Oggi venerdì 9 giugno la chiesa festeggia san Riccardo d’Andria, nacque nel XII secolo, da una nobile famiglia inglese. Riccardo era a quanto pare di origine inglese e aveva studiato e preso i voti da sacerdote presso un’abbazie benedettina. Dopo essere diventato sacerdote e dopo aver servito la chiesa con virtù ed umiltà, fu ricompensato da papa Adriano IV (anche lui di origine inglese) con la nomina a vescovo della città di Andria, nella provincia di Bari. Resse la diocesi di Andria almeno per un quarantennio e, durante la sua lunga permanenza sulla cattedra episcopale, operò per “risanare i costumi” di quella parte del clero accusato di essere stato “corrotto” dalla pratica della simonia (compravendita di cariche ecclesiastiche) e del nicolaismo (indica la presenza nel clero di preti sposati o concubinari), ripetutamente e duramente condannati nei Concili Lateranensi del 1139 e del 1179, ma la sua attività apostolica si concentrò particolarmente nel “ricristianizzare” il popolo andriese; Pregava sempre in ginocchio e digiunava spesso. Fu proclamato primo vescovo di Andria e la sua vita fu dedicata alla conversione al cristianesimo e alla parola di Cristo degli andriesi. La leggenda narra che una notte a Riccardo che pregava, apparve san Pietro che gli ordinò di andare in Italia a predicare agli abitanti della piccola città di Andria. Giunto davanti alla porta della cittadina trovò un cieco ed una paralitica e li guarì. Riportò alla fede tutta la città e durante la sua vita gli furono attribuiti moltissimi miracoli. La sua vita dedicata agli altri lo fece molto amare dagli andriesi che subito dopo la sua morte cominciarono a venerarlo come santo e gli dedicarono il primo ospedale ed una importante fiera cittadina. La storia narra che la salma di Riccardo, fu ritrovata 90 anni dopo la sua morte, dal duca d’Andria Francesco II Del Balzo e dal vescovo Dondei, esattamente il 23 aprile 1438. Le reliquie erano custodite in una cassetta di legno avvolte in un panno, insieme ai sandali di pelle, il capo e il cuore di colore rosso conservati in un balsamo. Per festeggiare il ritrovamento delle ossa del protettore della città, il duca Del Balzo istituì la fiera d’Aprile che durava otto giorni, dal 23 al 30 del mese. Morì il 9 giugno 1200 circa.
9 giugno: sant’Efrem il Siro, nacque a Nisibis (Turchia) nel 306, da una famiglia cristiana. Aveva 7 anni quando l’imperatore Costantino emanò il cosiddetto Editto di Milano nel 313 d.C., ma Efrem della libertà di culto non poté godere nell’ambito della propria famiglia, essendo suo padre un sacerdote pagano e poco propenso quindi ad accettare la formazione cristiana che al figlio impartiva la pia madre. Efrem fu cacciato di casa. A 18 anni ricevette il battesimo, da san Giacobbe primo vescovo di Nisibis, e visse del proprio lavoro, ad Edessa, come inserviente in un bagno pubblico. Nel 338 Nibisis venne attaccata dai Persian ed Efrem accorse in suo aiuto. Quando Nibisis cadde sotto il dominio persiano, Efrem, divenuto diacono, nel 365 si stabilì definitivamente a Edessa, dove diresse una scuola. Compose inni e scrisse dei commentari biblici, nell’ambito delle sue mansioni educative. Efrem non scriveva per la gloria letteraria; egli si serviva della poesia come di un eccellente mezzo pastorale perfino nelle omelie e nei sermoni. Efrem ha scritto moltissimi inni, poesie e omelie in versi e commentari biblici in prosa. Questi ultimi sono opere di teologia pratica, per l’edificazione della Chiesa, scritti in un momento di grande incertezza attorno alla fede. Morì il 9 giugno 373.
9 giugno: beata Anna Maria Giannetti Taigi, nacque a Siena il 29 maggio 1769, da una famiglia della piccola borghesia, ma che andò incontro a un dissesto finanziario e si trasferì da Siena a Roma in cerca di lavoro. Anna Maria fu iscritta all’Istituto Maestre Pie Filippine. Lì prese lezioni di religione, lettura, calcolo e lavori domestici, ma dell’arte della scrittura imparò soltanto a scrivere il suo nome, poiché fu obbligata a interrompere i suoi studi a causa di un’epidemia di vaiolo. Non frequentando più i banchi di scuola, si vide nella contingenza di lavorare per contribuire alle spese familiari. Trovò lavoro in un piccolo atelier, dove cardava la seta e cuciva. Anna divenne una bella e vanitosa ragazza, che sognava di costituire una felice e prospera famiglia. Si interessava molto alla letteratura romantica dell’epoca ed era assidua nella partecipazione di feste e balli. Nel 1787, abbandonò l’attività presso l’atelier per trovar lavoro come domestica nel Palazzo Maccarani, dove lavorava il padre e dove conobbe il futuro marito Domenico Taigi, servitore dei principi Chigi. I due si sposarono nel 1789 ed ebbero sette figli. La carità sociale di Anna Maria si spiega a seguito di un incontro che fece nei pressi della Basilica di San Pietro, con un padre Servo di Maria, Angelo Verardi, il quale le permise una vera e propria rinascita alla fede cristiana. Si tramanda che, non appena vista entrare nella Basilica vaticana, il religioso dei Servi di Maria udì una voce soprannaturale: «Presta attenzione a questa donna, lei ti sarà affidata un giorno e tu lavorerai per la sua conversione». A partire da allora, rinunciò a tutte le vanità del mondo e non partecipò più a divertimenti futili, trovando la maggior consolazione e gioia nella preghiera. Visioni, rivelazioni, sofferenze, guarigioni e miracoli saranno ora la sua quotidianità, senza mai smettere di compiere i suoi doveri di sposa e madre. Con il consenso del marito, dopo la conversione, nel 1790, aveva deciso di entrare fu aggregata al Terz’Ordine secolare dell’Ordine della Santissima Trinità (trinitari). Pur continuando a vivere la vocazione matrimoniale nella sua pienezza, Anna Maria intraprese d’allora un’attività caritatevole senza eguali verso il prossimo. Pur povera, infatti, la madre di famiglia cercò in tutte le maniere a lei possibili di aiutare gli indigenti della Roma pontificia di primo Ottocento. Ma la sua carità fu esercitata “con ordine”, innanzitutto verso la sua famiglia e, quindi, subito dopo per i più poveri, ma anche ai carcerati, ai condannati a morte, che cerca di visitare e, quando non ci riesce, affida al Signore offrendo per loro preghiere e penitenze, raccomandando anche l’orazione dei suoi amici per questa intenzione. Anna Maria visitava quindi i malati negli ospedali e nelle case, specialmente in quelle dei poveri, raccomandando loro il pentimento, l’espiazione e l’offerta dei loro sacrifici, invocando la Santissima Trinità per ottenere la grazia della guarigione, morale o materiale. Tra i suoi carismi, spicca quello di un sole luminoso, che le brillò davanti agli occhi per 47 anni brillò davanti al suo sguardo e nel quale vedeva quanto accadeva nel mondo e lo stato delle anime in vita e in morte, dal 1790. Morì il 9 giugno 1837