Oggi 24 gennaio la chiesa celebra san Francesco di Sales,nacque il 21 agosto 1567 in Savoia nel castello di Sales presso Thorens-Glières (Francia), appartenente ad una nobile famiglia savoiarda, Francois ricevette un’accurata educazione, coronata dagli studi universitari di giurisprudenza a Parigi e a Padova, dove si laureò, ma dove decise di divenire sacerdote. Ma proprio nel corso della sua frequentazione accademica divennero principali i suoi interessi teologici, fino alla scelta della vocazione sacerdotale. Ordinato il 18 dicembre 1593, fu inviato nella regione del Chiablese, dominata dal calvinismo, e si dedicò soprattutto alla predicazione, prediligendo il metodo del dialogo: inventò i cosiddetti «manifesti», che permettevano di raggiungere anche i fedeli più lontani. Visti gli scarsi frutti ottenuti dal pulpito, si diede alla pubblicazione di fogli volanti, che egli stesso faceva scivolare sotto gli usci delle case o affiggeva ai muri, meritandosi per questa originale attività pubblicitaria il titolo di santo patrono dei giornalisti e di quanti diffondono il cristianesimo servendosi dei mezzi di comunicazione sociale. Ma anche quei foglietti, che egli cacciava sotto le porte delle case, ebbero scarsa efficacia. Spinto da un enorme desiderio di salvaguardare l’ortodossia cristiana, mentre imperversava la riforma calvinista Francesco chiese volontariamente udienza al vescovo di Ginevra affinché lo destinasse a quella città, simbolo supremo del calvinismo e massima sede dei riformatori, per la difficile missione di predicatore cattolico. Stabilitosi a Ginevra, non si fece scrupoli a discutere di teologia coi protestanti, ardendo dal desiderio di recuperare quante più “anime” possibili alla Chiesa e soprattutto alla causa di Cristo da lui ritenuta genuina. Grazie ai suoi enormi sforzi e ai grandi successi ottenuti in termini pastorali gli meritarono la nomina a vescovo coadiutore di Ginevra (ossia ausiliario e assistente del vescovo titolare, Claudio di Granier) già nel 1599, a 32 anni di età e dopo soli sei anni di sacerdozio. Il 15 luglio 1602, dopo tre anni come coadiutore a Ginevra, Francesco fu eletto vescovo di Nicopoli all’Jantra, ma dopo soli due mesi, il 17 settembre, morì il vescovo di Ginevra che lui aveva assistito, Claudio di Granier, ancor prima che egli ricevesse la consacrazione episcopale alla sede nicopolitana. Così fu chiamato subito a succedere a Granier come vescovo di Ginevra, e fu consacrato tre mesi dopo, a dicembre. Nel suo ministero episcopale, Francesco si spese per l’introduzione nella sua diocesi delle riforme promulgate dal Concilio di Trento. La città rimase comunque nel suo complesso in mano ai riformati, e il novello vescovo dovette trasferire la sua sede nella cittadina savoiarda di Annecy, sulle rive del lago omonimo. Fu direttore spirituale di san Vincenzo de’ Paoli. Nel corso della sua missione di predicatore, nel 1604, conobbe a Digione la nobildonna santa Giovanna Francesca Frémiot, vedova del barone de Chantal, con la quale iniziò una corrispondenza epistolare e una profonda amicizia che sfociarono nella fondazione dell’Ordine della Visitazione. L’11 dicembre 1622 a Lione ebbe l’ultimo colloquio con la sua penitente e qui morì per un attacco di apoplessia il 28 dicembre 1622; patrono dei giornalisti e scrittori.
