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12 novembre: san Giosafat Kuncewycz (al secolo Giovanni Kuncewycz), nacque a Wlodimierz in Volynia (Ucraina) nel 1580, da genitori appartenenti alla nobiltà russa nonché ferventi ortodossi. Giovanni si formò a Vilnius (nell’odierna Lituania) in un periodo caratterizzato dall’intenso scontro tra ortodossi tradizionalisti e quelli di rito greco, i quali, sulla scia del Concilio di Firenze (1451-1452), si erano ricongiunti alla Chiesa cattolica riconoscendo al Papa un ruolo di preminenza sugli altri vescovi. Decidendo di aderire al credo di rito greco, nel 1604,
divenne monaco con il nome di Giosafat ed entrò nel monastero, retto dall’ordine di san Basilio della Santa Trinità, sito in Vilnius, dove nel 1617 iniziò la riforma che portò alla nascita dell’Ordine Basiliano di San Giosafat. Divenuto sacerdote nel 1609, nonostante si diede alla predicazione riscuotendo un così grande successo che nel 1617 divenne dapprima Archimandrita (superiore) del suo monastero e, poco tempo dopo, fu nominato vescovo di Polatsk che si trovava in Rutenia, regione che, dalla Russia, era passata in parte sotto il dominio del Re di Polonia, Sigismondo III. La religione dei Polacchi era quella cattolica romana; in Rutenia, invece, come nel resto della Russia, i fedeli aderivano alla Chiesa scismatica Greco-ortodossa. Iniziò nella diocesi, da lui retta, una serie di riforme volte ad affermare il credo uniate (credo delle chiese cattoliche di rito orientale): restaurò completamente la cattedrale, compose un catechismo per il popolo, compì innumerevoli visite pastorali e riformò il credo. La sua predicazione fruttò numerosissime conversioni e gli valse il titolo di “rapitore di anime”. Alleandosi ai poteri civili, e approfittando di un periodo di torbidi politici in Polonia, gli scismatici penetrarono nell’abitazione del vescovo, mentre si trovava a Vitebsk, per ucciderlo a colpi di spada e di moschetto. Poi il suo cadavere nudo fu gettato nel fiume Dvina. Morì il 12 novembre 1623; patrono dell’Ucraina.
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