Il dilagare di comportamenti sociali inconsapevoli, dettati dall’imitazione di modelli proposti dai mass media, lo sviluppo incontrollato della tecnologia e della scienza pongono nuove, ardue sfide al diritto penale.
di ROSA D’AMBRA
Il degrado culturale, la tendenza all’omologazione, la spersonalizzazione del pensiero, l’aumento della criminalità, la debolezza dello Stato nell’assolvimento della sua funzione garantista, sono fenomeni di decadenza immutabili poiché insiti nella natura umana o sono in realtà evitabili in quanto l’uomo è orientato a rinchiudersi nella sua inettitudine di fronte ad una realtà che pecca di valori ormai inesistenti?
Tematica scottante e provocatoria, data la sua calcata impronta riflessiva. E quale miglior modo per riflettere se non quello di un dibattito tra cultori del diritto?
E’ ciò che è avvenuto nel convegno di studio svoltosi nell’aula Dalia del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Ateneo Salernitano. Hanno preso parte all’evento Il Prof. Avv. Andrea R. Castaldo, Ordinario di Diritto Penale del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università degli Studi di Salerno, il Prof. Luigi Kalb, Ordinario di Procedura Penale del medesimo Dipartimento in qualità di coordinatori dell’evento; il Prof Alberto Amatucci, già ordinario di Diritto Commerciale del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Salerno, il Prof Emerito di Diritto Penale dell’Università di Firenze, Ferrando Mantovani, il Dott. Fabio Zunica, Magistrato del Tribunale di Salerno, Referente per la formazione decentrata della Corte di Appello di Salerno e il Dott. Fabio Coppola, che ha evidenziato come nelle diverse realtà giuridico-sociali il diritto penale si trovi a fronteggiare delle nuove sfide che molto spesso vanno al di là del prevedibile e dell’ordinario.
In apertura due interventi provocatori dei giuristi Castaldo e Mantovani : “Quanto le mode culturali del momento, i mass media, colpevoli di una semplificazione di pensiero, condizionano la formazione e le scelte del giurista? “Stupidi si nasce o si diventa?” E’ il titolo del compendio di stupidologia dedicato ad un’analisi scientifica circa la definizione, le cause, le classificazioni e gli strumenti di difesa del fenomeno in esame con particolare riferimento alla stupidologia politica, intellettuale e televisiva.
Quante e quali le forme dell’umana stupidità? Secondo Mantovani la stupidità si declina in due tipologie: una negativa, quale mancata propensione all’apertura di nuovi orientamenti, atteggiamento da cui bisogna necessariamente difendersi per evitare il rischio di una omologazione culturale, e una positiva, stimolatrice di curiosità, pertanto definita “strumento di elevazione culturale”.
Dalla stupidità negativa, quale omologazione acritica alle mode correnti, deriva spesso l’aumento esponenziale dei reati.
In particolare risultano preoccupanti i fenomeni degenerativi dell’aumento quantitativo della criminalità e il peggioramento qualitativo del diritto penale, ormai spogliato della sua funzione cardine general-protettiva di fronte ad una subdola società animata da disvalori figli di “subculture, ideologie e prassi che fanno emergere il lato peggiore dell’uomo”. Non meno allarmante appare lo smembramento del controllo sociale e l’errata risposta attuale del diritto penale che dalla sua azione sussidiaria di extrema ratio assurge ad unica ratio che diventa di fatto politica di irrigidimento preventivo-repressiva, protagonista del sistema sanzionatorio statunitense, dove si assiste al moltiplicarsi delle esecuzioni capitali. Politica di irrigidimento da cui non esula il sistema sanzionatorio italiano che, con la legislazione d’emergenza contro la mafia e il terrorismo, non ha fatto altro che determinare uno slittamento dalla reazione alla prevenzione mettendo in pericolo il rispetto dei diritti umani .
