di Antonio Fusco
Sul Calvario, nell’atto finale del suo straziante sacrificio salvifico, Cristo agonizzante consacrò, direttamente e senza processi di beatificazione, il primo santo della cristianità, vale a dire il Buon Ladrone. Marco e Matteo, senza eccessivi particolari, fanno cenno a due malfattori crocifissi insieme con Gesù, i quali lo offendevano ed oltraggiavano; Luca, invece, ce ne informa più compiutamente. Nel suo Vangelo (23, 39-43) scrive che solo uno dei due insultò Gesù, mentre l’altro rimproverò il suo compagno di pena dicendo: “Neanche tu hai timore di Dio, benché condannato allo stesso supplizio? Noi giustamente perché riceviamo la pena per le nostre azioni,egli invece non ha fatto nulla di male”. E aggiunse: “Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose:”In verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso”. Bastarono queste poche parole di pentimento, una vera confessione, per aprirgli le porte del Paradiso, precedendo tutti gli altri beati. I Vangeli non dicono molto del Buon Ladrone del Calvario, ma testi apocrifi e vari autori tramandano notizie, da considerarsi in gran parte leggendarie, secondo cui il Buon Ladrone si chiamava Disma e che, prima di essere crocifisso, era un pericoloso capo di masnadieri (princeps latronorum), che infestavano la Palestina con le loro scelleratezze. Secondo Sant’Agostino, San Giovanni Crisostomo, Eusebio, Aquilium, San Giovanni Damasceno), non era giudeo di nascita, bensì egiziano. Praticava la sua attività di predone nelle zone desertiche confinanti con l’Egitto, e fu proprio in quei luoghi che conobbe e offrì un rifugio a Gesù Bambino, Maria e Giuseppe, profughi in Egitto. Alcuni Dottori e Padri della Chiesa, tra cui San Cirillo, sono convinti che la memoria dell’aiuto offerto da Disma alla Sacra Famiglia non sia una leggenda e che, nonostante fosse un bandito assassino, aveva l’abitudine di non derubare né uccidere donne, bambini e vecchi. Il nome Disma è riportato già dal II secolo e, come vuole il teologo Salmeron, attento studioso degli antichi testi di riferimento, i nomi dei due ladroni del Calvario erano Gesta e Disma.
Il Vangelo arabo, un apocrifo del VI secolo, chiama invece i due ladroni Tito (Disma) e Dimaco (Gesta) e riferisce che Tito impedì ad altri ladroni della sua banda di derubare Maria e Giuseppe durante la loro fuga in Egitto.
Data l’inattendibilità storica del nome e delle notizie biografiche, la Chiesa Cattolica, con saggio riserbo e senza compromettere la millenaria tradizione, lo festeggia il 25 di marzo sotto il nome di Buon Ladrone, venerato anche nella Chiesa Ortodossa come San Disma.[1] E’ considerato il protettore di condannati a morte, moribondi, ladri pentiti, becchini e prigionieri; quest’ultima tutela è condivisa con San Paolino di Nola. Ancora oggi il Buon Ladrone è patrono di Gallipoli (Lecce).
La rara iconografia lo rappresenta singolarmente legato alla croce o reggendola. In alcune immagini è rappresentato in Paradiso con la simbolica croce, insieme a Cristo ed Abramo.
A Cristo e ai due ladroni si ispirò Fabrizio De André nelle canzoni Il testamento di Tito e Tre Madri. Anche il cinema ha trovato ispirazione nel Buon Ladrone. Pasquale Festa Campanile nel film Il Ladrone, (1980) parla di un truffatore di nome Caleb, interpretato da Enrico Montesano, che crede Gesù un ladrone, ma sul Calvario il povero Caleb, crocifisso insieme a Gesù, finisce per ricredersi.
[1] Nella tradizione della Chiesa Ortodossa russa il nome del Buon Ladrone è Rach.