a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 28 agosto: sant’Agostino d’Ippona, nacque a Tagaste (in Algeria) il 13 novembre del 354 d.C. Tagaste, africano di nascita, apparteneva a una famiglia non facoltosa, il padre Patrizio era un pagano, la madre Monica, cristiana. Agostino ebbe anche un fratello, Navigio e una sorella di cui non si conosce il nome. Patrizio decise di mandarlo a Cartagine per prepararlo alla carriera forense, ma Agostino passò il suo sedicesimo anno a Tagaste, in un ozio in cui si scatenò una crisi intellettuale e morale e quando all’età di 17 anni giunse a Cartagine ogni situazione che gli capitava lo portava a traviarsi, aveva uno smisurato desiderio di essere sempre il primo, anche nel peccato. Non molto tempo dopo essere giunto a Cartagine, però, Agostino fu costretto a confessare a sua madre di avere una relazione con una donna, che gli aveva dato un figlio, Adeodato, e con la quale visse in concubinato per quindici anni. Nel 373 la sua ansia per la ricerca dell’assoluto lo fece approdare al Manicheismo, di cui divenne uno dei massimi esponenti. Al termine dei suoi studi sarebbe dovuto entrare nel forum litigiosum, ma preferì la carriera letteraria e tornò a Tagaste per insegnare grammatica. Monica era dispiaciuta per l’eresia di Agostino e non l’avrebbe neanche ricevuto in casa, se non fosse stata consigliata da un vescovo che dichiarò che «il figlio di così tante lacrime e preghiere non poteva perire». Poco tempo dopo Agostino tornò a Cartagine, dove continuò ad insegnare retorica e cominciò a ripudiare il Manicheismo, al punto da dire: «Distruggono tutto e non costruiscono nulla». Nel 383 andò a Roma, dove continuò a frequentare la comunità manichea e si ammalò gravemente. Quando guarì fece domanda per un posto come professore a Milano. Il prefetto della citta Quinto Aurelio Simmaco l’aiutò ad ottenere il posto con l’intento di contrastare la fama del vescovo Ambrogio. Dopo aver fatto visita al vescovo, però, si sentì attratto dai suoi discorsi e iniziò a seguire regolarmente le sue predicazioni. Monica intanto, che aveva raggiunto suo figlio a Milano, lo convinse a fidanzarsi, anche se Agostino salutò la madre di Adeodato, il suo posto fu presto preso da un’altra. Dovette così attraversare un ultimo periodo di lotta e di angoscia, durante il quale la sua volontà di convertirsi non riusciva a prevalere del tutto sull’idea dei piaceri a cui avrebbe dovuto rinunciare. Finché, anche grazie ai preziosi contributi del vescovo Ambrogio, intuì come la verità, tema centrale del suo itinerario filosofico, non sia un semplice fatto in sé da dominare, ma che da essa si viene dominati, perché è qualcosa di assoluto. Fu un colloquio con Simpliciano, futuro successore di Ambrogio, a preparare la strada per la conversione. Questa sarebbe avvenuta all’età di 33 anni nel settembre 386. Nel 387 Agostino si recò a Milano dove fu battezzato da Ambrogio nella Veglia pasquale. Fu a questo punto che Agostino decise di ritirarsi in Africa, ma mentre era in procinto di imbarcarsi ad Ostia, Monica morì. Tornò in Africa, a Tagaste, dove decise di dedicarsi a quel Dio che era giunto ad amare in età adulta. Cominciò vendendo tutti i suoi beni e donando tutto ai poveri. Agostino non pensava di diventare sacerdote e un giorno, essendo stato invitato ad Ippona da un amico, stava pregando in una chiesa quando un gruppo di persone lo circondò. Costoro implorarono Valerio, il vescovo, di elevarlo al sacerdozio; nonostante i suoi timori, Agostino fu ordinato nel 391. Il suo ministero sacerdotale durato cinque anni fu molto fruttifero: Valerio l’autorizzò a predicare nonostante l’uso africano che riservava quel ministero ai soli vescovi; combatté l’eresia, specialmente quella manichea ed il suo successo fu notevole. Indebolito dall’età ormai avanzata, Valerio, vescovo di Ippona, ottenne da Aurelio, Primate d’Africa, che Agostino fosse associato alla sua sede in qualità di coadiutore. Pertanto Agostino si dovette rassegnare alla consacrazione dalle mani di Megalio, Primate di Numidia. Aveva 42 anni, ed avrebbe occupato la sede di Ippona per i successivi 34. Nel 429 si ammalò gravemente, mentre Ippona era assediata da tre mesi dai Vandali comandati da Genserico, dopo che avevano portato morte e distruzione dovunque; il santo vescovo ebbe l’impressione della prossima fine del mondo; morì il 28 agosto del 430 a 75 anni.
28 agosto: beato Tommaso Felton, nacque a Londra nel 1567 di nobile casata, nella contea di Surrey. Nell’agosto del 1570 perse il padre Giovanni, fu impiccato per aver affisso, in giorno festivo, al portone episcopale londinese la Bolla di scomunica Regnans in cœlis di Pio V contro la Regina Elisabetta. All’età di 18 anni, esiliato per causa del padre, avendo avuto occasione di conoscere i Figli di San Francesco di Paola (minimi) nella chiesa della Nostra Signora degli Angeli in Reims dove i Frati Minimi celebrarono sin dal 1572, ed essendo stato, subito attratto dalle virtù, chiese di essere ammesso a vestirne l’abito. Dopo l’anno di noviziato e la professione della Regola, per motivi di salute, fu mandato sotto mentite vesti in Inghilterra. Dopo essere guarito, riconosciuto da alcuni ufficiali mentre era sul punto di imbarcarsi per raggiungere i suoi confratelli a Reims, il giovane fu arrestato per ben tre volte e rinchiuso nelle prigioni di Londra, Bridewell e New-Gate per complessivi tre anni circa, con l’accusa di non voler riconoscere il primato del Re d’Inghilterra sul Papa. In carcere, fu trattato in modo inumano con il supplizio detto Little ease, cioè poco riposo (non poteva stare né in piedi, né seduto, né tantomeno giacere) e a pane e acqua fino all’estremo supplizio. Il 26 agosto 1588 il religioso fu processato a Old Bacley e condannato all’impiccagione per tradimento con la formula Fellonia. La condanna a morte del Felton fu eseguita nel pomeriggio di mercoledì 28 agosto 1588, aveva solo 21 anni; protettore dei Chierici Minimi