HACCP (art.5 Reg.CE 852/2004), nonché quello di detenere una procedura della rintracciabilità (articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002) e il ritiro degli alimenti e l’obbligo di informazione delle autorità competenti (articolo 19 del regolamento (CE) n. 178/2002). In alcuni casi, specie se si tratta di vendita diretta al pubblico, gli esercenti per pubblicizzare il proprio nome mettono a disposizione biglietti da visita che, nel caso di acquisto di prodotti sfusi che non riportano l’etichettatura e in assenza di scontrino fiscale, può essere utile prendere per disporre di un riferimento per eventuali reclami. Discorso a parte riguardano le intolleranze alimentari: se si consumano cibi all’aperto, spesso preparati con attrezzature posticce e provvisorie e per stessa natura temporanee, è molto più semplice la contaminazione da altri alimenti, così come non sempre è possibile conoscere preventivamente gli ingredienti e gli allergeni (anche quando si tratta di rischio di presenza di tracce) specialmente quando non si tratta di prodotti venduti direttamente al pubblico per i quali vi sono ancor più stringenti obblighi di etichettatura ai fini della preventiva conoscibilità della provenienza, modalità di conservazione e composizione. Pertanto, coloro che soffrono di questo tipo di patologie si espongono a rischi ancor maggiori e devono inevitabilmente innalzare la soglia della propria attenzione ed evitare, nel dubbio, di consumare i cibi esposti. L’aspetto più importante per la tutela della salute e della qualità dei prodotti, quindi, riguarda la vigilanza e i controlli cui purtroppo siamo costretti a denunciare la scarsa, per non dire molte volte assente, presenza dei comuni e dei sindaci, che anche nella qualità di autorità sanitaria locale per le emergenze, lungi dall’effettuare verifiche e sanzionare le negligenze, sovente chiudono più di un occhio per non danneggiare i propri concittadini-organizzatori-lav