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Oggi 11 maggio la chiesa celebra san Francesco de Geronimo, nacque a Grottaglie (Taranto) il 17 dicembre 1642, da un’onorata e decorosa famiglia. Grazie alla trasmissione della fede cristiana ricevuta dai suoi genitori, Francesco manifestò un «animo molto buono» e «una predisposizione alle cose sante di Dio». Si distinse per la generosità verso i poveri, operando, secondo la tradizione un miracolo in giovanissima età, miracolo conosciuto come: il miracolo del pane. All’età di 10 anni, sentì una forte devozione a Gesù e, con il parere favorevole dei genitori, decise di entrare nella neonata Congregazione dei Chierici Regolari Teatini (teatini), fondata da san Gaetano Thiene. In questo periodo maturò la vocazione sacerdotale e il 25 maggio 1659 venne annesso al clero grottagliese e inviato al
seminario di Taranto per continuare gli studi di retorica, scienze e filosofia presso il Collegio dei Gesuiti. Nel 1665, su consiglio dei suoi maestri, si recò a Napoli insieme con il fratello minore Giuseppe Maria. A Napoli frequentò i corsi di Diritto civile e Diritto canonico conseguendo la laurea In utroque iure. Per non pesare sul bilancio familiare chiese e ottenne di permanere nel collegio massimo dei Gesuiti napoletani come assistente dei giovani studenti. Il 20 marzo 1666 a Pozzuoli fu ordinato presbitero. A Napoli maturò la scelta di entrare, nel 1670, nella Compagnia di Gesù, ma per diventare gesuita dovette attendere ancora e scontrarsi con l’opposizione del padre, il quale reputava Francesco adatto alla vita da prete a Grottaglie, che gli avrebbe conferito una certa autorità, ma non a quella di religioso, dove, pensava, non avrebbe potuto emergere. Il 1 luglio 1670 entrò nel noviziato della Compagnia. Nelle prime predicazioni di Francesco già emergono i temi caratteristici del suo insegnamento: la condanna dell’ipocrisia, l’invito alla conversione dai peccati, la minaccia del giudizio divino preannunciato dai castighi di Dio, vale a dire la carestia, le epidemie ed i Turchi. Il 2 luglio 1672 Francesco emise i tre voti e nell’estate del 1674 venne richiamato a Napoli dal padre provinciale per portare a termine gli studi teologici e preparare l’esame di laurea, dedicando però le domeniche ed i giorni di festa alle missioni popolari cittadine. Completato finalmente il cursus studiorum, il 25 maggio 1675 Francesco chiese di partire per le missioni estere, ottenendo la risposta di «trovar l’India nell’Italia stessa». Rinnovò questo desiderio 4 volte e la domanda venne tenuta in sospeso, finché nel febbraio 1678, a 36 anni, reputato di età troppo avanzata e già affermatosi come predicatore, Francesco accettò la nomina ufficiale a “missionario di Napoli”. Francesco era molto devoto alla Madonna, a Gesù Eucarestia e soprattutto a san Ciro, in cui vedeva il modello di santità cui ispirarsi, cioè la capacità di curare i mali del corpo come quelli dello spirito. Egli si fece apostolo della diffusione del culto di questo santo a Napoli e nell’Italia del Sud, cercando di ricondurre all’intercessione del medico martire e ai poteri delle sue reliquie una fama di taumaturgo e dispensatore di grazie. Si deve a lui l’istituzione della celebrazione religiosa del 31 gennaio, che ebbe inizio nell’anno 1693, in memoria del martirio di san Ciro. Solo dopo aver trascorso 12 anni di vita religiosa nella Compagnia, Francesco ebbe il permesso di compiere la professione solenne, nella chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, l’8 dicembre 1682. Seguirono altri 34 intensi anni di lavoro missionario, che lo resero un personaggio popolarissimo. Morì l’11 maggio 1716 a Napoli.
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