a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 9 agosto la chiesa santa Teresa Benedetta della Croce (al secolo Edith Stein), nacque a Breslavia (Polonia) il 12 ottobre 1891, da una famiglia di ebrei. Il padre venne a mancare quando Edith non aveva ancora compiuto 2 anni. La madre, una donna molto religiosa, solerte e volitiva, veramente rimasta sola dovette sia accudire alla famiglia sia condurre la grande azienda; non riuscì però a mantenere nei figli una fede vitale. Edith perse la fede in Dio. Consegui la maturità nel 1911 ed iniziò a studiare germanistica e storia all’Università di Breslavia, più per conseguire una base di futuro sostentamento che per passione. Il suo vero interesse era invece la filosofia. Studiò filosofia a Breslavia e a Gottinga, dove conseguì il dottorato, Edith divenne nel 1916 assistente del celebre fenomenologo Edmund Husserl. Nel gennaio del 1915 superò con lode l’esame di stato. Non iniziò però il periodo di formazione professionale. Frequentò un corso d’infermiera e prestò servizio in un ospedale militare austriaco. Accudisce i degenti del reparto malati di tifo, presta servizio in sala operatoria, vede morire uomini nel fior della gioventù. Alla chiusura dell’ospedale militare, nel 1916, seguì Husserl a Friburgo nella Brisgovia, dove conseguì nel 1917 la laurea “summa cum laude” con una tesi: “Sul problema dell’empatia”. Dopo aver letto la biografia di santa Teresa d’Avila prese una decisione: all’età di 31 anni si convertì al cattolicesimo e, il l gennaio 1922, ricevette il battesimo a Bad Bergzabern, andò ad insegnare presso due scuole domenicane per ragazze a Spira, durante questo periodo la sua vita fu scandita da preghiera, insegnamento, vita comune con le allieve e studio personale. Nel 1931 termina la sua attività a Spira. Tenta di ottenere l’abilitazione alla libera docenza a Breslavia e Friburgo. Invano. Nel 1932 le venne assegnata una cattedra presso una istituzione cattolica, l’Istituto di Pedagogia Scientifica di Münster, dove ha la possibilità di sviluppare la propria antropologia. Qui ha il modo di unire scienza e fede e di portare alla comprensione d’altri quest’unione. Il 12 aprile 1933, alcune settimane dopo l’insediamento di Adolf Hitler al cancellierato, Edith scrisse a Roma per chiedere a papa Pio XI e al suo segretario di stato, il cardinale Eugenio Pacelli (futuro papa Pio XII) di non tacere più e di denunciare le prime persecuzioni contro gli ebrei. Il 14 ottobre 1934, Edith, entrò nel monastero carmelitano a Colonia e prese il nome di Teresa Benedetta della Croce; per proteggerla dalla minaccia nazista, il suo ordine la trasferì al monastero di Echt (Olanda), ma neanche là era al sicuro. La conferenza dei vescovi olandesi scrissero una lettera pastorale contraria alle deportazioni che fece leggere in tutte le chiese del paese, in risposta, il 26 luglio 1942, Adolf Hitler ordinò l’arresto degli ebrei convertiti. Edith e sua sorella Rosa, anche lei convertita, furono catturate, il 2 agosto 1942, e internate nel campo di Westerbork prima di essere trasportate al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Con gli altri deportati, fra cui anche la sorella Rosa, varcò la soglia della camera a gas, suggellando la propria vita con il martirio. Morì il 9 agosto 1942, a 51 anni.
9 agosto: san Romano detto Ostiarius, ci racconta l’antica Passio polichronii et aliorum sanctorum, che era un legionario romano e che si convertì al cristianesimo mentre assisteva al martirio di san Lorenzo; durante il martirio del diacono Lorenzo, Romano ebbe la visione di un angelo che alleviava le sofferenze del martire e decise di chiedere il battesimo, il procuratore Decio, infuriato per la resistenza fisica di Lorenzo, volle interrompere il tormento. Romano, cercando di operare di nascosto, si avvicinò al diacono con una brocca d’acqua e si fece immediatamente battezzare, sorpreso, venne arrestato e violentemente fustigato, poi dopo essersi pubblicamente dichiarato cristiano, gridando: «sono cristiano!», venne condotto fuori Porta Salaria e decapitato. Morì il 9 agosto 258; patrono del Principato di Monaco.