Si tratta di un vero “consumismo legislativo”- ribadisce Mantovani- quale meccanismo sfrenato di produzione normativa colpevole di un aumento dell’illecito e di un’instabilità legislativa che non risolve il problema dell’aumento dei fenomeni criminogeni, poiché allargare la sfera di ciò che è penalmente punibile non equivale ad effettività del sistema sanzionatorio. Quali le soluzioni possibili? In primis la revisione della geografia giudiziaria e l’introduzione di riti alternativi che mirano alla velocizzazione del processo penale E’ opportuno confidare soprattutto nella riduzione della criminalità in grado di determinare un affievolimento del procedimento incriminatorio, dato che “certe depenalizzazioni equivalgono soltanto ad una rimozione legislativa astratta del crimine non facendo altro che scaricare il peso della giustizia penale su quella extrapenale senza ridurre l’illegalità complessiva, quale interesse preminente dei consociati, stanchi di essere vittima di un’illegalità diffusa di fronte ad uno Stato spettatore che abbaia ma non morde”. A fare da sfondo alla complessa realtà sociale che il diritto stenta a controllare vi è la perdita della genuinità dei valori culturali a causa della televisione, mezzo dotato di una porosità spaventosa in grado di impartire dei modelli comportamentali razionalmente errati e in grado di produrre un effetto cumulativo che porta ad una sfrenata generalizzazione di pensiero e purtroppo alla formazione di una mentalità distorta.
La legge è espressione di libertà, in ogni ambito è“regola di comportamento della vita” che trova riscontro in tutte le forme di manifestazione del diritto. Questa la definizione del Prof. Amatucci che cita un passo tratto dal libro scritto dal filosofo olandese Erasmo da Rotterdam nel 1509,”Elogio della follia”, composto durante il soggiorno con Thomas More nella residenza di quest’ultimo a Bucklersbury.
“Fra gli eruditi il primo posto spetta ai giureconsulti, e nessuno più di loro è soddisfatto di sé quando, impegnati in una fatica di Sisifo, formulano leggi a migliaia, non importa a qual proposito, e aggiungendo glosse a glosse, pareri a pareri, fanno in modo di presentare lo studio del diritto come il più difficile fra tutti. Attribuiscono infatti titolo di nobiltà a tutto ciò che costa fatica.”
E’ qui evidente l’atteggiamento fortemente critico nei confronti dei giuristi che si cimentano nella formulazione di una miriade di leggi, attribuendo alla loro attività una valenza prestigiosa in stridente opposizione con la realizzazione dei concreti interessi sociali.
Ancora un riferimento all’opera di Michel Foucault , “Sorvegliare e punire” in cui la descrizione cruda e minuziosa dello svolgimento del pubblico supplizio di Robert François Damiens, condannato per regicidio, è volta a sottolineare che i valori morali veicolanti i comportamenti sociali non sono assoluti ,ma necessitano di un’attenta lettura storica.
Forte è la preoccupazione della deriva di un mondo – conclude Amatucci- in cui il pensiero non sarà solo figlio della mente umana, ma frutto di un’attività di cooperazione tra uomo e macchina, preoccupazione che non implica censura della tecnologica, ma diventa uno sprone per i giovani a sfruttare al meglio la tempestività nella ricerca delle informazioni grazie ai nuovi strumenti tecnologici, ma soprattutto un invito a pensare poiché il pensiero è “l’unica arma per percepire l’essenza della vera libertà.”
Sotto il profilo giudiziario evidente ormai è la perdita di credibilità della risposta sanzionatoria giudiziaria, non risolvibile attraverso l’attuazione di una “politica indulgenziale” fatta di provvedimenti “tampone” quali amnistie, indulti dettati esclusivamente da esigenze economiche, al fine di fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento della carceri, esigenze tutt’altro che nobili. Non meno grave è il fenomeno paralizzante dell’inerzia giudiziaria in grado di tramutare il processo stesso in pena e tale da determinare uno status di stanchezza da parte del giudice nella determinazione del trattamento sanzionatorio, non di valenza secondaria rispetto alla constatazione di un’eventuale colpevolezza dell’imputato. Una risposta in tal senso potrebbe essere la valorizzazione di istituti quali la sospensione condizionale della pena e i lavori socialmente utili, quindi ponendo l’accento sulla quantificazione della pena per evitare il rischio di una concentrazione esclusiva sul piano decisorio.
