Oggi 11 aprile la chiesa celebra san Stanislao di Cracovia, nacque Szczepanów (Polonia) il 26 luglio 1030, da una nobile famiglia. I genitori lo avviarono alla carriera ecclesiastica, dapprima studiò all’università di Gniezno, poi a Parigi, dove studiò diritto canonico e teologia. Rientrato in Polonia, alla morte dei genitori, ereditò una molteplicità di beni che mise a disposizione dei poveri e della Chiesa. Per il suo zelo di predicatore, la sua dedizione alla preghiera, allo studio delle Sacre Scritture e la condotta penitente, portò il cilicio fino alla morte, il vescovo di Cracovia, Lamberto Zula, lo ordinò sacerdote e canonico della cattedrale, predicatore della cattedrale e vicario diocesano generale. Nel 1072, alla morte del vescovo Zula, Stanislao venne designato quale suo successore, ma accettò l’elezione solo dopo la richiesta di papa Alessandro II. Stanislao era sempre attento ai fedeli della sua diocesi, visitandoli ogni anno e difendendo in particolare i più deboli e gli oppressi. Godette inizialmente del sostegno del re Boleslao II detto l’Ardito, ma fu poi coinvolto in una disputa con lui, per averlo pubblicamente denunciato per la sua vita dissoluta e per la sua condotta immorale. Di fronte all’ostentazione del sovrano, Stanislao emise la scomunica, suscitando l’ira del re che decise di liberarsi dello scomodo vescovo e ordinò alle sue guardie di ucciderlo. Mentre, Stanislao, celebrava messa nella Chiesa di San Michele venne assassinato e il suo corpo mutilato venne dato in pasto ai cani. Morì l’11 aprile 1079; patrono della Polonia.
11 aprile: santa Gemma Galgani (Gemma Umberta Maria Galgani), nacque a Capannori (Lucca) il 12 marzo 1878. All’età di 7 anni rimase orfana della madre. Cresciuta con il padre e i fratelli a Lucca, studiò presso le Suore Oblate dello Spirito Santo (zitine), fondate dalla beata Elena Guerra, fino al giorno in cui, a causa di un fallimento, la sua famiglia perse ogni avere e si trasferì in una povera abitazione. L’11 settembre 1893 il fratello Gino, seminarista, morì di tisi, come la madre, alla giovane età di 18 anni. La morte del fratello segnò per lei un profondo crollo, tentò di ammalarsi utilizzando i suoi indumenti tanto che, dopo un mese, fu costretta a letto per il contagio. Guarita dopo circa tre mesi ma essendo ancora indebolita, le venne proibito di partecipare alle lezioni presso le Zitine, che si interruppero nel 1893, per volontà del padre. La sua famiglia era infatti preoccupata che l’eccessivo studio potesse peggiorare il suo stato di salute cagionevole. Si dedicò alle faccende domestiche prendendosi cura dei fratelli, badando in particolare alla loro educazione religiosa. Si distinse per la grande disponibilità verso tutti. Il suo intenso amore si dispiegò non solo verso i famigliari ma anche verso i poveri. Quando usciva di casa si portava i denari regalati dal padre o qualunque alimento per darli ai poveri. La malattia della moglie, medici e medicine troppo costose, unite a prestiti poco accorti condussero ben presto il padre al fallimento. I Galgani rimasero a dormire in uno stanzone vuoto avendo gli esecutori chiuso a chiave le camere da letto. Dovendo vivere grazie alla carità dei benefattori. Gemma in quel periodo cominciò a lavorare presso una scuola di taglio. L’11 novembre 1897 morì il padre, colpito da un cancro alla gola, la situazione finanziaria divenne disperata, i creditori assaltarono l’abitazione del defunto portando via tutto ciò che rimaneva ai suoi orfani. Gemma inaspettatamente, mentre i membri rimasti della famiglia cominciarono a disperarsi, la