San Leopoldo Mandić, il frate cappuccino, confessore, testimone della riconciliazione e promotore dell’ecumenismo, già dai fedeli invocato per chiedere sostegno nella malattia, morto a causa di un tumore all’esofago, ora è ufficialmente patrono dei malati di tumori in Italia. A darne l’annuncio, dopo che la Congregazione per il culto divino e i sacramenti l’ha decretato, è stato il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, insieme all’ex generale dell’ordine dei cappuccini, fra Mauro Jöhri, a fra Flaviano Gusella, rettore del santuario padovano che ne conserva le spoglie, e a numerosi altri rappresentanti dei frati cappuccini e di quel comitato di medici padovani che diede inizio nel 2016 a una raccolta firme, giunta ora a circa 70mila.
Un iter complesso, che ha richiesto costante attenzione da parte dei cappuccini, sollecitati dalla forza della devozione popolare e che ha portato la Congregazione ad accogliere la “supplica” che da tanti fedeli arrivava, sostenuta dal placet del vescovo di Padova prima, dei vescovi del Triveneto e dei vescovi italiani successivamente (fu il cardinale Gualtiero Bassetti a darne conferma nel comunicato finale della 72° assemblea generale del 2018).
L’annuncio arriva per felice coincidenza, a ridosso della Giornata mondiale del malato, che vedrà domani la trasmissione della messa su Raiuno da una delle opere della carità e della vicinanza alla sofferenza più significative del territorio padovano e nazionale, l’Opera della Provvidenza Sant’Antonio di Sarmeola di Rubano (Pd), e nei giorni in cui Padova inaugura l’anno che la vede capitale europea del volontariato.
Una serie di coincidenze che sottolineano il valore della solidarietà e della vicinanza, quella vicinanza umana alla sofferenza che è propria della Chiesa, come ha sottolineato don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale di Pastorale della Salute: «Quando arriva la diagnosi di tumore la vita della persona e dei suoi familiari è sconvolta. È lì che c’è bisogno di una dimensione che va oltre la scienza, è quella della relazione. La persona malata vive un momento estremamente difficile, di particolare solitudine e la Chiesa nel momento della vulnerabilità si fa vicina ai malati. Non basta la terapia, c’è bisogno anche di vicinanza, di un sostegno relazionale. Ci piace immaginare che come la Chiesa si fa prossima al malato, così i malati possano trovare in padre Leopoldo una “figura accanto».
«Avere un patrono presso Dio – ha ricordato il vescovo Cipolla – significa che l’uomo nella sua fragilità ha comunque una grande possibilità di sentirsi sostenuto, anche da un intervento che viene da Dio, significa aprire una finestra di speranza là dove noi e le nostre forze non possono arrivare. Dove noi dobbiamo constatare il nostro limite, per Dio c’è ancora possibilità e questa è un’esperienza che arricchisce la nostra umanità».
Vicinanza è la parola delicata e immensa che rappresenta questa possibilità di ricorrere a san Leopoldo. Affidarsi al santo confessore è in qualche modo cogliere la vicinanza di Dio all’uomo in quello spazio di mistero e sapere che c’è “qualcuno” a cui affidare pensieri, paure e dolore: «è un segno che la santità parla ancora all’uomo» ha ricordato fra Mauro Jöhri; è avere la percezione «della vicinanza di Dio a ciò che noi sperimentiamo», ha sottolineato il ministro provinciale fra Roberto Tadiello, una vicinanza ai più fragili, come ha ricordato fra Flaviano Gusella, che sta alla base anche della nascita stessa dei Cappucini 500 anni fa.