Oggi 20 febbraio, la chiesa celebra san Leone II di Catania detto il Taumaturgo, nacque a Ravenna nel 709, da nobile famiglia cristiana. A 22 anni divenne presbitero, spinto dalla famiglia. Dopo aver vissuto un lungo periodo in un monastero benedettino e si trasferì a Reggio Calabria, dove il vescovo di Reggio Calabria Cirillo lo nominò arcidiacono. Qui rimase fin quando fu eletto vescovo di Catania attorno al 765, a circa 55 anni. La tradizione vuole che i catanesi, dovendo eleggere un nuovo vescovo, avessero avuto in sogno da un angelo che a Reggio Calabria vivesse un uomo, Leone in odore di santità, che sarebbe stato la persona giusta per ricoprire la carica di vescovo. Inizialmente Leone, non ritenendosi degno, non volle accettare, ma dopo le insistenze dei catanesi, divenne vescovo di Catania. In quegli anni, in tutto l’Impero Bizantino era in atto la feroce distruzione delle immagini sacre iconoclastia. Coloro che non ubbidivano all’editto che metteva al bando le icone, ritenute segno di idolatria, venivano incarcerati e spesso finivano sul patibolo. Leone si oppose apertamente alle leggi imperiali. Per questo il governatore bizantino della Sicilia ordinò il suo arresto. Leone fu costretto a lasciare Catania e a rifugiarsi sulle montagne dove visse da eremita in una grotta da lui stesso scavata. Placatasi la controversia iconoclasta, Leone ritornò a Catania, dove riprese il suo seggio vescovile e a lavorare per il bene della sua gente. La tradizione narra che Leone compì svariati miracoli e per questo ottenne l’appellativo di Taumaturgo. La sua figura è legata principalmente alla leggenda del necromante-apostata Eliodoro, con cui entrò in contrasto. Si narra che Leone lo condannò ad essere bruciato vivo nel 778. Altre fonti riportano che entrambi entrarono in una fornace e Leone si sarebbe salvato per la sua fede in Dio. Si narra anche che con la sua sola presenza avesse fatto incendiare l’antico Tempio di Cerere, ricordato nelle Verrine, anche se molto probabilmente fu semplicemente il mandante della sua distruzione. Morì a Catania il 20 febbraio 785.
20 febbraio: sant’Eucherio di Orleans, nacque a Orléans (Francia) nel 680, da una potente famiglia di stirpe franca. Prima che Eucherio venisse al mondo, sua madre ebbe una visione per mezzo di un angelo. Il quale gli predisse che il figlio che portava in grembo era benedetto dal Signore. Eucherio giuntò all’età dello studio, si applicò alle lettere, essendo dotato di grande ingegno e memoria. Ma il suo interesse era soprattutto lo studio delle Sacre Scritture. In breve divenne non solo esperto nelle scienze ecclesiastiche, ma decise di seguire l’unico sommo Bene. Dato che la famiglia era ricca e nobile, egli ripensò alle parole di san Paolo, che tutte le cose del mondo, anche quelle più meravigliose, altro non sono che una figura che passa presto e la sapienza di questo mondo, è stoltezza davanti a Dio. Così sentendosi chiamato alla solitudine, chiese di essere accolto presso l’abbazia di Jumièges, per acquisire la virtù cristiana, vi trascorse sette anni. Qui vestì l’abito monastico, cominciò con grande fervore a camminare nella via del Signore, mediante la penitenza, l’ubbidienza, povertà e umiltà. Ma la divina Provvidenza dispose, che questa lampada risplendente di virtù fosse tolta dall’oscurità e posta su di un candelabro per poter illuminare molti altri. Resasi vacante la sede episcopale di Orleans, il popolo e il clero lo elessero loro pastore, nonostante le sue resistenze e lacrime, accettò, nel 716, quella dignità. Eucherio durante il suo episcopato si preoccupò dei bisogni spirituali e materiali del suo gregge, mostrò particolare affetto al suo clero, considerandolo come suo collaboratore a portare il carico impostogli. Dopo sei anni di episcopato improntato a dolcezza, a benevolenza e insieme a fermezza dottrinale verso gli usurpatori dei beni della Chiesa, divenne oggetto di gelosie, da alcuni uomini malvagi, svilirono il suo zelo presso Carlo Martello, dinanzi al quale lo si era messo in cattiva luce, imputandolo di atroci calunnie. Così fu esiliato senza esaminare la fondatezza delle loro accuse, dapprima a Parigi, poi Carlo Martello lo esiliò a Colonia, dove fu accolto con rispetto e venerazione. Queste dimostrazioni di stima e affetto della comunità della città, irritarono i suoi nemici. Eucherio si vide costretto a trasferirsi a Liegi, prima di ottenere finalmente il permesso di ritirarsi nell’abbazia di Saint-Trond nella diocesi di Maastricht. Qui morì il 20 febbraio 738.
20 febbraio: beata Giacinta Marto, nacque ad Aljustrel (Portogallo) l’11 marzo 1910, la piccola aveva solo 7 anni quando, il 13 maggio 1917, la “bianca Signora”, la Santa Vergine, apparve al fratello maggiore Francisco e alla cugina Lucia dos Santos, a Cova da Iria. Di temperamento vivace, e come tante bambine della sua età amava molto ballare, si lasciò completamente trasformare dall’incontro con la Madonna. Il 13 ottobre, ultima apparizione, la Vergine si presenta come la Madonna del Rosario e raccomanda di recitare sempre questa preghiera. Dopo quest’ultima apparizione il Cielo non si chiude definitivamente per i tre pastorelli. Essi continuano a godere dei benefici di apparizioni “private” soprattutto Francesco e Giacinta nel loro letto di dolore. Diciotto mesi dall’ultima apparizione, Giacinta pregava molto, fino a quando, il 23 dicembre 1918, venne colpita, assieme al fratello Francisco, dalla terribile epidemia di “spagnola”. Rispetto al fratello la malattia fu più lunga e dolorosa; venne anche ricoverata, inutilmente, all’ospedale Sant’Agostino di Vila Nova de Ourém, dove i medici tentarono di tutto per salvarla. Giacinta sa che in ospedale la cura non le restituirà la salute, ma servirà solo ad aumentarne la sofferenza. Il suo corpicino è debole, macilento, ed è prostrato dalla tubercolosi, ma il suo cuore è sempre fisso nel Cuore Immacolato di Maria, e si immola per la salvezza dei peccatori. Alla fine del 1919 la Madonna le dice che presto verrà a prenderla per portarla in Cielo. Il 2 febbraio 1920 viene nuovamente ricoverata per una pleurite purulenta con fistola, fu trasferita nell’ospedale pediatrico di Lisbona. Viene operata ma, date le sue pessime condizioni fisiche, le viene fatta solamente un’anestesia locale. Giacinta soffre atroci dolori, ma tutto sopporta senza lamentarsi. Quattro giorni prima della morte la Madonna le appare e le dice che presto verrà prenderla e le toglie ogni dolore fisico. Giacinta morì il 20 febbraio 1920 a 9 anni.