a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 20 agosto la chiesa celebra san Zaccheo il pubblicano, personaggio di cui si parla nel Nuovo Testamento, nel Vangelo di Luca 19,1-10, per il suo incontro con Gesù. Zaccheo era il ricco capo dei pubblicani, cioè dei gabellieri che avevano l’incarico di esattori delle tasse a Gerico e nonostante fosse ebreo, per questa sua attività al servizio dei Romani, era disprezzato dai connazionali. Quando Gesù passò per Gerico, Zaccheo che era basso di statura, per poterlo vedere salì su un albero di sicomoro. Gesù lo vide, lo invitò a scendere e gli chiese di ospitarlo nella sua casa, nonostante il mormorio di disapprovazione dei presenti. Da quell’incontro nella casa di Zaccheo il Pubblicano, Gesù ottenne da lui la promessa che avrebbe distribuita la metà dei propri beni ai poveri e se avesse frodato qualcuno, avrebbe restituito il quadruplo di quanto estorto. Al di fuori di questo racconto evangelico, non si sa altro; tutto il resto è leggenda, come la qualifica di vescovo di Cesarea di Palestina, il suo sbarco in Francia, il matrimonio con la Veronica, l’identificazione con l’eremita Amadoro, ecc.; patrono degli albergatori.
20 agosto: san Samuele profeta, personaggio dell’Antico Testamento, è un profeta ebreo e un giudice. La vicenda della sua vita inizia verso il 1070 a.C. e finisce verso il 980 a.C.; come per altre figure della Bibbia, anche la sua nascita è dovuta alle preghiere di una madre pia ma sterile, come Sara moglie di Abramo, la madre di Sansone, ecc.; il figlio viene considerato in questo modo un dono divino, assoluto, frutto della preghiera materna e della grazia divina; Samuele avrà così questo nome che ha il significato di “Dio ha ascoltato”. Egli era figlio di Elkanah e della sua prima moglie Anna. Samuele apparteneva alla tribù di Efraim. Nel primo dei Libri di Samuele si racconta che la madre Anna nell’implorare la sua nascita perché sterile e per questo veniva derisa e disprezzata dalla prima moglie di Elkanah, Peninnah, che aveva già dato ad Elkanah due figli. Anna si recò allora presso il santuario di Silo per pregare il Signore e fa voto al Signore di consacrarlo a Lui. Ottenne così miracolosamente di rimanere incinta di un figlio, che chiamò Samuele e che consacrò al Signore, secondo le regole del nazireato, che comprendeva fra l’altro la crescita senza il taglio dei capelli, l’astensione dalle bevande alcoliche e lasciandolo vivere presso l’anziano sacerdote Eli nel tempio di Silo (cfr. 1Samuele 1-2). Ancora giovincello, Samuele ricevette la vocazione a diventare giudice e profeta in mezzo al popolo ebraico (cfr. 1Samuele 3). In seguito stabilì come giudici d’Israele i due figli (Gioele e il fratello minore Abia), che esercitarono l’incarico a Bersabea. Fu lui a scegliere il primo re per il popolo ebraico, Saul, ed il suo successore, Davide, giocando così un ruolo di primo piano nella nascita della monarchia in Israele. Saul dopo la sua morte fece evocare la sua anima all’indovina di Endor allo scopo di sapere il da farsi nell’imminente guerra contro i Filistei, ma Samuele gli disse che avrebbe perso e che il giorno dopo sarebbe morto suicida e così avvenne. Samuele morì verso i 90 anni, tra il compianto di tutti gli israeliti e fu seppellito nella sua proprietà di Rama.
20 agosto: san Bernardo di Chiaravalle, nacque a Fontaine-lès-Dijon (Francia) nel 1090, dalla nobile famiglia dei Tezelin. Destinato sin dalla nascita alla vita ecclesiastica, la sua prima educazione si svolse in famiglia in un’atmosfera di viva pietà, verso i 5 anni fu affidato ai canonici regolari di Saint-Vorles, a Châtillon-sur-Seine, affinché lo istruissero e maturò la decisione di entrare nella vita religiosa. Con quattro dei suoi fratelli e altri trenta giovani Bernardo entrò a 20 anni nel monastero cistercense di Cîteaux, che era stato fondato nel 1098 da san Roberto di Molesme. Il 25 giugno 1115 santo Stefano Harding, terzo abate di Cîteaux, che non sfuggì il valore spirituale e umano di Bernardo, lo inviò a fondare un nuovo monastero, con dodici monaci, come sarà consuetudine cisterciense, si mosse a cercar la sede, la trovò nella Valle dell’assenzio (così chiamata dalle erbe che vi crescevano), chiamata poi, Clairvaux (Chiaravalle). Qui, il giovane aveva solo 25 anni, poté affinare la propria concezione della vita monastica e impegnarsi nel tradurla in pratica. I primi tempi della nuova abbazia non furono facili per l’indifferenza dei signori locali, e Bernardo, per trovare appoggio nella gerarchia ecclesiastica si rivolse al vescovo di Châlons-sur-Marne, Guglielmo di Champeaux, uomo d’alta spiritualità, fondatore dei Canonici Regolari della Congregazione