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a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 25 dicembre è il Natale del Signore, è una festa cristiana che celebra la nascita di Gesù. Il termine italiano “Natale” deriva dal latino cristiano Natāle(m) (nascita). Nella tradizione cristiana, il Natale celebra la nascita di Gesù a Betlemme da Maria. Il racconto ci è pervenuto attraverso i vangeli secondo Luca e Matteo, che narrano l’annuncio dell’arcangelo Gabriele, la deposizione nella mangiatoia, l’adorazione dei pastori, la visita dei magi. Alcuni aspetti devozionali (la grotta, il bue e l’asino, i nomi dei Magi) risalgono invece a tradizioni successive e a racconti presenti in vangeli apocrifi. Il significato cristiano della festa risiede nella celebrazione della presenza di Dio. Con la nascita di Gesù,
Dio per i cristiani non è più infatti un Dio distante, che si può solo intuire da lontano, ma è un Dio che si rivela ed entra nel mondo per rimanervi fino alla fine dei tempi. Come tutte le solennità, il Natale ha una durata maggiore rispetto agli altri giorni del calendario liturgico e inizia infatti con i vespri della vigilia: il tempo liturgico del Natale si conta a partire dai primi vespri del 24 dicembre, per terminare con la domenica del Battesimo di Gesù, mentre il periodo precedente al Natale comprende le domeniche di Avvento. La data di nascita di Gesù è sconosciuta: il giorno non è indicato nei Vangeli né in altri scritti contemporanei. Fin dai primi secoli, i cristiani svilupparono comunque diverse tradizioni, basate anche su ragionamenti teologici. Un antico documento, il Cronografo dell’anno 354, attesta l’esistenza a Roma di questa festa al 25 dicembre, che corrisponde alla celebrazione pagana del solstizio d’inverno, “Natalis Solis Invieti”, cioè la nascita del nuovo sole che, dopo la notte più lunga dell’anno, riprendeva nuovo vigore. Celebrando in questo giorno la nascita di colui che è il Sole vero, la luce del mondo, che sorge dalla notte del paganesimo, si è voluto dare un significato del tutto nuovo a una tradizione pagana molto sentita dal popolo, poiché coincideva con le ferie di Saturno, durante le quali gli schiavi ricevevano doni dai loro padroni ed erano invitati a sedere alla stessa mensa, come liberi cittadini. Le strenne natalizie richiamano però più direttamente i doni dei pastori e dei re magi a Gesù Bambino. In Oriente la nascita di Cristo veniva festeggiata il 6 gennaio, col nome di Epifania, che vuol dire “manifestazione”; poi anche la Chiesa orientale accolse la data del 25 dicembre, come si riscontra in Antiochia verso il 376 al tempo di san Giovanni Crisostomo e nel 380 a Costantinopoli, mentre in Occidente veniva introdotta la festa dell’Epifania, ultima festa del ciclo natalizio, per commemorare la rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano.
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25 dicembre: sant’Alberto Adamo Chmielowski (al secolo Adam Chmielowski), nacque a Igołomia (Polonia) il 20 agosto 1845, discendente da una famiglia nobile. Sin dai primi anni era molto caritatevole verso i poveri e divideva con loro quel che aveva. Quando Adam ha 8 anni il padre muore di tubercolosi; si trasferisce a Varsavia e, due anni più tardi viene mandato con una borsa di studio a Pietroburgo alla scuola dei cadetti. Dopo un anno la madre lo richiama nella capitale dove lo iscrive al ginnasio. Nel 1859 rimane orfano anche di madre e, con i fratelli. Quando nel 1863 in Polonia scoppiò l’insurrezione contro il potere zarista, Adam sta frequentando la Scuola Agraria di Pulawy. Entusiasta si unisce agli insorti e, durante una battaglia nei pressi di Melchów, il 30 settembre, rimane ferito dallo scoppio di una bomba a mano. Viene fatto prigioniero dai russi e gli viene amputata una gamba. Due mesi dopo con l’aiuto di parenti ed amici riesce a fuggire, ma deve lasciare la Polonia per rifugiarsi in Francia. Giunto a Parigi si fa applicare una protesi alla gamba amputata e inizia a frequentare la Scuola di Belle Arti; si trasferisce quindi a Gand (Belgio) per frequentare la facoltà di Ingegneria, poi a Monaco ancora all’Accademia di Belle Arti; quindi Varsavia e ancora Parigi. In ogni ambiente emergeva la sua personalità cristiana che, tradotta in coerenza di vita e di impegno professionale, influenzava quanti lo frequentavano. Convinto che per servire Dio «bisogna dedicare a lui l’arte ed il talento», nel 1880 entrò nella Compagnia di Gesù come fratello laico, presso il monastero di Tarnopol. Dopo sei mesi dovette lasciare il noviziato a causa della cattiva salute. Dopo soli sei mesi precipita in una profonda crisi spirituale che sconfina nella follia obbligandolo ad abbandonare la tonaca e a farsi ricoverare presso l’Istituto Regionale per malati di mente di Kulparow, vicino Leopoli. Ne esce, guarito, nel 1882. Superata la crisi spirituale, cominciò una nuova vita, dedicata tutta a Dio ed ai fratelli. Si stabilisce a casa del fratello dedicandosi alla pittura e al restauro di quadri nelle piccole chiese della zona. Entra in contatto con il Terzo Ordine Francescano e comincia a diffonderne la spiritualità. Tornato a Cracovia si imbatte nella tragica situazione dei dormitori pubblici, dove si rifugiavano i poveri. Ottiene dalla municipalità la direzione di questi luoghi e si dedica a risollevare la condizione dei più derelitti: percorre la città con un campanello in cerca di offerte per sostenere la sua opera. Per amore verso Dio e verso il prossimo, Adam rinunciò al successo dell’arte, al benessere materiale, agli ambienti aristocratici e decise di vivere tra quei poveri, per sollevarli dalle loro miserie morali e materiali. Il 25 agosto 1887 vestì un saio grigio, prese il nome di Fratel Alberto e un anno dopo, con il consenso del cardinale Albin Dunajewski, pronunciò i voti di terziario francescano, nel 1888, fondò la Congregazione dei Frati del Terzo Ordine di San Francesco, Servi dei Poveri, i quali presero cura del dormitorio maschile. Dedicandosi al servizio dei più poveri, degli abbandonati, degli emarginati e dei vagabondi. La sua attività di fondatore fu instancabile nonostante l’invalidità fisica. In pochi anni oltre alla congregazione maschile diede vita a quella femminile, detta delle Suore Albertine, nel 1891, che affidò a suor Bernardina Jabłońska. Nonostante l’invalidità e la protesi rudimentale alla gamba, viaggiava molto per fondare i nuovi asili in altre città della Polonia e per visitare le case religiose. Queste case erano aperte a tutti, senza distinzione di nazionalità o di religione. La forza per svolgere la sua attività l’attinse dalla preghiera, dall’Eucaristia e dall’amore per il Mistero della Croce. Colpito da cancro allo stomaco trapassò a Cracovia. Morì il 25 dicembre 1916.
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