Una delle ultime sfide del diritto penale è quella di dare una risposta circa l’introduzione nella circolazione stradale delle cosiddette “auto robot” in grado di porre in essere delle azioni tramite l’utilizzo di un’intelligenza artificiale. Il dilemma inquietante riguarda il caso in cui un’auto robot non percepisce la presenza di un essere umano di fronte ad essa e, data la mancanza di uno spazio di frenata, molto probabilmente è destinata ad investire il malcapitato. Il passeggero dell’auto lascerà che la stessa faccia il suo corso oppure devierà la sua circolazione mettendo a rischio la propria incolumità ?
Nel caso in esame vi è la configurazione di una duplice responsabilità, una in capo al produttore dell’auto per omessa introduzione dei meccanismi che permettano alla stessa di prevenire situazioni di pericolo rispondendo agli impulsi esterni in modo sicuro, e una responsabilità a carico della persona investita che, in vista dell’introduzione nel mercato di tali auto, avrebbe dovuto ravvedersi nell’assolvere un grado di diligenza superiore di fronte ad un pericolo alla sua incolumità che di fatto è aumentato.
Ma ancora più inquietante secondo il Prof Castaldo è“ la nuova questione che la scienza pone alla legge”scaturita dal caso di una ragazzina britannica di 14 anni (JS) la quale, soffrendo di una rara forma di tumore incurabile che l’avrebbe portata ad una sicura morte prematura, espresse il desiderio di sottoporsi alla pratica di ibernazione post-mortem, nella speranza di essere risvegliata, qualora in un futuro si trovassero le cure per la sua malattia. Il giudice, nonostante l’opposizione del padre, accoglie la richiesta della giovane affidando esclusivamente alla madre (favorevole ad assecondare la volontà della figlia) l’amministrazione dei diritti della medesima. Il verdetto, emesso poco prima del decesso della ragazza è stato reso pubblico dopo che il corpo, portato negli USA, è stato congelato tramite criogenesi.
Immediata, la dichiarazione provocatoria del Dott.Coppola : “Di fronte ai nuovi interrogativi che la scienza pone al diritto occorrerebbe avviare una seria riflessione sulla tenuta e attualità del sistema penale. Riprendendo in maniera provocatoria il caso JS, ipotizziamo che un terrorista si sottoponga alla procedura di criogenesi (ossia di ibernazione) subito dopo un attentato terroristico e che venga quindi “risvegliato” come da disposizioni a distanza di cento anni.
Certo, si tratta di un’ipotesi oggi fantascientifica, ma che domani potrebbe impegnare gli studiosi e gli operatori del diritto. In tale prospettiva non si può fare a meno di constatare che la pretesa punitiva, ritenuta troppo spesso dogma imprescindibile di una società violata da un accadimento criminoso, dipenda, a conti fatti, dal tempo. Senza prontezza la risposta punitiva finisce con l’essere paradossale. Quale senso infatti può avere la condanna di reati gravissimi, che però non hanno alcuna traccia nella coscienza sociale e nella memoria del reo? Nessuna, salvo ibernare con il nostro immaginario terrorista, le stesse pretese punitive della società”.
Fortunatamente il sistema di civiltà giuridica italiano è profondamente diverso da quello inglese – sostiene L’Emerito Prof Mantovani- ribadendo che dietro la pratica dell’ibernazione traspare una palese finalità economica alimentatrice di un business inaccettabile in quanto lesivo della dignità umana e privo di certezza circa l’effettivo “risveglio “della persona ibernata.
L’unica via di salvezza a tutte le spinose questioni che i mutamenti sociali pongono al diritto- secondo Il Prof Luigi Kalb- è la determinazione nei giovani di non smettere mai di pensare, e di tener presente l’importante ruolo dei tecnici del diritto che si cimentano nella risoluzione di casi, i quali molto spesso travalicano i limiti dell’ordinaria prevedibilità.
Si ringrazia il Dott.Fabio Coppola per aver fornito la documentazione utile alla stesura del presente saggio.