9 agosto: beato Franz Jägerstätter, nacque a Sankt Radegund (Austria) il 20 maggio 1907, da una famiglia povera. Crebbe presso la nonna materna, perché i genitori erano troppo poveri per sposarsi. Nel 1917 sua madre sposò un contadino benestante che adottò Franz. Quando il padre adottivo morì nel 1933, Franz ne ereditò la proprietà. Nello stesso anno Franz riconobbe la paternità di una figlia nata da Theresia Auer, domestica in una fattoria vicina. Nel 1936 sposò Franziska Schwaninger, conosciuta l’anno precedente, e andò in viaggio di nozze a Roma. Il matrimonio segnò una svolta nella sua vita, fino ad allora disordinata. La preghiera e la lettura della Bibbia divennero consuetudine quotidiana per Franz e Franziska. Dal matrimonio nacquero tre figlie, Rosalia, Maria e Aloisia. Lo studio della letteratura sacra e la frequentazione della chiesa lo portarono alla convinzione che la sua fede cattolica fosse incompatibile con il nazionalsocialismo. Dopo l’Anschluss (annessione) dell’Austria alla Germania nazista, il 12 marzo 1938, Franz rifiutò l’incarico di sindaco che gli era stato offerto. In occasione del plebiscito sull’annessione, il 10 aprile, fu l’unico a votare “no” nel suo paese. Franz espresse la sua resistenza al nazionalsocialismo anche non partecipando più alla vita pubblica del paese e rifiutando offerte dal partito nazista. Nell’estate del 1940 Franz venne arruolato dalla Wehrmacht, ma il sindaco di Sankt Radegund, a causa della situazione familiare di Franz (la moglie si era ammalata), ottenne il suo rientro dalla caserma di Braunau. Nell’ottobre del 1940 egli venne richiamato alle armi per la formazione come recluta presso Enns. Su richiesta del suo Comune, venne però dichiarato “insostituibile” e poté tornare alla famiglia e al lavoro agricolo. Nell’estate del 1941, alla morte del sacrestano della sua parrocchia, lo sostituì su richiesta del parroco. L’esperienza negativa nell’esercito e il programma nazionalsocialista sull’eutanasia, che conobbe in quel periodo, rafforzarono la sua decisione di non tornare alla vita militare. Dichiarò anche apertamente che, come cattolico credente, non poteva prestare servizio militare, poiché lottare per lo Stato nazionalsocialista sarebbe stato contrario alla sua coscienza. Il suo ambiente cercò di dissuaderlo, ricordandogli le responsabilità verso la propria famiglia ma i suoi princìpi non vennero indeboliti. Perfino il vescovo di Linz, Josephus Calasanz Fließer, gli consigliò di desistere dall’obiezione di coscienza. La moglie Franziska lo sostenne in questa decisione, anche se conscia delle conseguenze. Il 23 febbraio 1943 ricevette la terza chiamata alle armi presso la città di Enns, dove si presentò il 1 marzo. Dopo aver manifestato l’intenzione di obiettare venne trasferito nella prigione militare per gli indagati di Linz. Solo lì seppe che anche altre persone rifiutavano il servizio militare e che opponevano resistenza al nazionalsocialismo. Il 4 maggio venne trasferito a Berlino-Tegel. Lì si rifiutò ancora di ritirare la sua obiezione di coscienza. Il 6 luglio il Tribunale di Guerra del Reich di Berlino-Charlottenburg lo condannò a morte per sovversione dell’esercito. Il tribunale non prese in considerazione la sua disponibilità ai servizi di sanità. Venne ghigliottinato il a Brandeburgo sulla Havel. Morì il 9 agosto 1943.