di San Vittore (vittorini). Da questi ebbe la benedizione abbaziale e consigli pratici di grande valore, iniziando così un’amicizia profonda, rinsaldata da stima reciproca. Ritornato a Cîteaux, spossato dalle fatiche per l’erezione del nuovo monastero, dalle penitenze e dalla cattiva nutrizione, conseguente alla povertà, fu colpito da una grave malattia. Di nuovo l’aiutò Guglielmo di Champeaux, che si recò a Cîteaux per prospettare le difficoltà nelle quali si trovavano a vivere Bernardo e i suoi confratelli. Raggiunta, ormai, una salda stabilità a Clairvaux, il santo cominciò a intervenire attivamente nella vita del suo tempo in difesa degl’ideali di austera vita per la Chiesa contro ogni prepotenza delle autorità laiche e di rigoroso ascetismo per gli ordini monastici. Nel 1128 interviene al concilio di Troyes, dove consiglia la formazione della Militia Templi, i cosiddetti Templari, per combattere gl’infedeli in Terra Santa, scrivendo il De Laudibus novae militiae. La crociata, però, aveva avuto una triste fine, anche per le discordie tra i capi: venne perciò prospettata una nuova spedizione di cui Bernardo avrebbe dovuto essere addirittura il capo; ma, dopo qualche tentativo, si finirà col rinunciare a questo progetto, anche per la morte di uno dei sostenitori, Sugero di Saint-Denis, potente collaboratore del re di Francia. Se il monachesimo cisterciense continuava la sua ascesa e la sua diffusione, se la fama del santo era universale, sebbene spesso duramente e chiaramente contrastata da chi considerava ingerente la sua azione di tutela della Chiesa, se le sue opere erano richieste, diffuse e lette con fervida attenzione, gli ultimi anni di Bernardo furono rattristati dalla morte dei suoi parenti e amici più cari, dall’insuccesso della “sua” crociata, rinfacciatogli da molti, e infine dalla consapevolezza, sempre più chiara e precisa, della trasformazione del suo mondo nelle direzioni e negli indirizzi che in gran parte aveva avversato. Dopo una vita così santa e attiva spirò, a Clairvaux, per un tumore allo stomaco. Morì il 20 agosto 1153, a 62 anni.
20 agosto: san Bernardo Tolomei (al secolo Giovanni Tolomei), nacque a Siena il 10 maggio 1272, dalla nobile famiglia dei Tolomei. Fu educato dai Frati Predicatori, nel Collegio di San Domenico di Camporeggio (Siena); fu promosso cavaliere (miles) dall’imperatore Rodolfo I d’Asburgo († 1291). Giovanni studiò materie giuridiche nella sua città di origine, dove fece anche parte della Confraternita dei Disciplinati di Santa Maria della Notte, sodalizio di laici dediti alla preghiera e alla carità, attivi nell’ospedale della Scala al servizio dei ricoverati. Una progressiva quasi totale cecità provocò la rinuncia ad una carriera pubblica. Nel 1313, ormai quarantenne, decise di ritirarsi con tre amici (Francesco, del quale non si conosce il casato, Ambrogio Piccolomini e Patrizio Patrizi) in una sua proprietà nel Deserto di Accona per condurre una vita da eremita, vivendo in grotte naturali e costruendo una piccola chiesa, la vita penitente di questi laici eremiti era caratterizzata dalla preghiera, dalla lectio divina, dal lavoro manuale e dal silenzio. Continuò la sua vita solitaria fino al 1319 quando insieme a Patrizio Patrizi, Ambrogio Piccolomini e altri seguaci, per volere del vescovo di Arezzo Guido Tarlati di Pietramala, dette vita alla Congregazione Benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto (olivetani). Il 1 aprile 1319 nacque il monastero di Santa Maria di Monte Oliveto Maggiore, con la posa della prima pietra della chiesa, il deserto di Accona era diventato “Monte Oliveto”, a ricordo del Monte degli Ulivi, su cui il Signore amava ritirarsi con i suoi discepoli e dove pregò prima della sua passione. La Regola cui si rifanno è quella di san Benedetto, il loro abito è di colore bianco in onore della Madonna e Giovanni sceglie il nome di Bernardo, in onore dell’abate di Chiaravalle, anch’egli innamorato di Maria. Caratteristica di questa nuova famiglia, che andava ad innestarsi nell’antico tronco benedettino, era ed è la forte comunione tra i monasteri, che con la Casa Madre formano un unico corpo. Bernardo lasciò ai suoi monaci un esempio di vita santa, di pratica delle virtù in grado eroico e un’esistenza dedita al servizio degli altri e alla contemplazione. Durante la Grande Peste del 1348, Bernardo lasciò la solitudine di Monte Oliveto per recarsi nel monastero di San Benedetto a Porta Tufi (Siena). Qui, assistendo i suoi concittadini e i monaci colpiti dall’infezione altamente contagiosa, morì egli stesso vittima della peste. Il suo corpo fu gettato in una fossa comune insieme a quelli degli altri monaci. Morì il 20 agosto 1348.