24 gennaio: san Feliciano di Foligno, nacque nella romana Forum Flaminii (ora San Giovanni Profiamma, frazione di Foligno) intorno al 160, da famiglia cristiana, trasferitasi a Roma, dove Feliciano fu istruito sotto papa Eleuterio per perfezionare la sua educazione. Diventato esemplare nella pratica cristiana, egli ritornò in patria con il vivo desiderio di portare la buona novella ai suoi concittadini che lo elessero vescovo e fu ordinato a Roma da papa Vittore I. Annunciò il messaggio cristiano per tutta l’Umbria; avendo il privilegio del Pallio poté consacrare vescovo, tra gli altri, san Valentino di Terni. Dopo 56 anni di episcopato, alla veneranda età di 89 anni, subì il martirio il 24 gennaio di un anno tra il 249 e il 251, sotto l’imperatore Decio, in località Monte Rotondo, poco distante dal centro di Foligno, mentre veniva condotto a Roma prigioniero; secondo la leggenda, dopo essere stato a lungo torturato, Feliciano venne incatenato ad una biga e trascinato dai cavalli al galoppo, finché sopraggiunse la morte.
24 gennaio: servo di Dio Pasquale Canzii, nacque il 6 novembre 1914 a Bisenti (Teramo). I genitori Alfredo e Semira Forcellese da tempo aspettavano un figlio; ora che finalmente la provvidenza ha mandato un bel bimbo, in segno di riconoscenza al santo patrono, lo chiamano Pasquale. A 3 anni Pasqualino, lasciato dalla mamma vicino al fuoco, cade in un caldaio pieno di acqua bollente. Ma con grande meraviglia dei familiari, che subito gridano al miracolo, gli occhi del piccolo non subiscono danni. Solo qualche scottatura sulle palpebre e le sopracciglia bruciate rimangono il segno di una brutta esperienza. Pasqualino rivela presto un temperamento sereno, portato al silenzio e al raccoglimento e incline alle cose di Dio. I suoi genitori lo educano ad amare Dio come un papà e gli insegnano con premura le prime preghiere. A 5 anni Pasqualino corre un altro pericolo. Si trova nella bottega di un fabbro con un coetaneo che ha in tasca della polvere da sparo; una scintilla, partita dalla fucina, accende la polvere e una grossa fiammata investe Pasqualino e gli brucia tutto il viso. Questa volta le scottature sono gravi, si temono serie complicazioni. Finalmente guarisce e il suo volto riacquista la freschezza di prima. Intanto, casa Canzii si allieta di un’altra nascita, il 29 giugno 1919 arriva il fratellino Pietro. Papà Alfredo capisce che i suoi guadagni non sono sufficienti per mantenere la famiglia accresciuta e decide di emigrare negli Stati Uniti. Pasqualino è un ottimo studente che gli insegnanti portano a modello per profitto e condotta. Diventa presto un esperto chierichetto che più volte il parroco don Filippo De Flaviis loderà pubblicamente. Il 31 maggio 1925 Pasqualino riceve la prima comunione, mentre il 29 maggio 1926, viene cresimato. Il 14 ottobre 1926 entra nel seminario diocesano di Penne (Pescara). Veste l’abito talare e inizia la sua nuova vita abbracciata con grande entusiasmo. Anche in seminario presto tutti si accorgono che è il migliore. Nonostante il suo gracile stato di salute, Pasqualino compie tutti i suoi doveri con impegno e convinzione. Desidera solo fare ciò che Dio vuole. In testa ha una sola idea fissa: la santità. La sua vita di preghiera si nutre della parola di Dio o dell’esempio dei suoi santi protettori san Gabriele dell’Addolorata, san Luigi Gonzaga, san Giovanni Berckmans. Quando torna a casa in vacanza dà sempre prova di grande distacco delle cose terrene. É moderato nel cibo e veste in maniera molto semplice. A 15 anni ci si prepara a gustare in pienezza tutta la vita. Anche Pasqualino ha tutta la vita davanti e sogna il giorno in cui sarà sacerdote e potrà proclamare a tutti l’amore di Dio. Ma si scopre che il suo corpo è minato dalla tubercolosi. Nel gennaio 1930 la malattia esplode in tutta la sua brutalità. Pasqualino non perde la sua giovialità e accetta il disegno di Dio, il pensiero della morte, anziché turbarlo, lo allieta, perché sa di essere vicino al traguardo. La malattia intanto si aggrava, la febbre lo consuma ogni giorno di più. La mamma e la nonna lo assistono amorevolmente negli ultimi giorni. Gli vengono dati gli ultimi sacramenti. Morì nel seminario di Penne (Pescara) il 24 gennaio 1930, a 15 anni, dopo soli pochi giorni di malattia.