a cura di Riccardo Pecchia
Oggi 11 gennaio si festeggia san Paolino II di Aquilea, nacque a Premariacco (Udine) nel 750 circa. Sull’infanzia e la giovinezza di questo santo si sa ben poco. Paolino ricevette una solida formazione culturale e, dopo approfonditi studi teologici, fu ordinato sacerdote. L’imperatore Carlo Magno fu talmente conquistato dallo spirito e dalle doti di Paolino che, intorno al 776, lo volle ad Aquisgrana, alla sua corte, dove quest’erudito insegnò alla scuola di palazzo. In questo periodo nacque l’amicizia tra Paolino e Alcuino, che insegnava all’imperatore e a tutta la sua famiglia e che si trovava al centro della vita intellettuale dell’epoca. Nel 787, Carlo Magno nominò Paolino patriarca di Aquileia, un episcopato di importanza strategica per l’espansione franca verso i territori non cristianizzati degli Slavi e degli Avari. Come patriarca, Paolino fu uno dei protagonisti della vita religiosa del tempo. Nel 792 partecipò al sinodo di Ratisbona, che censurò una prima volta la dottrina adozionista, che affermava che Cristo sarebbe stato un uomo innalzato al livello divino e dotato di forza divina. Nel 794 fu tra i principali attori del sinodo di Francoforte, che produsse una nuova e più decisa condanna dell’eresia, anche sulla base del Liber Sacrosyllabus contra Elipandum, uno scritto di Paolino che egli presentò a nome dei vescovi italiani. Nel 796-797 Paolino convocò un sinodo a Cividale, cui presero parte i vescovi suffraganei di Aquileia, per applicare le direttive di disciplina ecclesiastica dettate dalla corte nell’Admonitio generalis del 787; il sinodo si pronunciò anche a favore del Filioque. Divenuto ormai teologo di fama, Paolino scrisse su incarico di Carlo una confutazione definitiva della dottrina adozionista. Operò profonde trasformazioni nella sua diocesi, con riforme liturgiche, come si può desumere dagli atti del Concilio di Cividale, del 796. Morì a Cividale del Fiuli (Udine) il 11 gennaio 802.
11 gennaio: san Tommaso da Cori (al secolo Francesco Antonio Placidi), nacque a Cori (Latina) il 4 giugno del 1655, Francesco Antonio ha conosciuto un’infanzia segnata dalla perdita prematura della mamma prima e del papà poi, rimasto solo a 14 anni ad accudire la sorella più piccola. Farà il pastore, imparando la saggezza delle cose più semplici. Sposate le sorelle, il giovane sarà libero di seguire quell’ispirazione che da qualche anno custodiva nel silenzio del cuore: appartenere completamente a Dio nella vita religiosa francescana. A 22 anni, il 7 febbraio 1677 entrò nell’Ordine dei Frati Minori presso la chiesa della Santissima Trinità di Orvieto, assumendo il nome di fra Tommaso. Professata la Regola di San Francesco e compiuti gli studi teologici, divenne sacerdote nel 1683. Fu immediatamente nominato vice maestro dei novizi nel convento della Santissima Trinità d’Orvieto, tanto i superiori riconobbero da subito le sue doti. Dopo poco tempo Tommaso udì parlare dei Ritiri che iniziavano a fiorire nell’Ordine e dell’intenzione dei superiori della Provincia Romana di instaurarne uno nel convento di Civitella (oggi Bellegra). La sua richiesta fu accolta e il giovane frate bussò così alla porta del povero convento nel 1684. Da allora, Tommaso dimorerà a Bellegra fino alla morte, eccezion fatta per lo spazio di sei anni (1703-1709) nei quali sarà Guardiano nel convento di Palombara, dove instaurò il Ritiro, sul modello di quello di Bellegra. Scrisse per l’uno e per l’altro delle Regole, che per primo osservò scrupolosamente, consolidando con la parola e con l’esempio la nuova istituzione dei due Ritiri. L’aspetto principale della sua vita spirituale fu la centralità dell’Eucarestia, testimoniata dalla celebrazione, intensa e partecipata, della santa messa e dalla preghiera silenziosa che si protraeva ogni giorno fino a tarda notte. Fu chiamato Apostolo del Sublacense perché, anziché chiudersi nel suo Ritiro, viaggiò nel Lazio per diffondere la parola di Dio, con parole chiare e semplici, rivolgendosi ai più poveri e facendo miracoli ad ogni suo passaggio. Divenne un esempio di vocazione francescana dimostrando un grande spirito di carità che si manifestava nella totale disponibilità a qualsiasi necessità, anche la più umile, di chiunque si rivolgesse a lui. Morì l’11 gennaio 1729, all’età di 74 anni.
11 gennaio: santa Liberata, era figlia di Lucio Catelio Severo già console di Roma e governatore del nord-est della penisola Iberica (oggi Galizia) nell’anno 122. La madre Calsia, mentre il marito era assente, partorì nove gemelle. Piena di pudore nel vedere un parto così numeroso, decise di annegarle nel mare, dando incarico di ciò alla levatrice che, in quanto cristiana non obbedì. Le battezzò con i nomi di Ginevra, Vittoria, Eufemia, Germana, Marina, Marciana, Basilisa, Quiteria e Liberata. Per la loro educazione e cura incaricò Sila che più tardi sarebbe stata anche lei santa. Più tardi, dopo numerose peripezie, morirono tutte martiri sotto la persecuzione dell’imperatore Adriano. Fu Giovanni Sanmillàn, vescovo di Tuy che diffuse il culto delle nove sante a partire dell’anno 1564. Il vescovo Ildefonso Galaz Torrero, nel 1688 emanò un editto col quale ordinava la celebrazione della festa delle nove sorelle. Il corpo di santa Liberata si conserva nella cattedrale di Siguenza (Spagna). Liberata è venerata come colei che ha il potere di togliere i tristi pensieri; da ciò si deve dedurre che la sua protezione si estende a tutti i mali che si desiderano evitare, soprattutto infermità e afflizioni. Contemporaneamente è colei che ci procura il bene della pace e della serenità.