giovane rimase fredda e determinata, incoraggiando i fratelli a non arrendersi. La sorella Carolina, che viveva a Camaiore, prese in affido l’allora diciannovenne Gemma e la tenne con sé poco meno di un anno. Durante questo periodo un giovane se ne invaghì e cercò in tutti i modi di conquistarla. Gemma, che aveva ormai scelto la vita religiosa, infastidita non solo dalle attenzioni del giovanotto, ma soprattutto dalle dicerie del paese, decise di abbandonare Camaiore e tornarsene a Lucca, presso la zia Elisa, povera ma almeno fuori d’ogni pericolo. Nel 1898, Gemma fu colpita da una grave malattia alla spina dorsale, che la costrinse all’immobilità. Dopo un anno, ad aggravare la situazione, i medici le diagnosticarono un tumore alla testa, dandola per spacciata. Allora, una delle sue vecchie maestre riuscì a convincerla a fare una novena a santa Margherita Maria Alacoque. Nell’ultimo giorno di questa novena, la giovane si alzò in piedi, totalmente sana. Come desiderato, non appena guarita si recò presso il monastero delle Visitandine di Lucca, il 1 maggio 1899, per un corso di esercizi spirituali, desiderosa di entrare a far parte del loro ordine religioso, in riconoscenza a Margherita Alacoque, per la cui intercessione ella era guarita. Lì però non si trovò per nulla a suo agio. Ciò nonostante preferì rimanere lì piuttosto che tornare a casa, sebbene questa vita fosse da lei ritenuta troppo comoda e poco confacente al suo spirito da penitente. Dovette presto dimenticare quei giorni poiché a causa della salute malferma e delle magre finanze della famiglia per assicurarle la dote venne costretta a tornare a casa. Rifiutata dai monasteri della città, venne adottata dalla ricca famiglia Giannini che le offrì vitto e alloggio nella propria casa, per circa quattro anni, a Lucca. Il 21 settembre 1902 si ammalò gravemente di tubercolosi. Morì l’11 aprile 1903, a 25 anni.
11 aprile: beata Sancha del Portogallo (al secolo principessa Sancha Sanches de Portugal), nacque a Coimbra (Portogallo) il 22 aprile 1178, figlia del re del Portogallo, Sancho I e di Dolce di Barcellona. Fece vita ritirata sin da giovane e presto divenne suora, nel monastero cistercense di Celas nella freguesia (frazione) di Sant’Antonio di Olivais di Coimbra, che lei aveva fondato. Poi fondò e fu la prima Badessa del convento di Lorvao. Alla morte del padre, nel 1211, Sancha ricevette in eredità il castello di Alenquer, nel distretto di Lisbona, unitamente alla città, con le relative rendite, divenendo la signora di Alenquer. Ma il nuovo re, Alfonso II, suo fratello, volendo accentrare nelle sue mani tutto il potere, rifiutava di consegnargliela, così come rifiutava di consegnare terre e città anche alle altre due sorelle, la beata Mafalda (2 maggio) e la beata Teresa (17 giugno). Alfonso temeva che, una volta riconosciuto il diritto di proprietà alle sorelle, eventuali eredi avrebbero poi potuto succedere loro e spezzare l’unità del regno. Da questo fatto nacque una disputa tra il re e le tre sorelle, che avevano l’appoggio di buona parte della nobiltà; la disputa portò ad un conflitto che vide vincitore il re sui nobili ribelli. La crisi fu risolta, alla morte di Alfonso, nel 1223, dal suo successore, Sancho II, che consentì alle zie di ricevere le rendite, pur mantenendo il controllo di castelli e città. Finalmente sia Sancha che le sorelle, che erano monache cisterciensi, poterono rientrare nei loro conventi; Sancha passò per il resto dei suoi anni nei due conventi da lei fondati: il monastero di Celas e il convento di Lorvao. Morì il 13 marzo 1229.